Seguici su https://quarantasettelibrocheparla.com/

La cavale, di Albertine Sarrazin

Andrea Brattelli parla del secondo romanzo di Albertine Sarrazin , scrittrice morta nel 1967 a soli 29 anni dei quali ben 8 trascorsi in car...

30/07/2021

Quarup di Antonio Callado

Stavolta Andrea Brattelli va sul difficile e ci parla di Quarup, un corposo romanzo del 1967 di Antonio Callado, che ci trasporta nel Brasile del regime militare degli anni Cinquanta e Sessanta, tra il periodo populista e quello dei vari governi insediatisi in seguito alla morte del presidente Vargas (1954). Il protagonista, Padre Nando, vive le sue avventure tra vocazione e guerriglia, incarnando la complessità di un Paese alla continua ricerca di sé. Nota a margine: una parte molto importante del romanzo è dedicata all'aspetto più carnale di questo singolare prete comunista.




Considerata dai critici brasiliani una delle opere più rappresentative della nazione dopo l’instaurazione del regime militare, Quarup ci pone dinanzi ad un paese in conflitto attraverso il protagonista Nando.

Il romanzo è narrato in terza persona e il narratore è onnisciente, conosce quindi tutti i pensieri e i sentimenti dei personaggi e li rivela al lettore.

Il periodo temporale in cui vengono narrati gli avvenimenti va dal suicidio di Getúlio Vargas all’inizio degli “anni di piombo” con il golpe militare del 1964. Tuttavia, essendo questo un romanzo inquadrato nel terzo modernismo brasiliano, si può scrivere decisamente che, seppur i fatti vengono esposti con realismo e obiettività, non mancano allegorie e scene da romanzo “fantastico”.

Come percorrendo metaforicamente dall’alto verso il basso e viceversa i gradoni nelle piramidi mesoamericane, leggendo Quarup si passa su temi diversi: la formazione delle unioni rurali, l’inizio dei movimenti popolari anche un po' razzisti nei confronti dell’influenza straniera nel paese, una forte critica nei confronti del regime militare.

Il protagonista, Padre Nando, cerca di fondare in Brasile un movimento che si ispira ai costumi e abitudini dei Gesuiti del XVII secolo (Repubblica di Guaranis); questi avevano la purezza d’animo che la Chiesa cattolica richiede e che dovrebbe appartenere alla classe operaia che il prete vuole istruire, destinata a costruire un nuovo futuro per il Paese e che non può quindi continuare ad alienarsi solo nelle fabbriche, così come i preti non dovrebbero essere lontani dai reali valori della Chiesa, arroccati tra le mura di monasteri rovinate dal tempo perché caduche come ogni cosa terrena. Di grande impatto, rileggendo questo libro durante il periodo che stiamo vivendo, è la descrizione del sacerdote che prega nell’ossario, totalmente recluso, distaccato e isolato dalla realtà.

Inizia quindi un cambiamento nell’animo di Nando, di pari passo con la metamorfosi del Brasile.

Non riesce in alcun intento: lascia il sacerdozio, si dà ai bagordi, ma, alla fine, contemplando il panorama della sua città natia dove si era rifugiato per smaltire l’ultima sbornia, ha una illuminazione e si arruolerà nel gruppo armato del sertão.

Rinasce così, il nostro protagonista, a nuova vita, come si suol dire. Questo suo evidente cambiamento ci porta, dopo molte pagine, a scoprire il significato della parola “Quarup” che dà il titolo al libro: il “quarup” è un antico rito degli indiani Xingu in onore dei defunti. Attraverso un rito di resurrezione si celebra il ciclo eterno della vita.

Gli intoppi che ostacoleranno il traguardo prefissato non mancheranno, almeno fino a quando una coppia inglese, Leslie e Winifred, entreranno a far parte della sua vita; una metafora anche questa su come la pluralità, la diversità di cultura e nazionalità che vengono dall’esterno possono cambiare un sistema arroccato su se stesso oliandone i meccanismi affinché tutti gli avvenimenti facciano scivolare i personaggi verso tempi migliori e il raggiungimento degli obiettivi.

