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26/11/2021

La via del tabacco, di Erskine Caldwell

Questa settimana Andrea Brattelli torna a parlare di Erskine Caldwell*, stavolta con La via del tabacco del 1932, che narra le vicende di poveri e testardi contadini negli Stati Uniti del Sud all'epoca della Grande Depressione. Un dramma grottesco che racconta molto della mentalità del tempo.



Scrivo questa recensione, non a caso, alla vigilia del 23 novembre, in occasione dell’anniversario del terremoto dell’Irpinia, quando alcuni comuni italiani e i suoi abitanti, per essere riconosciuti come tali, hanno dovuto subire una tragedia immane che gli facesse crollare il mondo addosso.

Ispirato dallo splendido monologo, da antologia, di Orazio Cerino, mi accingo ora a descrivere quest’opera.

Tobacco Road non tratta di un sisma catastrofico e allora, mi chiederete, cosa c’entra la suddetta premessa?

Erskine Caldwell si è sempre occupato degli ultimi del Sud America, relegati al margine della società civile come anche coloro che abitavano alcune zone del Sud Italia, vittime del terremoto del 1980.

Ne ha sempre discusso anche Saverio Strati di certi temi, ma, si sa, se ne parla uno scrittore straniero, estero, forse il grido di dolore dei poveri può riecheggiare più forte, rispetto all’amplificazione che può darne uno scrittore italiano semisconosciuto.

I protagonisti del libro, i Lester, sono una famiglia di mezzadri che, a causa della Grande Depressione e un cambiamento epocale delle politiche agricole, si ritrovano senza nulla e con il rischio concreto di morire di fame.

L’ignoranza, come la stupidità, porta a scelte sciocche e alcuni avvenimenti aggravano la già precaria situazione dei protagonisti. 

Non vi è pietà per gli stupidi, dato che, a seguito di una filosofia pienamente in voga negli anni '30 definita eugenetica (e forme distorte di questo pensiero), queste persone venivano volutamente abbandonate dallo Stato affinché morissero, dato che, proprio per i loro modi di fare, animaleschi più che umani, si riproducevano fin troppo perpetrando nei territori e negli anni il loro DNA malato, secondo i canoni del tempo.

Gente comune che aveva investito tutto il denaro, le capacità e le fatiche in un fazzoletto di terreno, finiva nelle grinfie di individui senza scrupoli, pronti a giocarsi quel poco che gli era rimasto per sopravvivere.

Ogni tanto, leggendo, scappa una risata, ma è triste, amara, come nei film di Totò.

*Qui la recensione di Miss Mama Aimee.

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