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La cavale, di Albertine Sarrazin

Andrea Brattelli parla del secondo romanzo di Albertine Sarrazin , scrittrice morta nel 1967 a soli 29 anni dei quali ben 8 trascorsi in car...

31/03/2023

Un ermellino a Cernopol di Gregor Von Rezzori

Andrea Brattelli, nella sua sconfinata cultura, tira fuori un asso dalla sua sconfinata manica e ci presenta uno scrittore austriaco nato nel 1914 nella Bucovina, agli estremi confini di un Impero austroungarico ormai al limite e morto nel 1998 in Italia. Gregor von Rezzori, a differenza di altri scrittori, ha saputo guardare alla fine di un'epoca con ironia. Adatto a un pubblico esigente.


Quante volte leggendo un libro oppure guardando un film abbiamo letto o udito una voce fuori campo che commenta la scena che si sta svolgendo sotto i nostri occhi?

A Cernopol questa entità è rappresentata dalla “risata” elevata dall’autore a sapiente polifonia, forma d’arte popolare che rende la città vivace e così appare vivida ai nostri occhi.

Questa piccola Sodoma è la vera protagonista del romanzo, squallida e provocatoriamente arretrata, palesemente inventata da Gregor seppur rappresenta un distillato di un certo numero di paesini post imperiali dell’Europa orientale.

Nikolaus Tildy è il nostro eroe, un affascinate ussaro ungherese di sangue blu arrivato lì dopo la fine della Prima Guerra Mondiale apparendo dal nulla; percorre la cittadina in lungo e il largo e non ha senso dell’umorismo. Trovata narrativa dello scrittore quest’ultima un po’ ingenua, contestualizzata ai giorni nostri e non per quei tempi (fine anni '50, periodo di pubblicazione dell’opera) che, in questo modo, vorrebbe contrapporre l’austerità del personaggio agli usi e costumi di un luogo abitato da buontemponi per farne scaturire scene ilari che si susseguono da questo avvicendamento di contrapposizioni.

Rezzori condivide la passione di un altro scrittore, Miguel de Cervantes, per lo spettacolo profuso dalle fragilità umane, tra le quali vi è l’orgoglio che spicca tra tutte.

Dove Don Chisciotte vedeva i mulini, Tildy ora osserva e scruta coloro che se ne infischiano delle regole, ma egli stesso vìola quella principale: non vi sono più le leggi di un tempo, di un impero austro ungarico che non esiste più. L’era moderna è ai suoi albori e il protagonista è scaldato dal tepore dei suoi raggi di luce che illuminano il suo cammino cadenzato dal codice cavalleresco che è l’unica strada da percorrere per non assuefarsi alla mediocrità.

Per comprendere questa filosofia dobbiamo fare un passo indietro e soffermarci a conoscere il ruolo che ha avuto a suo tempo il narratore: era un rifugiato dalla trasfigurazione sovietica della sua patria, e, come tale, il cronista di un mondo andato perduto due volte: nel rimpiangere la sua infanzia, egli lacrima a causa di un modo di vivere nella volgarità che viene celebrata in questo scritto.

La sua Cernopol è un luogo grottesco, egoista come lo stato di polizia che si accinge a dominerà tra le sue mura.

Le simpatie di Rezzori sono più evidenti nel cast bizantino di comprimari del romanzo, per i quali l'autore non risparmia la maggior parte del suo affetto. Nella prima metà di Ermellino, durante la quale il narratore e i suoi fratelli sono ancora bambini, egli introduce come personaggio la vedova Morar, spettacolarmente brutta e dai denti d'oro, che racconta a tutti la storia del suicidio di suo marito, che ha pazientemente osservato attraverso un buco della serratura; vi è poi il viscido prefetto “Herr Tarangolian”, un Mefistofele dell’urbanistica , che indossa "un berretto sgualcito, a forma di melone" con paraorecchie che spiccano "come un paio di ali".

Per quanto divertente possa essere la trama ben congegnata e la galleria di personaggi sapientemente dipinti, i piaceri più intensi di Un ermellino a Cernopol risiedono nelle sue digressioni. Alcune di queste sono virtuosismi legati a prolissi periodi al pari di quelli presenti ne Alla ricerca del tempo perduto, come, ad esempio, quello dedicato all'estetica della guerra argomento che, alla fine, occupa un intero capitolo; altre si interrompono bruscamente, in maniera lapidaria. 