Sotto certi punti di vista, se si considera il numero di personaggi e lo studio (minimo) che si deve intraprendere per capire alcune tematiche del libro, almeno riguardo il periodo storico degli anni 60 in Brasile, questo libro mi ricorda opere monumentali di Pynchon come V. oppure L’arcobaleno della gravità.

Diventando guerrigliero, alla fine, Nando si trasmuta nel Brasile che, ad un certo punto, cambia e diventa fucina di intellettuali che si oppongono al silenzio imposto con la forza dai militari e lasciano gli appunti con le loro elucubrazioni e i libri di filosofia sul tavolo, per unirsi alla lotta armata.

La società cambierà con un uso sapiente della forza appianando le vicissitudini tra proprietari terrieri e contadini con l’istruzione, per sradicare i costumi feudali del Sud America tutti a scapito della povera gente.

In questo frangente il libro mostra vari aspetti utopistici; sappiamo infatti poi come è andata a finire, ovvero che i cartelli della droga hanno preso il potere e i poveri hanno solo cambiato padrone e catene.

16/07/2021

Il buio oltre la siepe di Harper Lee

Parlandoci de Il buio oltre la siepe di Harper Lee (1960), anch'esso parzialmente ispirato alla vicenda degli Scottsboro Boys (ragazzi afroamericani accusati ingiustamente dello stupro di donne bianche nell'Alabama del 1931) come quel grandissimo romanzo che era Paura di Richard Wright del 1940, Andrea Brattelli si butta su un grande classico della letteratura, che tratta temi universali come la giustizia e il pregiudizio e che affronta anche tematiche come la crescita e il rapporto genitori-figli. Andrea pensa che il libro non andrebbe letto nelle scuole per via di alcune descrizioni violente: io non sono d'accordo, perché l'intento dell'autrice è proprio quello di mostrare luci e ombre della condizione degli afroamericani negli Stati del Sud all'epoca della segregazione razziale. A tale proposito voglio citare Barack Obama che parlando del film nel suo cinquantenario, ha dichiarato: "Cinquant'anni fa uscì un film che conquistò istantaneamente la Nazione. Basato sul romanzo senza tempo di Harper Lee, Il buio oltre la siepe diede vita ad una storia indimenticabile di coraggio e convinzione, sul fare quel che è giusto, a qualunque prezzo." Nessun messaggio potrebbe essere più educativo, soprattutto oggi.




Il buio oltre la siepe è un romanzo che si può annoverare tra i “classici” e che ci offre una disamina sul razzismo e la giustizia americana.

Entrambi questi aspetti vengono interpretati secondo il punto di vista di una bambina già provata nell’animo dall’Era della Grande Depressione che colpì duramente anche in Alabama, luogo d’ambientazione della storia.

La narratrice, Scout Finch di 6 anni, suo fratello Jem e il loro amico Dill giocando buttano sempre uno sguardo al mondo degli adulti sino ad imitarli e provare, per osmosi, le loro ansie e paure, di cui i loro animi sono intrisi a furia di vivere in situazioni difficili.

La loro crisalide d’infanzia si apre silenziosamente e drammaticamente al cospetto del mondo reale privo di fanciullesche distrazioni.

La giovinezza contrasta così con i pregiudizi, la crudeltà e la povertà.

La frustrazione sfocia in episodi di violenza repressa che sembra l’unico modo che hanno le persone per sfogarsi.

Da fini psicologi di oltremanica questo romanzo viene consigliato ai ragazzi giovani affinché provino empatia verso ogni forma di vita; io penso che descrizioni di linciaggi, uccisioni dovute ad ubriachezza e di afroamericani che violentano donne bianche non siano letture per giovani menti, seppur descritte egregiamente tanto da meritare il Premio Pulitzer.

Infatti tutta la magia e gli iperbati riservati alle descrizioni di cittadine pittoresche come quella immaginaria presente nel libro in questo caso non vi sono: la scrittrice ci pone dinanzi un luogo dove accadono fatti che, all’epoca della narrazione, erano talmente usuali da essere ritenuti indispensabili come un padre o una madre in una famiglia.

