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La cavale, di Albertine Sarrazin

Andrea Brattelli parla del secondo romanzo di Albertine Sarrazin , scrittrice morta nel 1967 a soli 29 anni dei quali ben 8 trascorsi in car...

26/03/2021

Stendhal, Ricordi di Egotismo

Andrea Brattelli stavolta ci parla dei Ricordi d’egotismo, scritti di getto da Stendhal nell’estate del 1832 e riguardanti gli anni del ritorno a Parigi dopo la vita milanese: dal 1821 al 1830, dalla morte di Napoleone all’avvento di Luigi Filippo.



Egotismo è un termine che fa rima con “Egoismo” ma è differente nel significato. Il primo designa il sentimento di colui che è incline a parlare prevalentemente di sé, il secondo corrisponde all’amore eccessivo per se stessi e all’inclinazione nel soddisfare solo i propri interessi, anche sfavorendo e danneggiando altre persone.

Con questo Diario, Stendhal cerca di scrutare dentro se stesso piuttosto che descriversi come vorrebbe essere o crede di essere dinanzi agli occhi degli altri: si pone dinanzi allo specchio e inizia, con onestà intellettuale, a porsi domande semplici e a volte banali, ben sapendo che la differenza sta tutta nella disposizione che si assume nell’investigare nello scopo di conoscere se stessi.

La diagnosi che porta a questo processo di introspezione è costituita da domande del tipo: "Ho buon senso?", "Sono buono o cattivo?", "Ho un’intelligenza singolare?"

Le risposte fornite dall’autore sono assolutamente sincere, Egli asserisce, perché solo in questo modo si otterrà l’antidoto ad un Ego intrappolato in problemi esistenziali.

Il discorso è comunque frammentario, il che fa apparire le domande e le risposte come “Souvenirs” presi da una bancarella in una città straniera visitata in pochi giorni, in memoria di bei ricordi ma, di certo, non realmente rappresentativi del paese conosciuto come invece lo è lo studio della sua “strapaesanità”.

Lo scrittore francese, prossimo ai cinquant’anni, in quest’Opera cerca di fare un sunto della sua esistenza, senza un vero ordine cronologico che scandisca i suoi incontri ed unioni con i personaggi e tra le genti che possono impattare come oggetti, urtare e unirsi. Talvolta gli scontri creano riverberi nello stato d’animo; i punti di vita sono molteplici, estrapolati dalla prospettiva della sua coscienza oppure nel proiettarsi con la sua individualità nella vita sociale del suo tempo.

E' incredibile questa concezione relativistica, seppur col tempo in qualità di spettatore poco attento, nel descrivere gli eventi, ottantatrè anni prima (1822) della pubblicazione dello scritto, da parte di Einstein, sulla Relatività Ristretta (1905).

Forse, scrivendo di getto di tanti argomenti, in un tempo ristretto, ciò è stato statisticamente possibile senza far alzare comunque l’entropia della narrazione.

Il moto ai protagonisti è fornito dalle contraddizioni umane: desiderio di solitudine e, al contempo, l’attrazione incontenibile per la vita di società, l’amore per le conversazioni futili e il disprezzo per la superficialità onnipresente nei salotti parigini.

Questo mondo animato si dipana dinanzi a noi come l’oscillare di un pendolo che va dalla conoscenza dell’egotista Stendhal alla comprensione degli altri; mi sembra, ora, in qualità di lettore – spettatore di vedere Rousseau (autore de “Confessions”) rimanere attonito dinanzi a ciò, Egli che invece ha sempre occupato la nostra attenzione in veste di protagonista a volte con pose da penitente.

23/03/2021

Il dio del massacro di Yasmina Reza (2006)


Le Dieu du Carnage, il testo teatrale in atto unico (l’unità di tempo e spazio è fondamentale) di Yasmina Reza, è stato pubblicato la prima volta nel 2006.

Questa commedia al vetriolo, spietata e insieme divertente, dopo essere stata portata sul palcoscenico una prima volta nel 2008, interpretata da attori eccellenti come Isabelle Huppert, è stata poi esportata nelle produzioni teatrali di tutto il mondo. 