Quale è tra queste la digressione che più mi ha insegnato e che potrebbe riassumere il significato del libro? Forse questa: "A volte incontriamo qualcosa che corrisponde a una di quelle immagini essenziali che portiamo dentro di noi, come la rifrazione iridescente nel vecchio vetro, la cui luce fa capolino dentro di noi, anche solo per il tempo di un battito cardiaco, scatenando un lampo di magico di splendore, che è fugace come un'eco e completamente fuori dal nostro controllo".

28/03/2023

Nana Kwame Adjei-Brenyah, Friday Black

Nana Kwame Adjei-Brenyah è nato nello stato di New York da genitori ghanesi. Allievo di George Saunders all’Università di Syracuse, oggi Adjei-Brenyah, che cita come principale riferimento Toni Morrison, insegna a sua volta scrittura creativa. Nel 2018 è stato selezionato da Colson Whitehead tra i migliori scrittori esordienti USA under 35. 

«Amo le storie brevi. Mi piace pensare che un singolo libro possa essere allo stesso tempo tante cose diverse». E nei suoi dodici racconti, pubblicati in Italia nel 2019 sotto il titolo Friday Black, si affacciano più generi, dal dramma al distopico, dal surreale all'horror con un tocco di satira. Se fosse un regista, il suo stile sarebbe probabilmente simile a quello di Jordan Peele. 



Il libro si apre con I 5 della Finkelstein: un giovane, che cerca di dissimulare la propria "nerezza", viene arruolato in un gruppo segreto che colpisce a morte vittime bianche per vendicare l’uccisione di cinque ragazzini afroamericani. Il soggetto riprende l'idea di Canto di Salomone di Toni Morrison e il discorso di Boogie all’amico ricorda uno scambio di battute di BlacKkKlansman. Il racconto è ispirato all'uccisione di Trayvon Martin da cui ebbe origine il movimento Black Lives Matter.

Nel racconto L’Era si immagina un futuro prossimo nel quale vige l’ottimizzazione prenatale (come in Gattaca), che garantisce ai genitori di avere figli vincenti, non degli "occhibassi". In questa società viene somministrato quotidianamente il Bene, una sostanza chimica che dona benessere e successo. Il protagonista è un ragazzo "sottodotato" ed emarginato, nato in una famiglia con capacità superiori alle sue; in questo racconto emerge un vero e proprio neolinguaggio.

Il racconto più toccante è Lark Street: un giovane riceve la visita di due piccoli feti insanguinati, che sarebbero diventati i suoi figli. Una storia che attraverso la fantasia ci sbatte in faccia la realtà dell'aborto con tutto quello che ne consegue.

Molto emozionante è anche L’ospedale, nel quale un giovane scrittore fallito ha fatto un patto con il Dio dalle Dodici Lingue per raggiungere il successo letterario, ma si ritrova a non aver ancora pubblicato nulla e inoltre deve portare il padre anziano al pronto soccorso. Qui l'autore utilizza la fantasia per sdrammatizzare la realtà ospedaliera fatta di burocrazia, malattia, dolore, attesa e morte.

In Zimmer Land, degno di Black Mirror, si immagina un parco a tema nel quale i cittadini bianchi possono simulare di uccidere i dipendenti di colore. Il nome del parco è ispirato a George Zimmerman, l’uomo assolto per l’omicidio Martin.

Nel racconto Sputi di luce il protagonista Lardoman, un giovane emarginato, spara in testa a una ragazza afroamericana e poi muore. I loro fantasmi cercano di prevenire un'altra strage; la storia diventa una metafora sul perdono e sull'accettazione della morte. 

In Dopo il lampo in seguito a una catastrofe nucleare un loop temporale costringe, ogni giorno, gli abitanti di una cittadina a ripetere la propria fine, con in più la consapevolezza dell'inferno che stanno vivendo di continuo.

E poi, naturalmente, c'è il racconto che dà il titolo alla raccolta: Venerdì nero (ma gli stessi personaggi e le stesse dinamiche si trovano anche in altri segmenti). La storia è una palese satira sul consumismo statunitense, con acquirenti e commessi paragonati a orde di zombie. Il titolo si riferisce al black friday americano, la giornata che apre gli acquisti natalizi a fine novembre.

La distopia diventa qui uno strumento per indagare le disuguaglianze e le incoerenze della società, e per sottolineare i rischi derivanti dall'abuso delle armi, dall'eccesso di tecnologia e burocrazia, dal consumismo sfrenato. Un libro politico. Un libro che consiglio.