Sotto il fuoco del profondo Sud, scritto senza espedienti, anche il resoconto del processo che porterà ad esprimere un giudizio sull’afroamericano che ha seviziato una donna del luogo avrà un sapore catechistico: la scrittrice serve i fatti con acqua zuccherata edulcorando poi il tutto con un po' di umorismo.

Atticus Finch, l’avvocato che si occuperà di difendere il ragazzo di colore, è un modello da seguire, un eroe per la sua alta moralità che si batte contro le disuguaglianze per lasciare ai bambini, ai suoi figli che ha cresciuto da solo dopo la morte della moglie, un mondo migliore dove il sistema giudiziario non sia un misero vessillo iniquo.

Egli sostiene che nella vita puoi anche tirare sassi per arrivare al tuo scopo, invece che ragionare con le persone, ma se poi qualcuno muore o si fa male (e questo rischio in seguito a comportamenti infantili o non dettati dalla ragione è reale) arriveranno problemi che ci potranno anche far pentire di essere nati.

La figura della bambina che racconta i fatti come in alcuni racconti polizieschi di Faulkner o in Miss Mama Aimee di Caldwell (*Andrea ne aveva parlato qui) fa sorridere perché è palese che ciò non può essere possibile anche se i suoi dialoghi sono intrecciati con quelli del padre per fornirgli una casuale plausibilità. Mi permetto di consigliare, infine, l’audiolibro letto da Sissy Spacek e se potete, godetevi la versione cinematografica con Gregory Peck del 1962.

09/07/2021

John Steinbeck, La valle dell'Eden

Questa settimana Andrea Brattelli ci parla di La valle dell’Eden (1952), un romanzo di John Steinbeck (1902-1968), uno dei più grandi scrittori statunitensi, che dopo Uomini e topi e Furore, con il suo interesse per i luoghi lontani dalle grandi città e per le condizioni di vita dei lavoratori stagionali, realizza un altro grande affresco del genere umano, che nel 1955 diventerà un film di Elia Kazan.



Note sull’autore

John Steinbeck III è stato uno scrittore americano. Ha scritto la novella Uomini e topi (Of Mice and Men), pubblicata nel 1937 e il romanzo, vincitore del Premio Pulitzer, Furore (The Grapes of Wrath), pubblicato nel 1939. In tutto, Steinbeck ha scritto venticinque libri, tra cui sedici romanzi, sei libri di saggistica e diverse raccolte di racconti. Nel 1962 ricevette il Premio Nobel per la letteratura.

Steinbeck è cresciuto nella regione della Salinas Valley in California, un luogo culturalmente diversificato perché ricco di storie legate alla immigrazione. Questa educazione ha conferito un sapore regionalistico alla sua scrittura, dando a molte delle sue opere un distinto senso del luogo.

Il romanzo

Basato sul libro della Genesi nel quale si illustra la storia di Caino e Abele, è uno scritto che mira a rimettere in discussione tutto ciò che si sa sulla letteratura americana; il lavoro di Steinbeck è davvero encomiabile.

Le perle di saggezza e gli elementi religiosi sono distribuiti sapientemente in tutta l’opera ma devono essere scovati (a volte escono a sorpresa come dall’uovo di Pasqua); solo attraverso questa fatica, secondo l’autore, l’uomo potrà anelare alla redenzione.

Sembra quasi che lo scrittore abbia scritto un testamento che, a dispetto di ciò che possa sembrare, ovvero un insieme di analogie e parallelismi tra il racconto della Bibbia e la sua produzione, destruttura il credo religioso sin dalle fondamenta.

Ambientato nella ricca campagna di Salinas Valley in California, questo romanzo tentacolare illustra i destini intrecciati di due famiglie, i Trask e gli Hamilton, le cui generazioni rievocano impotenti la caduta di Adamo ed Eva e la velenosa rivalità tra Caino e Abele. 

Qui Steinbeck ha creato alcuni dei suoi personaggi più memorabili e ha esplorato temi che a lungo riecheggeranno in altre sue opere e in quelle di altri scrittori americani: il mistero dell'identità; l'inspiegabilità dell'amore, le conseguenze omicide dovute all’assenza di questo sentimento.

