Seguici su https://quarantasettelibrocheparla.com/

La cavale, di Albertine Sarrazin

Andrea Brattelli parla del secondo romanzo di Albertine Sarrazin , scrittrice morta nel 1967 a soli 29 anni dei quali ben 8 trascorsi in car...

27/10/2023

Il canto del boia, di Norman Mailer

Andrea Brattelli ci propone stavolta un testo fondamentale della letteratura per i diritti umani: Il canto del boia di Norman Mailer. Sempre qui Andrea aveva parlato del romanzo d'esordio di questo scrittore controverso, che ferì gravemente la seconda moglie. Di recente il suo nome è tornato alla ribalta per una vicenda riguardante un presunto boicottaggio del suo famoso quanto provocatorio saggio The White Ne*ro.


copertina

Il libro intitolato Il canto del boia di Norman Mailer narra degli ultimi nove mesi di vita di Gary Gilmore, quindi di un periodo che va dall’aprile del 1976 al gennaio 1977, mese in cui l’omicida fu giustiziato con quattro colpi sparati al cuore nella prigione dello Utah a Point of the Mountain.

L’omicida passò 22 dei suoi 36 anni di vita nei penitenziari.

Il giorno in cui venne fucilato, mentre gli abbassavano un cappuccio sulla nuca e il volto,  esclamò:-"Facciamolo"! Al contempo canne di fucili emergevano da una tenda...

L’ ultima esecuzione avvenuta negli Stati Uniti risaliva a 10 anni prima.

Lo scrittore americano ha redatto un romanzo di mille pagine con un vocabolario meticolosamente limitato e con una voce “piatta”. Questo stile è dovuto al modo di approcciarsi che ha questo scrittore alla vita di tutti i giorni. Alla sua capacità di immersione nelle vite "senza applausi" degli operai che svolgono lavori duri ed utili in cantiere ma nessuno li degna di uno sguardo; segue la tradizione americana di Robert Frost, di William Carlos Williams, poeti dell’America inarticolata.

Chissà se Gary percorrendo le strade del suo paese durante le sue scorribande si era reso mai conto che erano le stesse su cui viaggiò il suo bisnonno mormone cento anni prima, quando si spinse a ovest verso le praterie e le Montagne Rocciose per poi stabilirsi a cinquanta miglia da Salt Lake. È un fatto in gran parte inosservato che Mailer sia stato un grande e ossessionato stilista, un narratore per il quale la formulazione di ogni singola frase dovrebbe essere tale da poter racchiudere in essa tutti gli elementi essenziali di una storia. Ha sempre cercato una connessione tra persone e luoghi, come se fossero attirati da un’energia, in questo caso negativa, che eccedendo fa collassare tutto lasciando un enorme vuoto e della malinconia inusitata.

In queste vicende i personaggi maschili tendono a sparare, ad essere colpiti, a scappare; le donne invece tramandano con voce flebile, tramite litanie, le gesta dei loro avi pionieri. Questa volta con voce sommessa la cugina di Gary fu costretta a raccontare tutte le sue vicissitudini famigliari di fianco allo scranno di un giudice, in un tribunale, durante il processo che vedeva coinvolto suo cugino da lei stessa denunciato per duplice omicidio.

Il soggetto stesso di The Executioner's Song è quel vasto vuoto al centro dell'esperienza occidentale, un nichilismo antitetico non solo alla letteratura ma a molte altre forme dello sforzo umano, un terrore così profondo che inghiotte le voci umane che precipitano in esso e svaniscono. Sotto quello che il narratore definisce "l'immenso blu del forte cielo dell'ovest americano", Gilmore e il suo bisnonno venivano a riposare, in una città dove il deserto lo si incontrava alla fine di ogni strada, tranne che a est, dove iniziava l’interstatale. Dopo di che... solo catene di montagne.

In un mondo in cui ogni strada percorre il deserto o corre verso l’Interstate o passa attraverso le Montagne Rocciose, la gente sviluppa un senso piuttosto precario di appartenenza a un luogo; si sente apolide, senza radici.

Le persone guidano attraverso due stati a notte fonda anche solo per un paio di birre, vivono amori fugaci a distanza.