In Italia il testo è giunto nel 2009, dapprima con il titolo Il Dio della carneficina, con la traduzione di Alessandra Serra e pubblicato da Arcadia & Ricono.

Con la spinta ricevuta dal film di Roman Polanski, che nel 2011 ne ha realizzato (con Reza che ha collaborato alla sceneggiatura) Carnage - con interpreti superlativi, Christoph Waltz tra tutti - il libro è stato pubblicato nuovamente con il titolo Il dio del massacro nella traduzione di Laura Frausin Guarino ed Ena Marchi, per la Piccola Biblioteca Adelphi nel 2011, ed è questa la versione che ho letto.

Perché questo titolo? Perché l’incontro delle due coppie borghesi di mezza età, che si trovano per cercare di ricostruire le cause della violenta lite avvenuta tra i loro figli undicenni, porterà inesorabilmente i quattro a levarsi le maschere dei rapporti civili, del politically correct e della buona educazione.

Il figlio dei Reille, armato di bastone, ha infatti spaccato il labbro e due denti al figlio degli Houillié per non averlo fatto entrare nella sua “banda”, dandogli inoltre dello spione, e i genitori devono cercare di ricomporre l’accaduto, attribuendo le “colpe” e fissando un incontro risolutivo tra i ragazzi.

Nel salotto degli Houllié si parte con i convenevoli, offrendo dolci e bevande; poi, complice un climax irresistibile che si crea grazie a sempre maggiori quantitativi di alcool e di telefonate di lavoro, le accuse reciproche si fanno sempre più crudeli, tra un criceto abbandonato e la difesa di case farmaceutiche senza scrupoli, cause politiche ritenute stucchevoli e attacchi di vomito.

A questa valanga di humour nero e di cinismo nessuno, in primis il lettore, può sottrarsi. Non ci sono dialoghi aulici, qui: «Credo nel dio del massacro. È l'unico che governa, in modo assoluto, sin dalla notte dei tempi.»

19/03/2021

Miss Mama Aimee di Erskine Caldwell

La recensione di Andrea Brattelli di questa settimana è particolarmente interessante perché lo scrittore, Erskine Caldwell (nato nel 1903), è tra quelli che non si dimenticano. Documentò la situazione lavorativa dei mezzadri del sud degli Stati Uniti, poi con la moglie, la fotografa Margaret Bourke-White, seguì da vicino gli accadimenti e le conseguenze della Grande depressione; in seguito fu corrispondente estero in Ucraina e restò profondamente deluso dal regime stalinista. Il romanzo di cui ci parla Andrea è Miss Mamma Aimee, del 1967, ed è una storia tremenda, di violenza da una parte e di sfruttamento dall'altra.




Miss Mama Aimee di Erskine Caldwell

Guardando la serie animata “Tom & Jerry” degli anni 50 è possibile imbattersi nel personaggio di “Mammy Due Scarpe”, la governante di colore. Sempre molto indaffarata, la sua pazienza viene messa a dura prova (ai limiti dell’esaurimento nervoso) dal gatto Tom che rovina gli oggetti in casa per cercare di acciuffare Jerry il topo.

Se guardati con gli occhi da adulto, piuttosto che con quelli di un bambino, da questi cartoni si evince che simili collaboratrici domestiche nelle case dei "bianchi" dovevano sgobbare oltremisura per portare a casa un misero stipendio per sfamare chissà quante bocche che attendevano cibo in case fatiscenti.

Miss Mama Aimee invece è una donna afroamericana che ha un piccolo possedimento annesso ad una villa diroccata. I suoi averi vengono intaccati dai parenti (figli, figlie e consorti) che vivono sulle sue spalle; un avvocato tenta, di volta in volta, più che di curare gli interessi di questa matrona del sud degli Stati Uniti, di salvare, piuttosto, il salvabile.

La protagonista del romanzo si ritrova questa piccola eredità da quando a dei suoi antenati era stato riconosciuto un indennizzo perché un uomo bianco aveva stuprato una delle loro figliolette: - "Che diavolo vostro onore"! Sbraitò gesticolando l’imputato - "Il suo pertugio era così stretto che il mio coso neppure ci entrava, ma quale stupro e stupro!" (Infatti molti prima usavano un coltello a quei tempi per facilitarsi lo stupro di ragazzine.)