Caino è un uomo malvagio, non è vero? Ha ucciso suo fratello a sangue freddo per gelosia. Questo, ovviamente, è un peccato mortale. Ma Caino, secondo Steinbeck, non può essere bollato come “villain” solo per questo atroce delitto. Si incoraggia quindi il pubblico a studiare con empatia la vicenda presupponendo che il Male cerca di far sviare le persone dalla retta via in continuazione.

Nel romanzo Charles (il nostro Caino) trascorre la vita cercando di compiacere suo padre, ma Adam (il nostro Abele) è amato di un amore incondizionato a prescindere.

In seguito, Adam sposerà Cathy/Kate. Sarà interessante, durante la lettura, appurare come questa figura sia rappresentata come un demone che usa le persone per ottenere ciò che vuole.

Si sviluppa quindi una sorta di questione morale: Caino è nato mostro o lo è diventato perché escluso dall’amore famigliare e dalla Grazia di Dio?

Le persone, semplicemente, non sono solo buone o solo cattive. Non puoi costringere esseri complessi, senzienti e capricciosi a stare rinchiusi tra quattro mura dipinte solo di bianco o nero e aspettarti che si adattino a rimanere così per sempre.

Solo poche persone possiedono in sé solo il bene o solo il male. Sono però ignavi e senza carattere, non si mettono mai in discussione. Raggiungere la felicità è per loro impossibile perché non sanno scegliere. Per altri il bene e il male lottano costantemente per il predominio l’uno sull’altro.

Steinbeck fa riferimento all'idea di “timshel”, frase di origine ebraica che significa "tu puoi". La frase si può leggere nel libro della Genesi 4.7, quando Dio dice a Caino: "Se non fai ciò che è giusto, il peccato che è accucciato alla tua porta desidera averti e ti avrà; ma tu devi dominarlo." La traduzione ebraica originale include “timshel” invece di "devi", insinuando che indulgere nel peccato o evitarlo del tutto è una scelta, non un destino.

Questo particolare definisce il punto di vista teologico della storia, che forse è ciò che rende East of Eden così rivoluzionario.

Il romanzo non è di facile lettura; è impegnativo e a volte può essere lento. Tuttavia, se si ha la pazienza e la volontà di farcela, è un’opera che fa riflettere; cambia il nostro modo in cui vediamo l'umanità e il modo in cui questa considera ciò che è bene e ciò che è male.

Come scriveva lo stesso Steinbeck: “Nessuna storia ha potere, né durerà, a meno che non sentiamo in noi stessi che è vera e vera per noi.”

Ed è questo che mi porta a considerare un libro di qualità, uno scritto che fa riflettere, sia che l’elucubrazione sia nata nel giaciglio di un letto o tra amici, sorseggiando un whisky.

Concludo con la mia citazione preferita presente nel libro: “E ora che non devi essere perfetto, puoi essere bravo.”

02/07/2021

Piccolo saggio sulla letteratura americana

Oggi Andrea Brattelli approfitta dell'antologia Novelle americane moderne (pubblicata da Longanesi nel 1951), contenente racconti di Sherwood Anderson, Ring Lardner, Damon Runyon, Stephen V. Benét e Eudora Welty, per illustrarci la storia della letteratura statunitense moderna, non senza criticare un certo "manierismo" presente negli scrittori di oggi.


La letteratura moderna in America nacque col realismo. A differenza del movimento europeo, che aveva la sua filosofia, una propria concezione dell’universo, un’essenza artistica espressa da autori come Flaubert e Maupassant, il realismo americano era privo di qualsiasi principio unificatore e non portava alcuna gioia.

Non si sapeva neppure con precisione ove fosse sorto: forse dagli sconforti dei rapidi sviluppi industriali, dall’amarezza della crescita improvvisa delle grandi città o dall’oscurità della vita nei piccoli paesi di provincia.

I suoi capi erano i figli scontenti di famiglie vissute nelle praterie e costrette a rinchiudersi negli abitati; gente del New England, stanca della tradizione inglese e puritana; giornalisti di Chicago, che si divertivano a schernire i nuovi ricchi e a utilizzare la parola borghese con disprezzo. Essi non avevano un orientamento preciso e coerente.