I due lunghi movimenti sinfonici in cui è strutturato il romanzo si potrebbero definire “Western Voices”, composto da voci di donne appunto e “Eastern Voices” nel quale si articolano le arringhe, le domande, le invettive, i suggerimenti, le opinioni degli avvocati, pubblici ministeri, giornalisti. Un insieme di professionisti che crea una deriva fatalistica, una tensione, una corsa travolgente e passiva verso gli inevitabili eventi che porteranno alla morte del protagonista. Le sue ceneri saranno sparse dopo essere state chiuse in una busta di carta usata per conservare una pagnotta di pane da 59 centesimi.

Le donne protagoniste di questa tragica vicenda non credono che gli eventi possano essere influenzati. Una specie di vento che soffia in lande desolate sembra tenerle in piedi; riecheggia nella loro testa quando una di loro legge la lettera del reo confesso scritta in prigione, il soffio che trasporterà via le ceneri dell’omicida sarà il medesimo.

Queste figure femminili entrano ed escono prestando attenzione a ciò che accade. Sembrano distratte da brutti sogni, da qualche vaga apprensione. Vedono i luoghi della loro infanzia completamente mutati. Si chiedono dove siano finite le case, l’una vicino all’altra da dove era possibile raggiungere facilmente i loro famigliari, i discount, i ristoranti, i bar dove si riunivano che si trovavano lungo un viale a quattro corsie e la stazione di servizio con parte di un bombardiere (residuo bellico) della Seconda Guerra Mondiale vicino al casotto del benzinaio per attirare i clienti.

I segni delle gomme delle auto sull’asfalto riecheggiano quei tempi andati come le impronte degli astronauti sulla Luna in una landa desolata.

Anche dopo aver osservato una obbediente attenzione per questi particolari, raramente noi lettori veniamo ricompensati da un senso di calma da parte del narratore. Non riusciamo comunque a farcene una ragione riguardo ai comportamenti autodistruttivi, sacrileghi e criminali del protagonista.

Non bastano metafore per non farci intendere che Gary è sempre stato una mela marcia, dato che sua cugina Brenda, nonostante gli abbia sempre conferito fiducia e dato tante possibilità esponendosi anche con i familiari e finanziariamente, alla fine, permettetemi questa similitudine, finirà per rotolarsi giù per la grondaia con lui come un vecchio maniscalco incapace che mette un piede in fallo mentre fissa dei chiodi su un tetto sfondato dalle troppe piogge.

L’amore per un famigliare o per un uomo verso cui si provano sentimenti in generale è cieco, e forse l’omicida appariva sotto un'altra luce alla sua quasi sorella mentre era intento a cercare, esposto ai fari del locale, una canzone nostalgica nel jukebox.

Questo scritto di Mailer così come quello di Capote (A sangue freddo) e di Tom Wolfe tengono fede alle tecniche e regole giornalistiche di scrittura di un articolo “diretto”. I loro resoconti sui fatti di cronaca nera rispondono alle domande”con chi”, “cosa”, “quando” , “dove” e “perché”; le notizie sono riportate in maniera precisa, chiara, concisa e diretta; i dettagli fattuali sono messi in ordine decrescente per interesse e importanza.

Questo genere di narratori aveva anche la possibilità di restare nei luoghi dove si erano svolte le vicende fino a tarda notte: possedevano il lusso del tempo. Girovagavano per le vie per così tanto a lungo che a volte si dimenticavano del perché fossero lì. A ridestarli vi era la luce del sole all’alba che mostrava loro anche tutto l’orrore che avrebbero dovuto rendicontare agli editori; con la le tenebre ancora avvinghiate alle loro caviglie se ne tornavano allora a casa propria per riposare qualche ora sul loro divano.

Il finale di The Executioner's Song si conclude, manco a scriverlo, con la morte del protagonista. Con la sua capacità di offrirci un tipo di fotografia letterari, Mailer prima ci mostra un Gary Gilmore alla televisione: un “meta umano” dal cuoio capelluto che sembrava già bruciacchiato da un colpo di fucile passatogli troppo vicino al capo e dai lobi delle orecchie abbassati come quelli di un gatto malato. Proprio in questo momento ci sembrerà che il nostro cronista sia all’interno della coscienza del personaggio; egli sa sviluppare molto bene i personaggi, in generale.

Ciò che Capote rimproverò al narratore americano (e potremmo farlo anche noi lettori) è che egli non incontrò mai il reo confesso in prigione come fece invece lui parlando in cella con Perry Edward Smith e Richard Hickock. Forse Mailer non volle mai venire a patti con loschi figuri che, per fornirgli un lasciapassare per un intervista, richiedevano una spolverata al libretto degli assegni pena uno squarcio nelle gomme dell’auto.

