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04/05/2021

La metà del doppio di Fernando Bermúdez (2020)


Non è facile, per me che non sono particolarmente esperta di letteratura fantastica, recensire questa raccolta di racconti edita da Edizioni Spartaco nel 2020 (apparsa in Argentina nel 1997 con dieci racconti, metà dei quali selezionata per questa edizione italiana che vede inoltre l'aggiunta di due inediti); ma il libro in oggetto va ben oltre ogni tentativo di classificazione.

Fernando Bermúdez è nato a Buenos Aires nel 1962, vive a Stoccolma ed è docente di linguistica; e si vede. Scrivo di proposito che si vede, invece di "si legge/si intuisce"; perché la scrittura di Bermúdez ci riempie di immagini; immagini che richiedono anche un incessante lavoro di interpretazione psicologica e che ci conducono attraverso un continuo mutamento dei tempi e degli spazi, reali e mentali.

Non è una lettura passiva quella che ci aspetta. Fin dal primo racconto, Mezzanotte passata, quello più "semplice", lineare e ordinario, ci viene richiesta insieme una forte partecipazione emotiva (il protagonista è un infermo alle prese con il rimpianto di un amore passato che ritorna feroce insieme alle considerazioni sulla condizione attuale) e quasi cinematografica, poiché sembra di essere davanti a una sceneggiatura o a un testo teatrale. La tematica della disabilità, questa volta visiva, tornerà poi nel racconto Mappa mundi.

L'utilizzo del linguaggio (e qui il mio pensiero va al lavoro di traduzione, che deve essere stato davvero accurato, per poter restituire l'unicità della composizione originale) serve a creare un connubio tra la dimensione della narrativa grottesca e surreale e quella collegata agli accadimenti reali, che come da tradizione in questo genere si mescolano irrimediabilmente con l'illusione, il falso, l'ambiguo.

Le citazioni letterarie sulla realtà/menzogna del resto sono rese esplicite nel racconto La condizione genuina, che regala anche una riflessione sulla forma stessa di alcune lettere dell'alfabeto. In Blomma poi raggiungiamo forse l'esempio del massimo coinvolgimento del lettore (anzi, lettrice). 

Ma il racconto più significativo, dal quale viene estrapolata una frase che offre il titolo della raccolta, è Hugo Talmann, morto a New York, con uno scrittore che attraverso continue creazioni manipola la realtà fino a ritrovarsi con un tumore al cervello.

Impossibile non scorgere tra le righe di Bermúdez (che ha vinto il Premio Cortázar e il Premio Rulfo) il lascito di Borges, ma anche echi ai nostrani Buzzati e Calvino, con in più qualcosa che lo accomuna allo stile di Carver.

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