Ora, sorseggiando una bevanda, Mama si immerge nei suoi ricordi passati, contemplando ciò che aveva e le miserie umane che la circondano. La vita trascorre in questo modo superficiale fino a quando un Pastore di una chiesa la convince a donare i suoi averi alla Comunità di bisognosi…

Erskine Caldwell ha una concezione diversa del "siamo tutti uguali agli occhi di Dio" rispetto a ciò che sentiamo ripetere da storici, religiosi e filosofi. I neri sono proprio come i bianchi: hanno una totale mancanza di onestà intellettuale. Questo è il concetto dello scrittore per esprimere il concetto secondo il quale i neri sono come i bianchi e quindi siamo tutti uguali perché abbiamo gli stessi pregi (pochi) e tutti hanno gli stessi difetti.

Ci si lamenta per le scomodità di essere troppi sotto lo stesso tetto a casa di Miss Mama Aimee ma guai a darsi da fare per trovare un lavoro. Meglio scrivere e cantare a squarciagola, strimpellando su una chitarra scordata, come fa il genero della protagonista, su quanto Mama sia severa e ingiusta nell’elargire denaro per far campare la sua progenie. Simili comportamenti beffardi sono, forse, l’unica parte poco realistica di questo romanzo perché non suscitano desiderio di vendetta e reazioni da parte di chi li subisce, nonostante la cultura della violenza fisica e verbale permanga in tutto il romanzo.

12/03/2021

Africo di Corrado Stajano



Eccoci con la consueta recensione del venerdì di Andrea Brattelli, che stavolta ci parla di Africo di Corrado Stajano.

In questo libro Stajano narra la storia di una Comunità costituita da contadini, pastori e artigiani che vivevano in un paese della Calabria situato sulle pendici dell’Aspromonte, Africo appunto, i quali, a causa di un'alluvione (e conseguente frana) furono costretti a fuggire e a vivere tuttora in un’altra zona a margine di una piccola pianura lambita dalle acque di una fiumara.

Il clima mite permette la coltivazione di Gelsomini che sono una fonte di reddito per la popolazione locale. Il bianco candore di questi fiori la cui pianta rampicante sembra edulcorare i muri cosparsi di crepe di case diroccate rappresenta l’unico bagliore che induce serenità e che colpisce lo sguardo del visitatore che si approccia a visitare questo antico borgo.

Come è accaduto con il terremoto dell’Irpinia nel 1980, questi sono luoghi d’Italia la cui esistenza viene appurata solo in seguito a tragedie. Lo Stato però interviene sempre per ultimo e “a gamba tesa”: prima i cittadini diventano sudditi dei potenti, ingannati e sopraffatti dalle mafie locali; le ingiustizie sono dure da inghiottire anche se ad Africo si bevono fresche bevande ad infuso di gelsomino.

Rapporti di brigadieri stilati sino a tarda notte rivelano, come alla luce di una lampada, cultura e modo di vita di personaggi romanzeschi: preti, ribelli, capimafia tutti, in maniera corale, devoti e maturati alla politica ed in politica.

Gruppi di singoli ribelli lottano affinché la situazione migliori e i loro volti, impressi nelle foto di cui è corredato il libro, sollecitano la nostra ammirazione. Certi racconti possono essere, per noi lettori, uno sfibrante esercizio di pazienza per essere digeriti e tutto sta nel concepire questo scritto come un insieme di segni, come quelli rupestri incisi su alcuni ruderi della Magna Grecia presenti ad Africo Vecchio, che tracciano un disegno più vasto: quello di un paese a cui è stato impedito di essere se stesso.

09/03/2021

Nives di Sacha Naspini e la storia condivisa

 


Sacha Naspini è l’eroe di tutti gli scrittori esordienti.

Nato a Grosseto nel 1976, ha esordito con piccolissime case editrici come Il Foglio e poi ha fatto il botto. Mi era piaciuto tantissimo il suo Cento per cento, uscito per Historica e poi per Perdisa Pop, la storia di un vecchio pugile in pensione che faceva una serie di rivelazioni a un viscido giornalista. Lo avevo recensito nel mio vecchio blog ormai chiuso (ma lo stesso nickname rejectedfrogs lo trovate ancora nelle recensioni Ibs). 

