Seguici su https://quarantasettelibrocheparla.com/

La cavale, di Albertine Sarrazin

Andrea Brattelli parla del secondo romanzo di Albertine Sarrazin , scrittrice morta nel 1967 a soli 29 anni dei quali ben 8 trascorsi in car...

31/12/2021

La notte dei desideri di Michael Ende

Andrea Brattelli saluta la fine dell'anno con un libro per ragazzi di Michael Ende, scrittore tedesco noto per La storia infinita e Momo: La notte dei desideri, ovvero il satanarchibugiardinfernalcolico Grog di Magog che narra di un gatto e un corvo che devono salvare il mondo nella notte di capodanno, fermando il mago Belzebù Malospirito e sua zia Tiranna Vampiria che hanno come missione la rovina del mondo.



È il 31 dicembre e Belzebù e sua zia ancora non hanno terminato tutte le malefatte che hanno il dovere di compiere entro la fine dell'anno! 

La copertina vintage di questo libro mi ricorda che sin dagli anni Ottanta (faccio riferimento alle persone della mia generazione) Michael Ende ha fatto divertire e meravigliare bambini e adulti. Le sue produzioni sono diventate dei classici e questo romanzo non fa eccezione. Non sarà un'opera epica come La storia infinita, non misteriosa come Momo ma è veramente un piacere leggere come è stata messa in scena, letteralmente, la lotta tra bene e male e il primo potrà primeggiare sul secondo solo grazie all'amicizia.

Quattro sono i personaggi principali che si accollano il fardello di portare fino a compimento la trama; per questo motivo devono essere molto convincenti e infatti lo scrittore ne delinea i tratti psicologici in maniera molto marcata, tanto che al lettore sembra di averli accanto durante la lettura e ci si immedesima presto e completamente nel racconto. Vi ricorda qualcosa? Ad esempio il giovane Bastian che nel film La storia infinita riesce a interagire completamente con i personaggi del manoscritto che sta leggendo?

Gli stessi esseri malvagi del libro, Belzebù e sua zia, è difficile non prenderli a cuore. I loro battibecchi scaturiti dall'ansia di doversi confrontare con il loro boss, il loro egocentrismo, rendono la trama molto accattivante.

Il gatto e il corvo sono due antieroi. Sembrano l’alter ego, rispettivamente, del gatto e la volpe presenti nella fiaba di Pinocchio. Scrutatori di individui, spie, svolgono i loro compiti al limite della sufficienza e prediligono il gozzovigliare al lavoro.

Avrete capito ormai che, nonostante non vi siano comparse in questa novella di fine anno, ma solo un piccolo manipolo di eroi, la metafora rende bene l'idea della società in cui viviamo: c'è sempre un capo sopra di noi che potrebbe comportarsi non come leader ma come padrone il quale riversa sulle nostre teste le sue frustrazioni e persone che, con totale mancanza di senso civico, svolgono il loro compito nella comunità nella maniera meno mediocre possibile o non fanno nulla.

La trama è lineare, forse troppo, tanto da risultare a tratti banale, quantomeno per un adulto. La magia che crea però il narratore, descrivendo situazioni incredibili e assegnando esattamente un certo tipo di linguaggio e modi di fare appropriati alla tipologia di ciascun personaggio, è magistrale e degna di un film Disney.

Un mio amico, che abita in Germania da qualche anno e ha svolto dei corsi di tedesco in modo da parlare questa lingua come un ragazzino di terza media, mi ha riferito che le rime presenti in alcuni dialoghi fanno la differenza; ma nella versione italiana ovviamente certi stratagemmi sono andati persi.

La morale che nasconde la storia è che di pianeta ve ne è solo uno, non bisogna inquinarlo e dobbiamo trattare bene tutti gli esseri viventi, iniziando a essere civili tra noi esseri umani.

Questi sono temi ancora caldi ai giorni nostri più che allora. Forse Michael Ende, con la sua sensibilità che gli ha permesso di creare questi piccoli capolavori, già ai tempi si era reso conto che una civiltà in espansione, consumistica, che cresce a dismisura a scapito di nazioni più povere sarebbe infine implosa su se stessa come un gigante fortemente obeso e stava cercando, a suo modo, con i suoi mezzi, una maniera per arginare gravi problemi.

