Finalista al Premio Strega 2020, l’autobiografia di Jonathan Bazzi colpisce per la sua brutalità.
Febbre è il racconto di un ragazzo balbuziente, emotivo e omosessuale che non è uguale a nessun altro.
Jonathan si trova suo malgrado a crescere in una città che non ama (Rozzano, chiamata Rozzangeles, il Bronx del Sud, descritta come la terra dei rapper e di poveri tamarri ai limiti della legalità) e con una famiglia tutto fuorché perfetta, ma che ama moltissimo.
L’amore, ma soprattutto la ricerca di esso, fa capolino da ogni singola riga: anzi è ancora più evidente nel susseguirsi di testimonianze di disagio che è l’adolescenza di Jonathan.
Un giorno del 2016 a Jonathan viene la febbre, poche linee ma costanti; una febbre che lo rende stanco, che gli fa venire i brividi quando esce per poi farlo sudare la notte.
La malattia, un tema classico della letteratura, trova qui un moderno aggiornamento con le inevitabili autodiagnosi trovate su Google: Jonathan si convince di avere una malattia incurabile ormai in fase terminale.
La ricerca della verità diventa una comprensibile paranoia: gli esami del sangue rivelano che Jonathan è sieropositivo. Qui il romanzo racconta da vicino che cosa comporta una simile scoperta: la paura di morire, le crisi di ansia.
Ma questo libro non è solo un dramma: è anche un racconto di speranza; c’è una sorta di fatalismo che aiuta a raggiungere una inevitabile quanto matura accettazione della realtà, che non è più quella tragica degli anni Ottanta: oggi l’Hiv si può curare.
Febbre è un libro doppiamente importante quindi, sia per la vicenda umana di un ragazzo che trova una maggiore serenità grazie allo studio e all’affetto di coloro che lo circondano, sia perché può dare conforto ad altre persone nell'accettare con consapevolezza la propria malattia.
L’amore, ma soprattutto la ricerca di esso, fa capolino da ogni singola riga: anzi è ancora più evidente nel susseguirsi di testimonianze di disagio che è l’adolescenza di Jonathan.
Un giorno del 2016 a Jonathan viene la febbre, poche linee ma costanti; una febbre che lo rende stanco, che gli fa venire i brividi quando esce per poi farlo sudare la notte.
La malattia, un tema classico della letteratura, trova qui un moderno aggiornamento con le inevitabili autodiagnosi trovate su Google: Jonathan si convince di avere una malattia incurabile ormai in fase terminale.
La ricerca della verità diventa una comprensibile paranoia: gli esami del sangue rivelano che Jonathan è sieropositivo. Qui il romanzo racconta da vicino che cosa comporta una simile scoperta: la paura di morire, le crisi di ansia.
Ma questo libro non è solo un dramma: è anche un racconto di speranza; c’è una sorta di fatalismo che aiuta a raggiungere una inevitabile quanto matura accettazione della realtà, che non è più quella tragica degli anni Ottanta: oggi l’Hiv si può curare.
Febbre è un libro doppiamente importante quindi, sia per la vicenda umana di un ragazzo che trova una maggiore serenità grazie allo studio e all’affetto di coloro che lo circondano, sia perché può dare conforto ad altre persone nell'accettare con consapevolezza la propria malattia.
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