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02/07/2021

Piccolo saggio sulla letteratura americana

Oggi Andrea Brattelli approfitta dell'antologia Novelle americane moderne (pubblicata da Longanesi nel 1951), contenente racconti di Sherwood Anderson, Ring Lardner, Damon Runyon, Stephen V. Benét e Eudora Welty, per illustrarci la storia della letteratura statunitense moderna, non senza criticare un certo "manierismo" presente negli scrittori di oggi.


La letteratura moderna in America nacque col realismo. A differenza del movimento europeo, che aveva la sua filosofia, una propria concezione dell’universo, un’essenza artistica espressa da autori come Flaubert e Maupassant, il realismo americano era privo di qualsiasi principio unificatore e non portava alcuna gioia.

Non si sapeva neppure con precisione ove fosse sorto: forse dagli sconforti dei rapidi sviluppi industriali, dall’amarezza della crescita improvvisa delle grandi città o dall’oscurità della vita nei piccoli paesi di provincia.

I suoi capi erano i figli scontenti di famiglie vissute nelle praterie e costrette a rinchiudersi negli abitati; gente del New England, stanca della tradizione inglese e puritana; giornalisti di Chicago, che si divertivano a schernire i nuovi ricchi e a utilizzare la parola borghese con disprezzo. Essi non avevano un orientamento preciso e coerente.

Furono proprio questi scrittori mancati, fanatici del colore locale, spinti dalla voglia di dire la verità senza sapere come, che diedero all’America la coscienza di vivere in un momento particolare e di possedere abitudini e aspirazioni proprie. Furono loro a tracciare i motivi dominanti della sua letteratura moderna.

Scrittori come Dos Passos, Willa Cather, William Faulkner, John Steinbeck non nascondono nei loro libri un senso di orrore, di timore e di tragedia verso la realtà americana.

Anderson, Lardner, Runyon, Benét e la Welty sono novellieri che non dimenticano il loro maestro Maupassant, talvolta riprendendo i suoi medesimi intenti: anche quando sembrano odiare ogni cosa che toccano, s’associano ai loro lettori invece di combatterli.

I timori, le incongruenze degli americani vengono assorbiti con lo sfoggio di una completa mancanza di sentimenti; ma al di sotto di questa freddezza, i novellieri rivelano quanto hanno ricavato dai loro contatti con le migliaia di persone alle quali si rivolgono; un bisogno di moralità, un forte desiderio per il misticismo e la religione.

Verso il 1920, due opere, che contenevano una protesta contro la vita provinciale delle piccole città del Middle West, portarono un soffio d’aria fresca nella letteratura americana: Winesburg, Ohio di Sherwood Anderson e Main Street di Sinclair Lewis.

Il nuovo realismo di Anderson e di Lewis, cui si era aggiunto Lardner, aveva soltanto una relazione formale con quello comparso all’inizio del '900.

I primi realisti avevano preso una posizione di sfida contro la tradizione e il costume dei contemporanei. I nuovi trovavano attorno a sé il mondo indulgente del 1920. Non si consideravano né ribelli né artisti; più tardi sarebbero comparsi la Stein ed Hemingway in cerca di uno stile, che avrebbero trovato spezzando le regole con una tecnica formale. I nuovi realisti, Anderson sopra tutto, seguivano il proprio istinto, lavoravano per ispirazione.

Anderson e Lardner, il primo con i librai, gli allevatori di cavalli, i giovani poeti dell’Ohio, il secondo con i giocatori di baseball, gli impresari di Broadway e i membri dell’alta società di Long Island, protagonisti dei loro racconti, aprirono le porte della letteratura americana sulla vita domestica dell’America, perché quando scrivevano, osserva Alfred Kazin nella sua Storia della letteratura americana, sia con l’esultanza di Anderson che con la freddezza di Lardner, avevano un grande interesse per la gente, la gente d’America, di tutte le sorti, varietà, caratteristiche ed abitudini.

Lardner era attirato dalle cose comuni e non esiste americano il quale non abbia mille volte udito i discorsi, visto le facce, osservato i gesti che si ritrovano nelle sue novelle.

Anderson cercò di dare alla nuova generazione un senso d’accettazione, per cui non si vergognasse più delle proprie limitazioni.

Non era un’America impersonale che scaturiva dai loro racconti; i lettori conoscevano i personaggi almeno bene quanto se stessi.

Tra il 1920 e gli anni della repressione, l’incoraggiamento dei nuovi realisti diede i suoi frutti. Gli scrittori penetrarono nella vita del paese, rovistarono in ogni angolo, ne descrissero ogni lato.

Tra loro apparve Runyon, che teneva compagnia a Lardner nell’impiego dei toni faceti, ma era meno amaro. Passava da una farsa ad una tristezza che andava dritta al cuore, perché quando toccava la nota patetica, questa prendeva forza nel contrasto di un cinismo antisentimentale.

Oggi vi sono alcuni scrittori americani che sentono il bisogno di sbalordire il lettore con una serie di esibizioni, tra le quali lo sfoggio della competenza è diventato così acuto e meccanico da far perdere alle loro opere qualsiasi rapporto con l’arte letteraria.

Si può trovare questo manierismo nella scuola che risale ad Hemingway, dei dandies letterari, i quali mostrano di non sapere apprezzare altro dalla vita che i suoi piaceri sensuali o la gioia della violenza, facendo del nichilismo un articolo di commercio.

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