24/12/2021

Un buon vecchio Natale di Washington Irving

Questa settimana Andrea Brattelli si cimenta con il nostalgico The Old Christmas, il racconto di un Natale trascorso in un vecchio maniero di campagna. L'autore è Washington Irving. Nato a New York nel 1783 e pioniere della letteratura umoristica statunitense e della ghost story, Irving visse a lungo in Inghilterra ed è conosciuto soprattutto per i racconti Rip van Winkle e The Legend of Sleepy Hollow. Irving possedeva lo spirito dei saggisti del Settecento, una scrittura semplice ed elegante e l'ispirazione tipica degli intellettuali romantici. 



Ho scelto questo titolo da recensire, alla vigilia delle festività, per ovvie ragioni.

Ho preferito parlare dell'opera di uno scrittore diverso da Dickens, molto più gettonato in questo periodo, per non essere banale: molti veri scrittori ogni anno, nel mese di dicembre, pubblicano testi in merito e penso che bastino.

Washington Irving è un autore americano ma questo scritto è ambientato in Inghilterra. Forse il nome non vi risulterà troppo familiare, ma egli è diventato famoso anche per aver scritto La leggenda di Sleepy Hollow... Non molto natalizia come storia!

Quando discuto con i miei amici del suddetto scrittore mi sembra, metaforicamente, di parlare dei Procol Harum e di A whiter shade of pale: di primo acchito nessuno si ricorda di loro... Poi inizi a fischiettare il motivetto... E dai ricordi riemerge una canzone che è un'autentica gemma nata da un'alchimia più unica che rara, che rimane immutata nel tempo, così come le short stories di Irving.

"Un buon vecchio Natale" (Old Christmas) è un racconto sui modi e costumi inglesi riguardanti il Natale e la maniera di celebrarlo.

La storia inizia con il narratore che, passeggiando nella campagna inglese (immagine molto evocativa), incontra un amico il quale lo invita a unirsi alla sua famiglia per la ricorrenza.

Nella prima parte dell'opera il romanziere filosofeggia, raccontando tutto in prima persona mentre cammina, sulle antiche tradizioni natalizie, sul vero significato del Natale di un tempo e sulla decadenza morale ai suoi tempi... Chissà cosa penserebbe dei giorni nostri!

Oppure può darsi che qualcosa dei tempi odierni gli risulti familiare, dato che le pestilenze imperversavano nel mondo, specialmente a fine Settecento...

Tornando a noi, lo scrittore incontra il suo amico Frank ed è da qui che inizia la seconda parte del libro.

I nostri protagonisti vanno a far visita ai parenti e descrivono cosa bevono e cosa mangiano, i vestiti dei commensali e l'uscita per andare in chiesa. Riporto un passaggio:

"Non conosco nulla che, come la musica, abbia effetto sui sentimenti morali e adoro sentire il coro al completo e l'organo che apre un inno natalizio in una cattedrale e riempiono l'intera struttura e il cuore di tanta armonia trionfante."

Leggere questo libricino è come deliziarsi con una cioccolata calda della nonna: assapori una piccola storia di un tempo lontano raccontata con termini a volte desueti.

Forse per noi persone moderne può non significare molto, ma ai tempi, dato che nel 1647 e per alcuni anni a seguire in Inghilterra, Scozia e Galles il Natale fu vietato, questo racconto fece riemergere gli antichi valori di cui si erano riappropriate le persone dopo che il sistema presbiteriano aveva vietato loro ogni tipo di svago e imposto maggiori ore lavorative. Ai tempi sorsero ribellioni in tutto il Paese.

Era ben diversa la situazione rispetto ai giorni nostri, quando nel Natale passato fummo costretti a rimanere divisi a causa del Covid, e, per ironia della sorte, ho recensito un romanzo che affronta temi simili a quelli odierni.

21/12/2021

Marbles di Ellen Forney è molto più di un fumetto sul bipolarismo

Ellen Forney è una psicologa che lavora a Seattle e diventa fumettista negli anni Novanta, in piena epoca grunge. Probabilmente è già affetta da disturbo bipolare, ma questo le verrà diagnosticato solo nel 1997 e la sua opera autobiografica sarà pubblicata nel 2012. 