20/10/2023

Il passeggero, di Cormac McCarthy

Andrea Brattelli si cimenta con Il passeggero del suo amato Cormac McCarthy (qui aveva già recensito Suttree): gli sarà piaciuto? Di certo lo scrittore crea un mondo inquietante, dove l'orrore ci attende a ogni pagina. La recensione di Andrea vi guiderà attraverso l'oscurità, in un mondo spietato come lo stesso stile di McCarthy: crudo e coinvolgente. Riflessione profonda sulla natura umana e sulle sue zone d'ombra, il romanzo è una lettura imperdibile per gli amanti del noir ed è perfetto per la #spookyseason che ci porta verso Halloween. 


Vi siete mai spinti verso le profondità marine, con la curiosità che vi sprona a proseguire verso l’ignoto, scandagliando con le mani fondali color argilla mentre pensate che la cosa più sensata sarebbe piuttosto tornare a galla e nuotare verso un romantico tramonto la cui luce sulfurea si riflette su placide onde del mare? Crepuscolo che, sia per noi comuni mortali, sia per Cormac McCarthy, potrebbe rappresentare il finale vespertino della nostra esistenza.

Sono questi i pensieri che percorrono la mente labirintica di Bobby Western, protagonista del nuovo romanzo del famoso scrittore americano recentemente scomparso. Un thriller noir che fa capolino dalle rovine di un aereo precipitato la cui fusoliera scava nel buio fondali marini.
 
Egli lavora come sommozzatore di salvataggio nel Golfo del Messico. Attraverso le sue esperienze vivremo una saga generazionale che racchiude, insieme alle porte sigillate del relitto, la storia delle vicende umane che portarono alla nascita della bomba atomica, all’assassinio di Kennedy, alla scoperta della meccanica quantistica. Fatti che nascondono scheletri come quelli di rottami abbandonati, idee naufragate che “su carta” sembravano perfette.

Questo libro racchiude in sé un macrocosmo quindi tutto concentrato in un frattale composto da poche stanze dove una scena è caratterizzata da tante situazioni simili che si reiterano in “loop”: è forse per questo che dopo il solo primo paragrafo aumenta a dismisura l’entropia che ci fa desistere dal continuare. Ciò che accade in seguito risulta accattivante ma non so se ciò lo sto affermando perché lo penso davvero o perché sto proteggendo il mio beniamino McCarthy come se io fossi una vittima colta da Sindrome di Stoccolma che difende quindi il suo carceriere.
 
Approfondendo le mie sensazioni concernenti il primo paragrafo, scorrendo le parole con gli occhi, posso asserire che prima ancora di giungere alla fine della pagina lo scrittore palesa quattro volte due parole che inizialmente si dividono e poi si fondono. Senti letteralmente echeggiare dal diaframma di Hemingway il rumore di frasi tagliate e spogliate del loro significato. Pochi o nulli i segni di punteggiatura che distolgono dal concetto vero espresso dai vocaboli rendendoli paragonabili al creosoto. Tutto questo per raffigurare un campo innevato dove una giovane donna si è impiccata, bella come una dama di ghiaccio, isolata in un bianco deserto.
 
Lo scrittore americano dalla sua colt spara tutte le pallottole, le stesse che da bambino lo ferirono mentre giocava con un vero fucile; ne svuota il tamburo regalandoci una prosa inebriante: compensa dialoghi surreali con descrizioni sobrie e vivaci. Mentre leggiamo ci sembra di essere sulla battigia, scaldati da un falò la cui brezza porta a distanza, tra gli scoppiettii, piccoli tizzoni ardenti che si allontanano come la nostra mente mentre cerchiamo di percepire cosa non ci è chiaro di tutte le vicende narrate; le pennellate in questo quadro si fanno più tenui mentre veniamo risucchiati e scaraventati come una pallina da flipper nella New Orlans dei primi anni '80. Faremo parte delle allucinazioni da incubo di Alicia, la sorella di Bobby, sempre sotto psicofarmaci, bellissima e intelligente, e saremo forse gli unici a minare il suo legame quasi incestuoso col fratello quando tende a saltare qualche appuntamento con le sue medicine per incontrare piuttosto esseri assurdi spuntati fuori dalla “Tana del Bianconiglio”.
 