24/03/2023

Suttree di Cormac McCarthy

Andrea Brattelli parla di Suttree di Cormac McCarthy e ci spiega perché dovremmo leggerlo per primo. Personalmente, in aggiunta ai libri citati da Andrea, consiglio la Trilogia della frontiera e Non è un paese per vecchi, oltre a Il buio fuori che è in qualche modo l'anticipazione di La strada.

Nonostante nel nostro paese sia stato pubblicato in italiano a mio parere sin troppo tardi rispetto ad altre sue opere, penso che il libro di Cormac McCarthy Suttree debba essere letto per primo rispetto a tutti gli altri del medesimo autore. Solo in questa maniera, penso, ci si abituerà sin da subito ai paragrafi densi, trasudanti, traboccanti parole congiunte tra di loro in maniera non convenzionale per evocare sogni febbrili di anime angosciate che si contorcono come vermi o perché stremate dalla morte o anelando del sesso selvaggio. 

Ci si deve approcciare col giusto stato d’animo a questo scritto. Mi piace considerare questo narratore come un antidoto ai romanzieri che si immaginano, nel dipingere i loro personaggi e nel creare le loro storie, come esseri alacri al di sopra di tutto, di ogni cosa, forse addirittura del loro stesso mestiere e pensano che per loro debba essere coniato un altro significato del termine scrittore; McCarthy ha la capacità di inventare parole nuove che surclassano il racconto e i personaggi stessi delle vicende.

Quando il protagonista entra in scena deve farlo ostentando la boria degli uomini d’onore anni '20 con le loro cravatte sgargianti dai nodi troppo grossi altrimenti, talvolta, potrebbe passare in secondo piano. L’arroganza però scompare con la stessa rapidità con cui arriva e la sua immagine nella vicenda prorompe con la stessa violenza di un colpo di nocca sulla testa, incastonata in una prosa laboriosa dallo scrittore. 

In un umorismo nero che permane per tutto il romanzo Suttree peregrina lungo il fiume Tennessee e si immerge nei i bordelli e nelle baraccopoli di Knoxville degli anni 50. Egli proviene da una buona famiglia, ha una moglie e un figlio che, per ragioni ignote, abbandona per andare a vivere una vita da semi vagabondo. Egli è la “voce” centrale del romanzo come lo è anche il ricordo della moglie che come acufene gli ronza sempre nelle orecchie e quindi nella testa: "Ricordati i suoi capelli al mattino; prima erano arruffati, neri, rampanti, selvaggi di bellezza. Come se dormisse in una tempesta perpetua".

L'inferno descritto da McCarthy è popolato da personaggi alquanto bizzarri (vecchi redivivi buttati agli angoli della storia come strumenti da guerra arrugginiti da una civiltà distratta e menefreghista, figure giacenti in fosse comuni in cui la notte che mai termina li trasforma in pendii remoti di paesaggi che non visiteremo mai) che mi fanno pensare ai minatori di Ciàula scopre la Luna. Si pensa che gli inferi siano già scavati nelle profondità della terra a sufficienza ma Gene Harrogate, uno dei protagonisti, continua nel cercare di entrare sotto le viscere di Knoxville per dei suoi loschi affari. Si accorgerà forse troppo tardi che i concetti che esprimiamo nel nostro mondo sono chirali* rispetto a quelli degli abissi delle caverne dove non hanno più senso i nostri ragionamenti.

Se avete già letto qualche libro di questo autore americano posso scrivervi che questo in particolare può essere inteso come un romanzo di Faulkner, alla stregua di una narrazione gotica dell’America del sud a metà strada tra Meridiano di sangue e The Road in cui vi è poca o nessuna misericordia per i personaggi che cavalcano su una via sporca e dissestata come può sembrare di primo acchito la prosa di questo libro... E, con in più, uno stupratore di cocomeri...

[Dalla Treccani. Chiralità: proprietà di figure geometriche, di gruppi di punti o, in generale, di sistemi, non sovrapponibili alla propria immagine speculare.]

17/03/2023

New Orleans Sketches di William Faulkner

Andrea Brattelli affronta i sei racconti di William Faulkner contenuti in New Orleans Sketches, titolo che ben rappresenta l'approccio del giovane scrittore alla narrativa, dopo essersi dedicato alla poesia. In essi emergono già lo stile del Faulkner successivo, scarno ma avvolgente, il frequente ricorso al simbolismo cristiano e i personaggi a lui cari: gli ultimi, spesso trascurati dalla Storia ma sempre protagonisti della letteratura che non li dimentica.