Marbles. Io, Michelangelo e il disturbo bipolare
è la sua storia, in forma di graphic novel che descrive passo dopo passo una condizione particolarmente comune alle persone creative: Michelangelo, Jeff Buckley, Van Gogh, Sylvia Plath... che però hanno spesso scelto di suicidarsi.

Che cos'è il disturbo bipolare, del quale soffre circa una persona su 100? Un disturbo cronico ad andamento periodico, nel quale si alternano periodi di depressione (con sensazioni di profonda tristezza, mancanza di energia e di interesse) e fasi maniacali, contraddistinte da umore elevato e sensazione di euforia, accompagnate spesso da un'autostima esagerata.
 
In Marbles passiamo dunque dalla diagnosi e dal rifiuto della proposta terapeutica (Forney ha circa trent'anni all'epoca e teme che gli psicofarmaci la possano rendere meno creativa), al continuo cambiamento delle cure in base alla loro efficacia e all'accettazione di uno stile di vita differente dalle consuetudini pregresse dopo una prima fase nella quale l'autrice mente di continuo sulla quantità di alcool e droghe assunta (ed è l'abuso di alcolici a condurre più facilmente a episodi di aggressività), per poi giungere infine a una certa consapevolezza e stabilità. Il finale è pertanto rassicurante e positivo.

I testi e i disegni di Forney risultano immediati e, proprio come la malattia stessa, attraversano varie fasi, dal dramma all'euforia. L'opera è davvero di semplice lettura e consultazione, tanto che potrebbe essere utile alle persone - soprattutto di giovane età - interessate da questa problematica e anche a tutte le altre: una sorta di psico-educazione a fumetti.

17/12/2021

Gorky Park di Martin Cruz Smith

Andrea Brattelli alle prese con un classico del "giallo ai tempi della Guerra Fredda": Gorky Park di Martin Cruz Smith del 1981, diventato un film con William Hurt due anni dopo.



Gorky Park
è un'opera appartenente al genere thriller la cui lettura è molto agevole e piacevole.

Le ambientazioni russe relative alle sedi di polizia e gli scorci di vita quotidiana sono descritti infatti da Martin Cruz Smith minuziosamente ma vengono proposti in modo da non creare intoppi, come solo un capace scrittore verista sa fare. Sembra che il narratore si sia documentato molto, anche sulle tecniche di procedura investigativa. Non mancano lampi di ironia di tanto in tanto.
 
A differenza di altre recensioni, stavolta voglio raccontare un po’ la trama, senza spoiler, per cercare di trasmettervi meglio le mie impressioni.

Arkady Renko, ispettore capo di polizia, viene chiamato per indagare sulla morte di tre persone i cui cadaveri sono stati trovati sotto una coltre di neve nel Gorky Park di Mosca. Bisogna rintracciare il killer ma i problemi deriveranno anche dal KGB, dalla CIA e dall’FBI che all’interno hanno uomini appartenenti a frange deviate che ordiscono sordidi intrighi.

Il protagonista viaggerà in lungo e in largo e quindi Gorky Park si potrebbe definire anche un romanzo di “avventura”.

Nel commissariato russo la mattina si incrociano uomini che sembrano tutti uguali in divisa ma ognuno di loro ha caratteristiche caratteriali diverse e tra le più variopinte: sembra di essere in un mercato rionale.

C’è chi fa il suo lavoro con dedizione e passione e, la mattina dopo il turno di notte, con occhi bassi corre verso casa perché non vede l’ora di andare a dormire. Chi interroga i suoi informatori, chi si indigna per promozioni altrui non meritate, chi litiga, chi messo di fronte alle proprie responsabilità addossa le colpe ad altri ecc.

La stazione di polizia è l’anticamera della città che presidia, gremita di squallide caffetterie frequentate da avvocati alcolizzati e nomadi "caciaroni" alla guida di pacchiane auto di lusso conquistate con l’usura che scorrazzano per la metropoli.

Il KGB non ammette che trapelino, durante le indagini portate avanti con altri dipartimenti internazionali, informazioni che possano mettere in cattiva luce il governo russo quindi l’indagine di Renko può essere chiusa in qualsiasi momento da esperti insabbiatori di indagini e carte.

La sorte dei poliziotti moscoviti è, in genere, particolarmente infelice.