Furono proprio questi scrittori mancati, fanatici del colore locale, spinti dalla voglia di dire la verità senza sapere come, che diedero all’America la coscienza di vivere in un momento particolare e di possedere abitudini e aspirazioni proprie. Furono loro a tracciare i motivi dominanti della sua letteratura moderna.

Scrittori come Dos Passos, Willa Cather, William Faulkner, John Steinbeck non nascondono nei loro libri un senso di orrore, di timore e di tragedia verso la realtà americana.

Anderson, Lardner, Runyon, Benét e la Welty sono novellieri che non dimenticano il loro maestro Maupassant, talvolta riprendendo i suoi medesimi intenti: anche quando sembrano odiare ogni cosa che toccano, s’associano ai loro lettori invece di combatterli.

I timori, le incongruenze degli americani vengono assorbiti con lo sfoggio di una completa mancanza di sentimenti; ma al di sotto di questa freddezza, i novellieri rivelano quanto hanno ricavato dai loro contatti con le migliaia di persone alle quali si rivolgono; un bisogno di moralità, un forte desiderio per il misticismo e la religione.

Verso il 1920, due opere, che contenevano una protesta contro la vita provinciale delle piccole città del Middle West, portarono un soffio d’aria fresca nella letteratura americana: Winesburg, Ohio di Sherwood Anderson e Main Street di Sinclair Lewis.

Il nuovo realismo di Anderson e di Lewis, cui si era aggiunto Lardner, aveva soltanto una relazione formale con quello comparso all’inizio del '900.

I primi realisti avevano preso una posizione di sfida contro la tradizione e il costume dei contemporanei. I nuovi trovavano attorno a sé il mondo indulgente del 1920. Non si consideravano né ribelli né artisti; più tardi sarebbero comparsi la Stein ed Hemingway in cerca di uno stile, che avrebbero trovato spezzando le regole con una tecnica formale. I nuovi realisti, Anderson sopra tutto, seguivano il proprio istinto, lavoravano per ispirazione.

Anderson e Lardner, il primo con i librai, gli allevatori di cavalli, i giovani poeti dell’Ohio, il secondo con i giocatori di baseball, gli impresari di Broadway e i membri dell’alta società di Long Island, protagonisti dei loro racconti, aprirono le porte della letteratura americana sulla vita domestica dell’America, perché quando scrivevano, osserva Alfred Kazin nella sua Storia della letteratura americana, sia con l’esultanza di Anderson che con la freddezza di Lardner, avevano un grande interesse per la gente, la gente d’America, di tutte le sorti, varietà, caratteristiche ed abitudini.

Lardner era attirato dalle cose comuni e non esiste americano il quale non abbia mille volte udito i discorsi, visto le facce, osservato i gesti che si ritrovano nelle sue novelle.

Anderson cercò di dare alla nuova generazione un senso d’accettazione, per cui non si vergognasse più delle proprie limitazioni.

Non era un’America impersonale che scaturiva dai loro racconti; i lettori conoscevano i personaggi almeno bene quanto se stessi.

Tra il 1920 e gli anni della repressione, l’incoraggiamento dei nuovi realisti diede i suoi frutti. Gli scrittori penetrarono nella vita del paese, rovistarono in ogni angolo, ne descrissero ogni lato.

Tra loro apparve Runyon, che teneva compagnia a Lardner nell’impiego dei toni faceti, ma era meno amaro. Passava da una farsa ad una tristezza che andava dritta al cuore, perché quando toccava la nota patetica, questa prendeva forza nel contrasto di un cinismo antisentimentale.

Oggi vi sono alcuni scrittori americani che sentono il bisogno di sbalordire il lettore con una serie di esibizioni, tra le quali lo sfoggio della competenza è diventato così acuto e meccanico da far perdere alle loro opere qualsiasi rapporto con l’arte letteraria.

Si può trovare questo manierismo nella scuola che risale ad Hemingway, dei dandies letterari, i quali mostrano di non sapere apprezzare altro dalla vita che i suoi piaceri sensuali o la gioia della violenza, facendo del nichilismo un articolo di commercio.