Alimentato dall’interesse per la fisica (il narratore è stato membro del Santa Fe Institute), Cormac McCarthy conferisce al padre del sommozzatore e di sua sorella l’identità di un fisico che lavorò alla bomba atomica che distrusse Hiroshima e Nagasaki. Nella sua concezione splengeriana-gotica un altro atto del genere potrebbe sicuramente rendere plausibile in un futuro prossimo la nostra realtà simile a quella rappresentata ne La Strada.

Forse è per questo motivo che, spinto da una sorta di vizio di famiglia ereditario, da un peccato prometeico, Bobby come un’onda, prima di collassare, si ritrova anch’egli in mezzo al deserto, epifania di un sapere da percorrere attraverso sofferenze per evitare che il sistema in cui si vive si deteriori, per lasciarsi dietro i suoi inseguitori stando attento alle vipere color tappeto arrotolate nei cespugli come accade in Un paese per vecchi; nessuno però può sfuggire al suo destino. L’unico suo punto di riferimento sono i fumi delle raffinerie di petrolio che bruciano in lontananza. Il passato è un unguento mercuriale per la cura delle ferite inferte al mondo odierno morente sul quale Il Passeggero farà calare malinconicamente il sipario e spegnerà le luci.

Mi vorrei ora soffermare sulle donne tratteggiate dallo scrittore, o meglio, sulla sua presunta incapacità di delinearle a “tuttotondo”. Le figure femminili tendono ad apparire nei suoi romanzi come presenze lontane verso le quali, colti da una chissà quale idiosincrasia, si ha una sorta di riverenza minata dall’erotismo suscitato dalle loro forme tendenti comunque naturalmente al grottesco. La stessa Alicia presente in questo scritto si difende bene, come si suol affermare. Lo posso dedurre da come si relaziona con la sua terapeuta che la compatisce. La sua traiettoria discendente durante lo svolgersi dei fatti imita quella del suo mentore, Alexander Grothendieck, un matematico che nella vita reale abbandonò la matematica, quasi morì di fame e divenne ossessionato dalla natura dei suoi sogni. Di fianco a lei Bobby sembra una sorta di attore per una pubblicità delle Marlboro. 

Gli amici di quest’uomo non sono meno felliniani di quelli partoriti dalla mente sconvolta di sua sorella. Sheddan è un truffatore, Debbie una trans spogliarellista molto colta che si sente abbandonata e sola al mondo e le sue preghiere sono rivolte ad un dio che sembra tollerare le atrocità del nostro mondo. A volte questa divinità si fonde con il narratore onnisciente. A volte si dimostra tenero, in altre occasioni disinteressato alle vicende umane dei personaggi. Insieme fratello e sorella danno vita ad una specie di Giano Bifronte: è insita in loro una soggettività matura, spogliata dell'arroganza e della pomposità, senza vergogna né della sua fallibilità né della modesta sicurezza che hanno guadagnato con l’avanzare dell’età e dall'esilio a cui hanno condannato le loro anime, ma la contraddizione tra di loro non si risolve comunque.

Dopo aver scandagliato le profondità del mare della loro esistenza tutti questi personaggi non sembrano voler tornare i superficie per vivere una vita “normale”. Nella maggior parte dei casi tutto ciò che è osservabile non è come appare di primo acchito, specialmente in talune occasioni, quando si tende a decontestualizzare un avvenimento in tempi e luoghi diversi. I romanzi di McCarthy sono sempre alienanti: in questo caso sono gli stessi protagonisti che rendono l’atmosfera di questo libro straniante. Portano con loro, nel buio, le loro speculazioni prima che il nulla le reclami seppellendole sotto una coltre di fredda neve.

A distanza di 16 anni da La strada e a circa 40 piedi sotto la superficie del mare, lo scrittore, Western e noi battiamo un altro sentiero che ci porterà fino ad un jet charter precipitato. All'interno della fusoliera si fa strada, tra i detriti fluttuanti, il riflesso degli occhi vitrei delle vittime, ancora allacciate ai loro sedili. Il velivolo trasportava otto passeggeri, ma uno sembra essere disperso e le successive indagini suggeriranno un insabbiamento del governo... Questa però potrebbe essere una falsa pista... Siamo finiti in secca.