Se la gelida Mosca è ciò che rende le atmosfere della prima metà di questo libro claustrofobiche, è dalla seconda metà che Smith dimostra la sua brillantezza. I nemici di Renko lo raggiungono e lui viene gravemente ferito. Viene mandato a sud per riprendersi in un ospedale dove è l'unico paziente. Prigioniero e paziente al contempo, viene interrogato senza sosta, ma non cede. Il maggiore Pribluda viene mandato a sorvegliarlo e, seguitando a leggere, ci accorgeremo che Renko e quest’ultimo ufficiale sono uno la nemesi dell’altro.

Nel culmine ci troviamo a New York. Il KGB vuole che venga restituito qualcosa di prezioso per la Russia. E L'FBI? Cosa vuole? Ancora una volta, Arkady Renko deve fare tutto il possibile per mantenere intatta la sua integrità morale e fisica e rimanere quindi in vita. Di nuovo vediamo una simmetria tra il detective e l'assassino che ha inseguito dall'altra parte del mondo.

Gorky Park è il manifesto di una Russia che cambia, il testamento di un uomo valoroso che cede ai posteri tenacia, coraggio e analisi peculiari di investigazione; egli non esclude infatti il coinvolgimento della mafia nel crimine perché afferma, senza ironia, che sarebbe inimmaginabile che i criminali non possano operare nel sistema sovietico.

Impianti desueti, che designano la fine della civiltà, proiettano ancora la propria ombra su un capitalismo nascente nel quale i lupi mangiano gli agnelli, accompagnando il tutto con fiumi di alcool che causano sbornie usate come capri espiatori per nascondere la crisi in corso.

10/12/2021

Sotto accusa. Il libro tratto dal film con Jodie Foster

Questa settimana Andrea Brattelli, ispirato da alcuni post in occasione della giornata mondiale contro la violenza sulle donne, parla di un soggetto di grande impatto: Sotto accusa, il libro di Deborah Chiel tratto dal film omonimo diretto da Jonathan Kaplan che narra di uno stupro di gruppo, delle vicende processuali e della responsabilità del branco. "È un film interessante perché pone la domanda su che cosa è la responsabilità sociale di un fatto", disse all'epoca Jodie Foster. *Ringrazio Andrea per avermi fatto scoprire la terribile storia di Cheryl Araujo che ha ispirato il film: trovate un link nel testo.



Il libro in questione segue la sceneggiatura del film omonimo; il primo differisce per numero di personaggi secondari e per le tempistiche processuali.

Qualche curiosità: Kelly McGillis, l'attrice che nel film interpreta la parte dell’avvocatessa, è stata vittima di abusi. Il film e il libro sono basati sulla storia vera di Cheryl Araujo* e Jodie Foster vinse l’Oscar per la sua straordinaria prova di recitazione.

Il corpo del romanzo si evolve maturando in tre fasi: silenzio, crimine e complicità. Quest’ultima sancisce l’unione nelle avversità tra l’avvocatessa e la donna stuprata e quella che c’è stata tra gli uomini che l’hanno abusata e coloro che hanno guardato e sono rimasti in omertoso silenzio.

Prima di addentrarmi nella recensione vorrei riportare qualche dato statistico per far comprendere la gravità reale della situazione odierna. Lo so, sarebbe meglio alla fine, ma la matematica che vi è dietro a certi fenomeni potrebbe risultare noiosa e se inserissi dei numeri dopo “i titoli di coda”… Dite la verità: non ve li filereste di striscio, come si suol dire.

In America viene segnalato uno stupro ogni sei minuti.

Una vittima di stupro su quattro viene aggredita da due o più assalitori.

Per fortuna tutto ciò risulta chiaro nel film, senza equivoci di sorta; la casa editrice del libro, la scrittrice, il regista del film, Hollywood stessa non si sono opposti allo sviluppo di certe scene: non hanno edulcorato la realtà come di solito accade in questi casi, in cui anche le tragedie devono avere il sapore e l’odore di gomme da masticare alla fragola e vaniglia, di quelle usate dalla protagonista, invece che esserti sputate letteralmente addosso.

Sarah, una ragazza che beve, fuma, ha comportamenti disinvolti e disinibiti viene presa brutalmente e stuprata da tre uomini in un bar che se la caveranno con un’accusa minore.

Vengono però condotti in tribunale anche gli incitatori, che non hanno partecipato attivamente agli abusi, per “sollecitazione al crimine”.