Veniamo a Nives. Si tratta di un romanzo molto breve uscito per E/O nel 2020, sono circa 130 pagine dense, che sarebbero un perfetto spettacolo teatrale. Come di consueto solo dopo aver letto il libro ho consultato alcune recensioni per farmi un’idea di come questo libro sia stato interpretato da critici più attendibili di me, e sono contenta di aver trovato tante recensioni positive. Tra queste mi è piaciuto particolarmente il paragone con il film Carnage di Polanski, basato appunto sull’opera teatrale Il dio del massacro di Yasmina Reza. 

Quello che da sempre ammiro di Naspini è la sua freschezza, il suo stile capace di delineare con pochi tratti i personaggi lasciando al lettore l'incombenza e il divertimento di mettere insieme i pezzi ma, allo stesso tempo, in grado di costruire una tensione davvero spettacolare, che conduce a una serie di rivelazioni che inducono un’ansia crescente: più si va avanti e più si ha la necessità di scoprire quali altre cose si nascondono sotto la polvere degli anni dei personaggi.

E veniamo appunto ai protagonisti.

Un giorno Nives, una donna di 67 anni, trova il marito morto stecchito nella mangiatoia dei maiali. Ma Nives, lo capiamo subito, non è una che si perde in lacrime. Pensa alle cose pratiche e, d
opo aver ucciso il maiale, al funerale capiamo che tra lei e la figlia non c’è un grande rapporto. Rimasta sola, per Nives è difficile abituarsi alla solitudine e al silenzio del podere, soprattutto di notte. 

Un giorno Nives decide di prendere Giacomina, la sua chioccia preferita, e di tenerla con sé dentro casa. Nives è consapevole di quanto sia assurdo sostituire il marito con una gallina zoppa, eppure la compagnia dell'animale la calma. Una sera, mentre sono sul divano davanti al televisore, durante la pubblicità di un noto detersivo Giacomina resta ipnotizzata. Nives decide allora di chiamare Loriano Bottai, il veterinario con il vizio della bottiglia. 

Lo scambio tra Nives e Loriano, nato dall'emergenza veterinaria, prende presto un’altra piega, tra amori passati, rimpianti e scoperte inimmaginabili. La vita di Poggio Corbello, piccolo borgo sperduto nella campagna, si rianima nella conversazione telefonica dei due, che tra storie di suicidi, omicidi e fantasmi persecutori, fanno venire alla luce quelle verità nascoste che, in fondo, sono tipiche un po' di ogni luogo.

Il libro non è diviso in capitoli e, complice la brevità, si legge in poche d’ore, tutto di getto. I temi trattati sono importanti, ma raccontati con un mix davvero sapiente di leggerezza e profondità, che non va mai a scadere nel patetico. Da leggere assolutamente. 

P. S. Se dovessi riassumerlo in una frase direi che con questo libro Naspini ci dimostra che la storia di un borgo e dei suoi abitanti la possiamo ritrovare facilmente in ognuno di noi e la possiamo applicare ad altre realtà altrettanto facilmente: è la storia che sta in fondo a ogni famiglia e a ogni luogo, magari declinata diversamente. Questa è la grandezza di questo piccolo romanzo, che vi straconsiglio.

Su Instagram la recensione video (5 minuti).

05/03/2021

Rumore bianco di Don DeLillo

Ecco la seconda recensione di Andrea Brattelli, fondatore del forum http://www.ilrasoio.com/, che questa settimana ci parla di Rumore Bianco - White Noise - di Don DeLillo (1985)



Rumore Bianco (White Noise) di Don DeLillo

Il 10 Luglio 1976 a causa di un grave incidente avvenuto nella ditta ICMESA di Meda, una nube altamente tossica di diossina TCCD fuoriuscita accidentalmente causò uno dei più grandi disastri chimici che L’Europa ricordi.

Nel 1985 venne pubblicato “White Noise” di Don DeLillo che sembrò riportare i lettori, con la mente, a quella tragedia, a causa della quale vennero redatti nuovi protocolli di sicurezza obbligatori da rispettare in tutte le aziende chimiche del mondo denominati “Direttiva Seveso”.

