"Mentre state giudicando un libro, anche il libro vi sta giudicando." (Stephen King) I libri parlano, e giudicano il lettore mentre il lettore crede di giudicarli. Il lettore forte pensa di avere in pugno lo scrittore debole, ma nessuno perderà se alla fine la lettura non sarà stata inutile.
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La cavale, di Albertine Sarrazin
Andrea Brattelli parla del secondo romanzo di Albertine Sarrazin , scrittrice morta nel 1967 a soli 29 anni dei quali ben 8 trascorsi in car...
26/05/2023
Entropia, di Thomas Pynchon
19/05/2023
Gli extraterrestri, di Clifford Simak
Clifford Simak era sia un giornalista che uno scrittore di romanzi e racconti di fantascienza. Le sue storie sono spesso ambientate nel Middle West americano, in particolare nello stato del Wisconsin, costituito ai suoi tempi per lo più da cittadine e fattorie a conduzione famigliare; nel percorrere il cammino tra un punto abitato e un altro si potevano incrociare laghetti tersi, corsi d’acqua limpidi e prati in fiore ove, come in un agguato, potevano spuntare in momenti inopportuni animaletti sì teneri, ma che potevano incutere spavento facendo capolino da qualche tana all’improvviso. L’approccio dello scrittore americano nel narrare è pressoché questo per suscitare stupore e meraviglia nei lettori.
Porgo inizialmente all’attenzione di tutti una rapida digressione sulla nascita del racconto breve di stampo “Sci-Fi” (Science Fiction). Tra il 1930 e gli anni '80 la proliferazione di riviste di fantascienza e l’interesse suscitato da questi temi era tale per cui uno scrittore, seppur pagato poco o nulla per pubblicare, cercava di porsi all’attenzione del pubblico anche solo con una rubrica all’interno di esse per poi suscitare interesse verso qualcosa di più importante a cui da anni stava lavorando come, ad esempio, un libro o una sceneggiatura per un film.
Simak invece lo potremmo paragonare più verosimilmente a Sherwood Anderson: entrambi giornalisti, preferivano scrivere testi di cinquanta pagine al massimo, come se stessero raccontando un fatto di cronaca. In caso contrario, non sarebbero stati capaci di intrattenere un appassionato del genere che si sarebbe, altresì, annoiato. In questo modo lo scrittore americano riesce a partorire vicende con un finale convincente pur rimanendo nel settore fantasy o fantascientifico.
Ciò che stupisce nella raccolta Extraterrestri edita da Bompiani in esame è come il comune, l'ordinario, prepari sempre il palcoscenico a qualcosa di particolare, rappresenti il preludio di un evento straordinario ed eccitante. È un metodo collaudato di narrazione questo, per portare il lettore gradualmente da una zona di comfort a lui più congeniale, mentre lo si culla, per poi sbalzarlo via scaraventandolo in un altro mondo.
In poche pagine si combinano alcuni temi familiari agli scrittori di fantascienza degli anni '50 e '60 con una visione personale e curiosamente pastorale dell’autore. Per questo motivo, se desiderate un racconto con una descrizione del paesaggio non eccessivamente distopica, cyber potenziata ma comunque approfondita, mi permetto di consigliarvi la lettura di Simak: avrete, alla fine, passato una giornata spensierata e avrete un approccio diverso nel rapportarvi con la realtà nel vostro futuro, un altro punto di vista, vedrete l’avvenire sotto una luce diversa.
P.S. Nell’edizione Bompiani che ho io in copertina vi è rappresentata una locandina Tadanori Yokoo. La tecnica di questo artista giapponese si può inquadrare in una espressione religiosa ed ermetica fortemente colorata e contaminata con la sua personalità popolare, consumistica e politica con le quali concepisce un particolare design, contribuendo così a perpetuare lo scisma tra quest’ultimo e l’arte.
I poster di Yokoo durante gli anni '60 enfatizzavano elementi indigeni, pre-modernisti e kitsch presenti nei gusti libidinosi delle masse giapponesi e sorprendevano coloro che erano abituati ad architetture moderniste e razionali.
