Dato il caos generato dalla violenta esplosione, considerata la novità sulla tipologia di attacco militare e l'inconsapevolezza delle persone in materia di nucleare, dovuta all'oscurantismo adottato dalle nazioni che lavoravano ai progetti atomici, i giapponesi erano allo sbando.
Il geologo Shogo Nagaoka, inviato il 7 agosto a Hiroshima, designato dal Direttivo di una Task Force per comprendere l'entità dei danni e le conseguenze di un attacco atomico, si accorse subito che tra le precauzioni da prendere vi era quella di iniziare a sfollare le persone via dalle zone contaminate, separandole dai loro oggetti radioattivi, impedendo loro di ingerire cibi e acque contaminate.
Egli calcolò quindi l'ipocentro, ovvero la proiezione verticale, sulla superficie della Terra, del punto in cui era avvenuta la detonazione in atmosfera. Lo fece misurando le dimensioni del raggio di superficie nella quale delle persone investite dall'esplosione era rimasta solo polvere sul terreno. Il raggio era di due chilometri.*
Nelle rocce e pietre da costruzione, Shogo Nagaoka riscontrò concentrazioni specifiche di isotopi radioattivi di 226Ra, 232Th. Le concentrazioni di attività di 232Th, 226Ra e 40K nei campioni di tufo, riolite e quarzo selezionati variavano rispettivamente da 18 a 178, da 6 a 160 e da 556 a 1539 Bq kg-1. Fu riscontrato del cobalto-60 in pietre per affilare con forte presenza di zolfo (Enshou 烟硝 - traduzione "Gunpowder") e nei leganti di varie pietre per affilare (feldspati) e materiali da costruzione.
I suoi studi sulla radioattività servirono, come quelli compiuti da Rutherford, a determinare anche l'età delle rocce. Tutt'oggi si stima il tempo trascorso da quando queste subirono l'ultima trasformazione chimica. Si determinano le quantità relative di un isotopo radioattivo a lunga vita e del prodotto finale stabile nella catena di disintegrazione, che sono presenti in un campione.
I giapponesi studiarono in questo modo anche le meteoriti, che hanno un'età di circa 4,6x10^9 anni. Esse si sono cristallizzate nello stesso periodo di tempo in cui si sono formati gli altri corpi del sistema solare.
Shogo Nagaoka si occupò anche dello studio di varie trinititi, ovvero dei residui vetrosi creati dalla fusione di silicio e feldspati saldati dal calore in seguito alla violenta esplosione della bomba. La sabbia risucchiata all'interno della palla di fuoco, durante la deflagrazione, si trasforma in vetro liquido, piove dall'alto verso il basso e una volta che ha toccato terra dopo un lasso di tempo ridiventa solida.*
La seconda manifestazione dell'energia sviluppatasi nell'esplosione fu il calore. La temperatura più alta al suolo fu raggiunta proprio sotto il punto di esplosione, dove si stima abbia superato l'impressionante valore di 3900 gradi centigradi. L'enorme calore fu in grado di sciogliere le tegole in ceramica delle case entro un raggio di 500 metri dall'ipocentro. Gli abitanti di Hiroshima che si trovavano entro un raggio di 2 chilometri dal centro dell'esplosione ebbero i vestiti letteralmente bruciati dalla vampata.
Ma la componente più subdola (sia perché invisibile, sia perché quasi totalmente sconosciuta) fu il restante 15%, vale a dire l'energia racchiusa nelle radiazioni. Nell'esplosione, infatti, si originarono radiazioni Alfa, Beta, Gamma e di tipo neutronico, e se le componenti Alfa (nuclei di elio) e Beta (elettroni o positroni emessi dai nuclei radioattivi) vennero assorbite dall'aria e non raggiunsero il terreno, non così fu per le radiazioni Gamma (radiazione elettromagnetica) ed i neutroni, che seminarono tra la popolazione il loro carico di morte.
E se l'effetto dell'onda d'urto e del calore provocò in pochi istanti 70.000 vittime, ben 130.000 saranno coloro che, per anni e anni ancora dopo l'esplosione, moriranno tra atroci sofferenze a causa delle conseguenze delle radiazioni.