Il “Rumore Bianco” in realtà non esiste e, se si campiona un segnale di questo tipo, ciascun valore appare completamente imprevedibile rispetto ai precedenti, quindi con un contenuto informativo elevato. Questa definizione collima totalmente con la sintesi di questo romanzo: in questo scritto è narrata una storia sì plausibile (seppur inventata) nella quale, nella seconda parte dell’opera, accade l’imprevedibile; sono, inoltre, molti i temi trattati.

Una famiglia americana vive ovattata in uno stile di vita medio borghese, trincerata dietro monotonia e sicurezze che svaniranno quando da un treno fuoriuscirà un carico di veleno che colpirà la tranquilla cittadina dove abitano i protagonisti.

Dinanzi al pericolo i ragazzi e i bambini descritti nel romanzo si comportano in maniera più responsabile dei loro genitori. Appaiono come esseri surreali: all’entrata e uscita di scuola marciano l’uno dietro l’altro ben distanziati come soldati tedeschi. 

Il simbolismo evocativo è lampante: i ragazzi in fila come vagoni echeggiano l’epifania del treno che sta per deragliare e questo è solo il preludio; come non trovare un riferimento ai giorni nostri con ciò che stiamo vivendo e per le misure di sicurezza intraprese a causa della pandemia? Chi, ai giorni nostri, sui Social, perde il tempo ad inventare complotti, i ragazzini o gli adulti?

Il professore, protagonista dell’opera, è un insegnante di “studi su Hitler”. Si chiama Gladney ed è la voce narrante… Una versione sincopata di Adrian Cronauer (interpretato da Robin Williams) in “Good Morning, Vietnam”. Ironica, intelligente, a volte cupa.

Il racconto nelle sue lezioni dello stile di propaganda di Hitler, la descrizione della marcia dei soldati al fronte, il vociare del popolo raccolto nelle piazze all’alba della Seconda Guerra Mondiale, il brusio delle casse al supermercato che si ode quando le persone si accalcano nei centri commerciali per il panico causato dal disastro chimico danno vita ad un unico fenomeno: il “Rumore Bianco” che ovatta la cruda realtà. 

La figlia di Gladney che con il binocolo, da una finestra, osserva il mondo in totale sfacelo ci fa capire che la fine della tragedia è ancora lontana e che distinguere la realtà dalla fantasia è molto difficile se si assumono farmaci per edulcorare la prima.

02/03/2021

Un cigno selvatico di Michael Cunningham

Nei dieci racconti di Un cigno selvatico, illustrati da Yuko Shimizu, l’autore Premio Pulitzer di Le OreMichael Cunningham, ha rivisitato alcune tra le fiabe occidentali più conosciute. E le ha rese accattivanti, commoventi, tremendamente dark e inquietanti, con evidenti messaggi morali.

Prima di lui, Angela Carter, un'eccezionale scrittrice capace di sondare senza alcun imbarazzo la sessualità nelle sue forme più varie, aveva fatto lo stesso nella raccolta La camera di sangue

Si tratta di due stili molto diversi, ma entrambi colpiscono nel segno. I racconti di Cunningham sono moderni, e i protagonisti sono tutti carismatici, intelligenti, spesso sfortunati. 

Personalmente, ritengo che il vero tesoro del volume sia "La vecchia pazza": la storia della strega di Hansel e Gretel, una donna che ha avuto molti uomini e che si ritrova sola. Nelle fiabe di Cunningham c'è posto anche per il principe necrofilo di Biancaneve ("Avvelenata") e per Omino (uno gnomo che diventa schizofrenico per sopportare la solitudine). 

"Bestie" è il racconto forse più amaro della raccolta: Cunnigham ci spiega che la bestia è diventata tale perché da umano era uno stupratore. E forse era meglio lasciarlo ai patimenti previsti dalla sua forma bestiale...

"Soltanto Bella capiva cosa può rappresentare anche una rosa soltanto, che gesti una rosa può ispirare, se vivi senza speranza. Se sei una bestia rinchiusa in un castello, o una ragazza costretta in un misero villaggio sperduto."