McCarthy ha iniziato a lavorare a quest’opera verso la metà degli anni '80; non dobbiamo stupirci quindi che questa tragedia famigliare la avvertiamo sfilacciarsi tra le dita delle nostre mani mentre leggiamo. Tanti saranno i finali in sospeso che fanno parte di un insieme più ampio la cui collezione di elementi all’interno di esso fanno parte della sedicente saga che collega The Passenger a Stella Maris, volume, quest’ultimo, che completerà la narrazione. Il primo è un racconto senza guardrail: un invito a perdersi.

13/10/2023

La zona morta, di Stephen King

Andrea Brattelli ci accompagna nella #spookyseason e, per festeggiare questo venerdì 13 che richiama superstizioni e film horror, ci parla di un romanzo nel quale i confini tra realtà e sovrannaturale si confondono: La zona morta è un invito a scoprire che cosa si nasconde oltre la linea che separa la vita dalla morte. La capacità di conoscere il futuro e di leggere la mente umana è un "dono" che sconvolge la vita di Johnny, che fatica ad accettare le sue nuove abilità e le loro conseguenze. Ecco perché il libro di Stephen King è un thriller psicologico perfetto da leggere nella festa delle ombre. 


Le intime ossessioni di Stephen King si proiettano su un vetro argentato in cui molti di noi hanno paura a specchiarsi perché potrebbero vedere anche l’oscurità che gli si prospetta dinanzi, nel futuro. Queste angosce si identificano ne La zona morta, fissazioni che sono la malattia dell’uomo moderno e che cementano in un libro lo status di King, titano della letteratura fantastica/horror.

Il protagonista delle vicende è Johnny Smith, un giovane insegnante il quale, a seguito di un incidente, perde tutto ciò che aveva nella sua vita precedente ma acquisisce la capacità di leggere la mente e prevedere il futuro della gente quando la tocca o sfiora gli oggetti che hanno posseduto.

Usa queste abilità per risolvere alcuni casi di omicidio ma, ingurgitato dagli orrori che è stato costretto a vedere, si ritira a vita privata sennonché le fisime legate al ricordo della madre che, in punto di morte, gli fece promettere di continuare ad utilizzare a fin di bene queste sue peculiarità, lo spingono a tornare ad aiutare la comunità in cui viveva.

Il periodo del ritiro di Johnny nell’oscurità coincide con le elezioni e, quando egli torna dall’oblio in cui si era auto recluso farà la triste conoscenza di un candidato alla presidenza di nome Stillson.

Nelle sue memorie dal titolo On Writing, King ha lasciato intendere che nella trama di The Dead Zone doveva essere prevista la presenza di un personaggio politico che abbracciasse solo formalmente i desideri e le richieste delle persone, mentre invece i suoi obiettivi sarebbero stati in realtà solo i suoi interessi e l’egemonia degli Stati Uniti nel mondo. I suoi piani, sempre secondo il plot del re dell’horror, dovevano essere ostacolati da un uomo con esigenze comuni ma dai poteri speciali. 

Questo dualismo che porterà ad avere un equilibrio nella narrazione è dato proprio dal fatto che vi è nell’opera la presenza di un uomo malvagio che, avaro di sentimenti, vuole ottenere il potere supremo da persone che, fornendoglielo attraverso il diritto di voto, non saranno mai ricompensate del gesto (evidente il contrappasso di coloro che, esercitando un solo diritto, ne vengono privati di molti altri) e un cittadino comune che avendo avuto dei poteri fa di tutto per meritarseli per salvare la comunità a cui appartiene. 

Leggendo questo libro ho pensato subito a Macbeth, l’archetipo per eccellenza ove la bramosia di potere porta conseguenze nefaste e dove un comune mortale riceve profezie da esseri soprannaturali (streghe). Ne La zona morta il personaggio shakespeariano è rappresentato da Johnny e da Stillson, rispettivamente il buono e il cattivo, come in ogni storia che si rispetti.

La gente però si fa abbindolare spesso dalle false promesse e da nuovi messia. Non vi sono mezzi terreni per scongiurare la venuta dei tiranni perché purtroppo le persone non hanno capacità di contestualizzazione, possiedono poca onestà intellettuale e scarsa memoria e chi è al potere ha sempre paura che un trascinatore di folle possa aizzare contro di loro una grossa fetta dell’elettorato.

Nel testo infatti si evince come nel distretto di Stillson, sito nel New Hampshire, vi siano molti colletti blu che, al di là delle pantomime del futuro governatore, lo vorrebbero eleggere solo per lanciare un messaggio a Washington.