Nell’opera vengono trattate alcune questioni sociali scomode e complesse. Il metodo del patteggiamento in tribunale, specialmente in questo caso, risulta squallido come il locale in cui si consuma il crimine: lascia del disgusto al sapore di alcool e sigarette.

La protagonista, pur nella sua limitata cultura e scarsa possibilità economica (fa la cameriera nel bar) capisce che giustizia vera non è stata fatta e lei ha la voglia e il compito di esigerla per chiunque un domani si possa trovare nella sua situazione.

La figura del procuratore Kathryn Murphy, all’inizio ingessata nei suoi abiti inamidati da integerrima donna di legge, durante lo svolgimento della narrazione pian piano esce allo scoperto: sveste i panni di giudice superficiale ed entra in quelli di un avvocato il cui primo dovere è assicurarsi che venga fatta giustizia.

La sua anima, come quella di noi lettori, straripa letteralmente e ci si strappa dal cuore come la camicetta di Sarah presa con violenza quando, raccontando lo stupro, lei esclama: "Era dentro di me."

La scena del crimine è riportata magistralmente; straziante e assolutamente convincente.

"Lo stupro", come riporta Elaine Hilberman sul “The Journal of Psychiatry”, è "un atto di violenza e umiliazione in cui la vittima sperimenta una paura travolgente e teme per la sua stessa esistenza. Sussiste inoltre un profondo senso di impotenza che pochi altri eventi nella vita possono eguagliare. Lo stupro è l'ultima violazione del sé."

Questo scritto vuole rendere chiara questa definizione ed è la prima opera a immergersi nel suddetto tema, abbattendo le barriere per consentire una discussione ampia sulla colpevolizzazione delle vittime e su come lo stupro viene trattato nei tribunali, nei media e nella società in generale.

03/12/2021

Viaggio allucinante di Isaac Asimov

Stavolta Andrea Brattelli ci parla di un classico della fantascienza, un romanzo molto diverso dalle sue "solite" scelte, tano che ammette candidamente di non amare il genere: un'occasione in più per avere un diverso punto di vista. 



Il libro che mi accingo a recensire questa volta è stato scritto da Isaac Asimov sulla base della sceneggiatura del film Viaggio allucinante. In genere la fantascienza non mi piace (è una semplice questione legata al gusto personale, nulla più), ma ogni tanto leggo qualcosa del famoso e prolifico scienziato, perché essendo stato egli realmente un ricercatore ho sempre da imparare qualcosa dalle sue produzioni, riflettendo sul suo approccio filosofico alle discipline scientifiche.

Se dovessi riassumere in poche parole quest’opera la definirei “un libro di biologia e fisiologia umana con scene d’azione”.

Lo scritto è diviso in capitoli i cui titoli ci orientano sul percorso che avrà la navicella nel corpo umano.

Ho visto anche il film che, lo scrivo sinceramente, mi è piaciuto più del libro, forse perché la traduzione dall’inglese all’italiano di quest'ultimo non è delle migliori. Indubbiamente però gli effetti speciali, considerata l’epoca in cui è stata girata la pellicola, sono sbalorditivi.

Il protagonista, Grant, è l’unico uomo dell’equipaggio che non sa nulla di medicina (è infatti un poliziotto delle forze speciali) ed è per questo che il racconto è narrato in terza persona: il nostro eroe non potrebbe raccontarci nulla del viaggio, in quanto non sa dove dirigere il sottomarino e che cosa gli scienziati stiano osservando.

Di tanto in tanto è Michaels, un altro esploratore, che prende la parola per descrivere una delle loro azioni in modo che il lettore capisca.

Tuttavia il libro non è noioso, dato che non si elencano pedissequamente termini e procedure mediche; piuttosto però, come ho asserito in precedenza, questo alternarsi di voci fuori campo che si alternano durante la narrazione nella versione italiana risulta un tantino stucchevole.

La suspence comunque è preponderante per tutto lo svolgimento della storia. Si consideri che se già dal principio un militare viene scelto per capitanare un'équipe di scienziati, si comprende che il suo reale contributo alla missione è nullo, ma ciò sta anche a significare che il Governo degli Stati Uniti deve risolvere un intrigo internazionale, con le dinamiche di ogni film d’azione e di spionaggio che si rispetti; come in un'avventura di James Bond.