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13/10/2023

La zona morta, di Stephen King

Andrea Brattelli ci accompagna nella #spookyseason e, per festeggiare questo venerdì 13 che richiama superstizioni e film horror, ci parla di un romanzo nel quale i confini tra realtà e sovrannaturale si confondono: La zona morta è un invito a scoprire che cosa si nasconde oltre la linea che separa la vita dalla morte. La capacità di conoscere il futuro e di leggere la mente umana è un "dono" che sconvolge la vita di Johnny, che fatica ad accettare le sue nuove abilità e le loro conseguenze. Ecco perché il libro di Stephen King è un thriller psicologico perfetto da leggere nella festa delle ombre. 


Le intime ossessioni di Stephen King si proiettano su un vetro argentato in cui molti di noi hanno paura a specchiarsi perché potrebbero vedere anche l’oscurità che gli si prospetta dinanzi, nel futuro. Queste angosce si identificano ne La zona morta, fissazioni che sono la malattia dell’uomo moderno e che cementano in un libro lo status di King, titano della letteratura fantastica/horror.

Il protagonista delle vicende è Johnny Smith, un giovane insegnante il quale, a seguito di un incidente, perde tutto ciò che aveva nella sua vita precedente ma acquisisce la capacità di leggere la mente e prevedere il futuro della gente quando la tocca o sfiora gli oggetti che hanno posseduto.

Usa queste abilità per risolvere alcuni casi di omicidio ma, ingurgitato dagli orrori che è stato costretto a vedere, si ritira a vita privata sennonché le fisime legate al ricordo della madre che, in punto di morte, gli fece promettere di continuare ad utilizzare a fin di bene queste sue peculiarità, lo spingono a tornare ad aiutare la comunità in cui viveva.

Il periodo del ritiro di Johnny nell’oscurità coincide con le elezioni e, quando egli torna dall’oblio in cui si era auto recluso farà la triste conoscenza di un candidato alla presidenza di nome Stillson.

Nelle sue memorie dal titolo On Writing, King ha lasciato intendere che nella trama di The Dead Zone doveva essere prevista la presenza di un personaggio politico che abbracciasse solo formalmente i desideri e le richieste delle persone, mentre invece i suoi obiettivi sarebbero stati in realtà solo i suoi interessi e l’egemonia degli Stati Uniti nel mondo. I suoi piani, sempre secondo il plot del re dell’horror, dovevano essere ostacolati da un uomo con esigenze comuni ma dai poteri speciali. 

Questo dualismo che porterà ad avere un equilibrio nella narrazione è dato proprio dal fatto che vi è nell’opera la presenza di un uomo malvagio che, avaro di sentimenti, vuole ottenere il potere supremo da persone che, fornendoglielo attraverso il diritto di voto, non saranno mai ricompensate del gesto (evidente il contrappasso di coloro che, esercitando un solo diritto, ne vengono privati di molti altri) e un cittadino comune che avendo avuto dei poteri fa di tutto per meritarseli per salvare la comunità a cui appartiene. 

Leggendo questo libro ho pensato subito a Macbeth, l’archetipo per eccellenza ove la bramosia di potere porta conseguenze nefaste e dove un comune mortale riceve profezie da esseri soprannaturali (streghe). Ne La zona morta il personaggio shakespeariano è rappresentato da Johnny e da Stillson, rispettivamente il buono e il cattivo, come in ogni storia che si rispetti.

La gente però si fa abbindolare spesso dalle false promesse e da nuovi messia. Non vi sono mezzi terreni per scongiurare la venuta dei tiranni perché purtroppo le persone non hanno capacità di contestualizzazione, possiedono poca onestà intellettuale e scarsa memoria e chi è al potere ha sempre paura che un trascinatore di folle possa aizzare contro di loro una grossa fetta dell’elettorato.

Nel testo infatti si evince come nel distretto di Stillson, sito nel New Hampshire, vi siano molti colletti blu che, al di là delle pantomime del futuro governatore, lo vorrebbero eleggere solo per lanciare un messaggio a Washington.

Nonostante dalla mia recensione possa sembrare che all’antagonista e alla politica siano dedicate fin troppe pagine nel romanzo, in realtà i loro aspetti più negativi vengono esplicati solo nella seconda metà della vicenda, dato che, nella prima, il narratore concentra le sua energia descrittiva nel palesare la tumultuosa vita interiore di Johnny. Egli infatti non vuole questi poteri soprannaturali ma, gravato da una bontà intrinseca, che nel suo caso è un’arma a doppio taglio, li accoglie come un malato affetto da dolori cronici; abbraccia il dolore affinché diventi parte della sua esistenza e sia il propellente per sopportare meglio altre asperità della vita.

Non riuscirà però a tenere a bada la sua inquietudine che si placherà un minimo, accettando di compiere una violenza necessaria. In questo senso gli si può riconoscere la sua umanità con tutte le ossessioni annesse e connesse legate alla paura di un futuro messo in pericolo da un solo uomo, un politico, che ambisce al potere supremo. Molti di noi sono così, altri non riescono a risolvere i loro problemi quotidiani più semplici ma hanno sempre una risposta a grandi quesiti dell’umanità e le loro prese di posizione ricalcano atteggiamenti di tifosi da stadio più che il desiderio di aiutare il popolo di cui fanno parte.

Con queste persone è inutile discutere, sono loro il vero problema della società. Questo fatto è ciò che più spaventa in The Dead Zone. Come sopperire al senso di impotenza che ci assale in questi casi? Una possibile soluzione potrebbe essere quella di fare tesoro delle parole del protagonista, frasi che “suonano” più o meno così:

“Tutti dovremmo fare tutto ciò che possiamo per risolvere un problema, al meglio delle nostre capacità; se non è abbastanza, la prossima volta dobbiamo impegnarci di più”.

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