Nonostante dalla mia recensione possa sembrare che all’antagonista e alla politica siano dedicate fin troppe pagine nel romanzo, in realtà i loro aspetti più negativi vengono esplicati solo nella seconda metà della vicenda, dato che, nella prima, il narratore concentra le sua energia descrittiva nel palesare la tumultuosa vita interiore di Johnny. Egli infatti non vuole questi poteri soprannaturali ma, gravato da una bontà intrinseca, che nel suo caso è un’arma a doppio taglio, li accoglie come un malato affetto da dolori cronici; abbraccia il dolore affinché diventi parte della sua esistenza e sia il propellente per sopportare meglio altre asperità della vita.

Non riuscirà però a tenere a bada la sua inquietudine che si placherà un minimo, accettando di compiere una violenza necessaria. In questo senso gli si può riconoscere la sua umanità con tutte le ossessioni annesse e connesse legate alla paura di un futuro messo in pericolo da un solo uomo, un politico, che ambisce al potere supremo. Molti di noi sono così, altri non riescono a risolvere i loro problemi quotidiani più semplici ma hanno sempre una risposta a grandi quesiti dell’umanità e le loro prese di posizione ricalcano atteggiamenti di tifosi da stadio più che il desiderio di aiutare il popolo di cui fanno parte.

Con queste persone è inutile discutere, sono loro il vero problema della società. Questo fatto è ciò che più spaventa in The Dead Zone. Come sopperire al senso di impotenza che ci assale in questi casi? Una possibile soluzione potrebbe essere quella di fare tesoro delle parole del protagonista, frasi che “suonano” più o meno così:

“Tutti dovremmo fare tutto ciò che possiamo per risolvere un problema, al meglio delle nostre capacità; se non è abbastanza, la prossima volta dobbiamo impegnarci di più”.

06/10/2023

Il Sandmann e Il voto di E.T.A. Hoffmann: due racconti per Halloween


Halloween è la festa perfetta per rivivere le atmosfere cupe e misteriose dei racconti gotici. Tra i più celebri, Il Sandmann di E.T.A. Hoffmann, inizialmente pubblicato nella raccolta Notturni del 1817 e recentemente unito dalla casa editrice Alter Ego a un altro racconto, Il voto, in un volumetto che riproduce la storica traduzione dei Racconti fantastici a opera di Rodolfo Bottacchiari (edizione che compie un secolo proprio quest'anno).

Nel racconto Il voto, la giovane contessa polacca Ermenegilda ha una visione nella quale sposa il suo fidanzato Stanislao dopo averlo raggiunto sul campo di battaglia. La fantasia è talmente vivida che la ragazza è convinta di averlo realmente sposato e di essersi unita a lui.

Il racconto, attraverso l'utilizzo dell'elemento perturbante (le visioni della giovane, il suo collegamento mentale con l'amato e la decisione di vivere a lutto per il resto dei suoi giorni), ci permette anche di riflettere sul concetto di "disonore" nell'età premoderna.

Il protagonista del Sandmann è Nathanael, un giovane uomo sensibile e romantico, tormentato da un'ossessione: l'uomo della sabbia, un mostro immaginario che porta via gli occhi ai bambini che non vogliono andare a dormire. Il ragazzo è inoltre convinto che l'inquietante Coppelius sia l'uomo della sabbia, e che sia il responsabile della morte di suo padre.

Quando Nathanael si innamora di Olimpia, una donna bellissima e misteriosa, scoprendo poi una terribile verità circa la sua reale natura, la follia lo fa andare completamente fuori controllo, fino a fargli compiere un gesto estremo.

Il Sandmann è un racconto complesso e ricco di interpretazioni, una metafora del terrore dell'ignoto e della perdita dell'innocenza: la paura di Nathanael per l'uomo della sabbia e tutto ciò che ne consegue rappresenta l'incapacità di crescere e di affrontare il mondo degli adulti. 

Sono numerosi i motivi che rendono la lettura di questo volume adatta al periodo di Halloween: i racconti sono caratterizzati da un'atmosfera gotica, Hoffmann utilizza una prosa ricca di dettagli e immagini che contribuiscono a creare un senso di mistero; Ermenegilda e Nathanael sono persone tormentate da visioni e da traumi che le conducono alla follia e l'epilogo, tragico per entrambi, trasmette in chi legge un senso di inquietudine.