Sembra di vederlo il giovane Faulkner mentre, affacciato alla finestra della sua stanza nella pensione dove alloggia, cerca ispirazione per capire come piantare i semi che avrebbero messo poi radici nelle sue opere successive. Lo scrittore respirava l’odore stagnante che saliva su dal Vieux Carré (quartiere francese): una baraccopoli della classe operaia dove la gente parlava francese tanto spesso quanto l'inglese. Le loro voci venivano trasportate dal vento, lo stesso che piega le spighe di grano evocato nei ricordi sotto un cielo azzurro e un velo di polvere; lunghe distese di terra dove la fatica per procacciarsi il cibo e il bisogno di dormire colmavano la vita degli uomini.

Le donne calavano i cestini in strada ai droghieri che li caricavano di cibo e aggiungevano una bottiglia di gin. Artisti e scrittori si erano riversati nella zona, sedotti dai suoi affitti economici. Oliver Lafarge aveva scritto lì il suo Laughing Boy, vincitore del premio Pulitzer; Sherwood Anderson iniziò a creare lì come anche Theodore Dreiser, Alice B. Toklas, Gertrude Stein e Bertrand Russell. Faulkner, nonostante gli sproni di Anderson, faticava invece ancora a carburare.

L'élite sociale viveva a monte nelle grandi case di St. Charles e nel Garden District. Lì le cameriere ceravano le grandi sale da ballo sedendosi sugli asciugamani e scivolando sul pavimento...

Il colore di questi racconti ricorda il suono caldo dei sassofoni che suonavano musica jazz, nata dal profondo delle viscere della città; il suo ritmo emerse dalla giungla africana per giungere in seguito in Congo Square, per poi diffondersi nei bordelli di Storyville, dove suonarono Jelly Roll Morton e la band “Spasm”.
 
I temi trattati in questa raccolta graffiano la superficie di New Orleans e si relazionano con la gente del luogo. Dal fascino semplice e genuino, le storie non potevano essere colte nel loro significato morale neppure dagli intellettuali del tempo, ritenute, sovente, troppo arzigogolate nella struttura.

Da acuto osservatore, dalle vetrine dei caffè in Jackson Square, lo scrittore statunitense annotava i gesti, i modi di fare del volgo come un ritrattista si approccia ad un primordiale bozzetto con la sua pencil. Il narratore tralascia aspetti che, da profani, potremmo ritenere importanti, per concentrarsi invece su tratti insignificanti del volto, ad esempio, che sono però il fiore all’occhiello del soggetto perché quei solchi raccontano del suo passato e tra i petali siamo noi lettori che dobbiamo scovare il significato di certe scelte tra i vari motivi appena accennati; forse la verità non ci si paleserà con nitore come ci aspettiamo che accada.

Il realismo poetico di William Faulkner, il simbolismo religioso, la trascendenza, fanno capolino in questi scritti, tutti vagamente trattati. I bozzetti forse possono essere compresi appieno solo da chi ha iniziato a conoscerlo attraverso le sue opere più importanti come L’urlo e il furore per citare uno dei suoi libri più famosi e reperibili tuttora facilmente in commercio. La prosa netta, limpida, ricca di atmosfera per quanto esile nella sua brevità ma di uno spessore pregnante come l’odore che giunge al nostro naso quando si stappa una bottiglia di rum non edulcorato ci fornirà le basi anche per comprendere i racconti di Anderson. 

Ciò che più emoziona è che questa raccolta per quanto mi riguarda assume lo stesso significato della foto scattata da Elliott Erwitt negli anni 50 dentro una toilette che ritrae un tubo che porta la stessa acqua in due punti distinti: doveva essere bevuta da fontane diverse, una ad uso delle persone di colore, l’altra per i bianchi. Le esperienze narrate in questo libricino infatti sia che vengano scritte da un futuro premio Nobel, piuttosto che espresse attraverso il blues nei bassifondi, cantano con la stessa intensità l’anima di una cittadina intera, fonte di ispirazione per futuri grandi scrittori dalla cui creatività sgorgarono romanzi intramontabili.

10/03/2023

George Orwell, 1984

In questo periodo, sfruttando l'attenzione reazionaria riservata al politically correct - definizione (ab)usata per qualunque cosa, da sacrosante necessità di cambiamento sociale a opinioni personali bizzarre spacciate da scaltri giornalisti per tendenze dell'intera (sigh) "lobby woke" - alcuni autori sono soggetti a riscritture queste sì indecenti, che poco hanno a che fare con il politicamente corretto e tanto con strategie di marketing. Andrea Brattelli ha quindi deciso di rispolverare un grande classico del complotto: 1984 di George Orwell, che ci accompagna anche negli attuali venti di guerra.