12/05/2023
La noia, di Alberto Moravia
Sentiamo dire spesso che “il denaro non rende felici” e ciò sembra confermato da indagini scientifiche. I dati dimostrano infatti che le persone abbienti hanno meno probabilità di considerarsi spensierate rispetto a coloro che vivono in condizioni economiche meno favorevoli. Mentre scrivo queste frasi mi torna alla memoria il film La ricerca della felicità con Will Smith. Vi è una scena in cui il protagonista, ancora povero, camminando da solo per strada osserva i volti delle persone della media e alta borghesia americana e si rende conto di essere l’unico ad avere un viso severo e corrucciato: ciò gli fornisce la spinta per rimettersi in gioco e risolleverà le sorti della sua vita e di quella del suo figlioletto.
Ciò che ho appena espresso può sembrare una contraddizione con quanto riferito dai dati scientifici all’inizio della recensione ma non è così: il protagonista de La noia è triste perché le persone e gli avvenimenti gli passano accanto senza destare in lui alcuna emozione. Pensa che tutti indossino maschere che nascondono i veri volti e quindi il loro reale stato d’animo. La pittura non lo soddisfa più, la madre ricca comunque gli passa una rendita mensile, quindi non vi sono preoccupazioni impellenti; inciampare in una relazione sessuale inquietante sarà l’unico scossone alla monotonia della sua esistenza.
Tornando al discorso dell’incontro del benestante Dino con Cecilia e alla loro relazione, possiamo affermare che c’è un non so che di genuino in questo rapporto puramente istintivo e vissuto momento per momento, spontaneità che lascia il posto a un umorismo nero a causa di un’analisi fredda, ossessiva dei rapporti, una disamina implacabile, straziante. Sembra di leggere il diario di un’entità aliena che descrive dallo spazio siderale ciò che accade sul nostro pianeta, scrutando tramite satelliti gli eventi che si succedono dopo tali incontri amorosi le cui regole di condotta sono avulse da qualsiasi norma precedentemente conosciuta, una trasformazione del banale in qualcosa di inalterabilmente strano. Questi artifici tengono salda l’attenzione del lettore nei confronti della narrazione.
La voce narrante del protagonista è fredda e nitida; alcuni dettagli profusi nei ragionamenti poco plausibili a loro volta mi sembrano eccessivi ma penso che il narratore li abbia scritti così di proposito per mostrare come un uomo senza pensieri può maturare più facilmente di altri ansie e pensieri intrusivi e ossessivi che portano a comportamenti non lucidi.
I romanzi che il grande scrittore italiano Alberto Moravia scrisse negli anni successivi alla seconda guerra mondiale rappresentano una straordinaria indagine sul comportamento umano in una società moderna ma, al contempo, frammentata. La noia, la storia di un artista fallito, di un figlio viziato di una ricca famiglia che si affeziona pericolosamente a una giovane modella, esamina le complesse relazioni tra denaro, sesso e mascolinità in pericolo. Questo studio potente e inquietante sulle patologie della vita borghese è uno dei capolavori di uno scrittore che, come osservò una volta Anthony Burgess, "cercava sempre di andare a fondo nell'imbroglio umano".
05/05/2023
Romano Bilenchi, Il gelo
Andrea Brattelli sceglie spesso titoli poco ordinari da recensire: stavolta propone Il gelo di Romano Bilenchi. Pubblicato nel 1982, è un romanzo che, scrive Geno Pampaloni nella prefazione, "vuole cogliere, nell'adolescenza, la situazione germinale dell'assedio cui l'uomo di oggi è sottoposto; gli interessa l'esperienza della solitudine, del non-comunicare (...). L'infanzia, l'età pre-ideologica, non è infatti idoleggiata come un mito; ma è l'anticipazione, la verifica, la semplificata verità di un modello "fatale" di rapporto con la realtà (natura e società)". Per chi lo desidera, è disponibile la lettura del libro su Ad alta voce, a questo link.
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