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26/03/2021

Stendhal, Ricordi di Egotismo

Andrea Brattelli stavolta ci parla dei Ricordi d’egotismo, scritti di getto da Stendhal nell’estate del 1832 e riguardanti gli anni del ritorno a Parigi dopo la vita milanese: dal 1821 al 1830, dalla morte di Napoleone all’avvento di Luigi Filippo.



Egotismo è un termine che fa rima con “Egoismo” ma è differente nel significato. Il primo designa il sentimento di colui che è incline a parlare prevalentemente di sé, il secondo corrisponde all’amore eccessivo per se stessi e all’inclinazione nel soddisfare solo i propri interessi, anche sfavorendo e danneggiando altre persone.

Con questo Diario, Stendhal cerca di scrutare dentro se stesso piuttosto che descriversi come vorrebbe essere o crede di essere dinanzi agli occhi degli altri: si pone dinanzi allo specchio e inizia, con onestà intellettuale, a porsi domande semplici e a volte banali, ben sapendo che la differenza sta tutta nella disposizione che si assume nell’investigare nello scopo di conoscere se stessi.

La diagnosi che porta a questo processo di introspezione è costituita da domande del tipo: "Ho buon senso?", "Sono buono o cattivo?", "Ho un’intelligenza singolare?"

Le risposte fornite dall’autore sono assolutamente sincere, Egli asserisce, perché solo in questo modo si otterrà l’antidoto ad un Ego intrappolato in problemi esistenziali.

Il discorso è comunque frammentario, il che fa apparire le domande e le risposte come “Souvenirs” presi da una bancarella in una città straniera visitata in pochi giorni, in memoria di bei ricordi ma, di certo, non realmente rappresentativi del paese conosciuto come invece lo è lo studio della sua “strapaesanità”.

Lo scrittore francese, prossimo ai cinquant’anni, in quest’Opera cerca di fare un sunto della sua esistenza, senza un vero ordine cronologico che scandisca i suoi incontri ed unioni con i personaggi e tra le genti che possono impattare come oggetti, urtare e unirsi. Talvolta gli scontri creano riverberi nello stato d’animo; i punti di vita sono molteplici, estrapolati dalla prospettiva della sua coscienza oppure nel proiettarsi con la sua individualità nella vita sociale del suo tempo.

E' incredibile questa concezione relativistica, seppur col tempo in qualità di spettatore poco attento, nel descrivere gli eventi, ottantatrè anni prima (1822) della pubblicazione dello scritto, da parte di Einstein, sulla Relatività Ristretta (1905).

Forse, scrivendo di getto di tanti argomenti, in un tempo ristretto, ciò è stato statisticamente possibile senza far alzare comunque l’entropia della narrazione.

Il moto ai protagonisti è fornito dalle contraddizioni umane: desiderio di solitudine e, al contempo, l’attrazione incontenibile per la vita di società, l’amore per le conversazioni futili e il disprezzo per la superficialità onnipresente nei salotti parigini.

Questo mondo animato si dipana dinanzi a noi come l’oscillare di un pendolo che va dalla conoscenza dell’egotista Stendhal alla comprensione degli altri; mi sembra, ora, in qualità di lettore – spettatore di vedere Rousseau (autore de “Confessions”) rimanere attonito dinanzi a ciò, Egli che invece ha sempre occupato la nostra attenzione in veste di protagonista a volte con pose da penitente.

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