Leggere 1984 sin dalle prime righe ci porterà a incupirci; è un romanzo che narra di un futuro distopico nel quale i comuni cittadini sono oppressi da una sorta di “super stato”. Di primo acchito potrebbe essere intesa come un’opera in cui si mostrano gli effetti di un cattivo uso reiterato della tecnologia che porterà ad una sorveglianza tecnologica indiscriminata di massa, in realtà è un libro in cui si rappresenta e si sviscerano tutti i lati negativi di un potere ed una politica dittatoriale e totalitaria.

Per capire meglio il perché Orwell abbia scelto di trattare certe tematiche dovremmo fare un “passo indietro”, come si suol dire e analizzare il contesto storico nel quale è stato concepito questo scritto. Pubblicato nel 1949, fu redatto all'indomani della Seconda Guerra Mondiale quando la cortina di ferro era scesa sull'Europa orientale e Stalin stava salendo al potere. Era anche un periodo in cui il comunismo si stava diffondendo a livello globale, agguantando in una morsa gran parte dell’ Asia. La minaccia di una guerra globale era plausibile, questa volta con la temibile prospettiva di un uso sconsiderato di armi nucleari.

I vetusti imperi europei erano crollati, il fulcro del potere occidentale si era spostato negli Stati Uniti e la Gran Bretagna doveva ancora sviluppare le proprie armi nucleari; la Seconda Guerra Mondiale l’aveva infatti sbattuta al tappeto, economicamente parlando.

Lo stesso George Orwell era un socialista disilluso. Profondamente impegnato nell'economia socialista, ma fortemente contrario al comunismo e alle sue tendenze totalitarie, detestava, in particolare, il comunismo in stile sovietico di stampo staliniano.

L'effetto di tutte queste ansie personali (Orwell), e problemi nazionali (Gran Bretagna e quasi tutto il resto del mondo) si ripercuotono sulla storia. Tuttavia, mentre le rivoluzioni socialiste sono il veicolo utilizzato per spiegare come è nata la struttura politica di 1984, i temi centrali della storia funzionerebbero ancora se si utilizzasse un esempio ideologico diverso, cioè il capitalismo oligarchico estremo.

È un libro sul potere politico che schiaccia la vita degli individui, quindi tutto ciò che rappresenta è assimilabile ad un meccanismo, con tanto di disegni tecnici e didascalie che illustrano come concentrare il potere politico nelle mani di pochi a spese di una popolazione a cui sono stati già tolti tutti i diritti. Il problema è l'incessante accumulo di potere fine a se stesso. La narrazione si svolge sotto il punto di vista di Winston Smith, un membro di basso livello del partito che lavora nel “Ministero della Verità”. I dettami di questa organizzazione sono riportati in calce proprio sopra l’ingresso del Ministero:

"La guerra è pace
La libertà è schiavitù
L'ignoranza è forza"


Il mondo di Winston è quello in cui non c'è verità oggettiva, solo "fatti" approvati dal partito. Questo futuro ha le sue fondamenta su un trono di menzogne e le chiappe dell’oppressione totalitaria sono ben salde su questa poltrona d’oro. La verità è solo la versione che meglio si adatta ad una o più diverse situazioni, di volta in volta.

Per fare un esempio, nel romanzo si fa riferimento a una guerra che da decenni è in corso tra tre “superstati”. Questi ultimi ogni tanto si alleano senza una ragione apparente ma la storia ufficiale riporta che le alleanze non ci sono mai state o non vi sono mai stati cambiamenti. Il protagonista allora inizia a dubitare dell'esistenza del conflitto e poiché non è mai stato visto, vissuto da nessun, potrebbe avere ragione. Egli comincia quindi a sospettare che la guerra potrebbe essere semplicemente un altro strumento di partito per mantenere l'unità sociale. Uniti contro un nemico comune.

La minaccia di una guerra globale contro due super stati rivali consente, in un certo lasso di tempo, di costringere i cittadini a tollerare attacchi sempre più pervasivi alle loro libertà individuali a sostegno dello sforzo bellico. Si insinuano in loro la paura di perdere la guerra e di essere schiavizzati da invasori stranieri. Solo la lealtà totale al partito potrà scongiurare questo destino.

Forse la vera paura che si insinua nella nostra mente a fine lettura di questo romanzo distopico è che il controllo completo di un'intera nazione sotto uno stato totalitario è perfettamente possibile. Se il mondo cadesse sotto il controllo di uno o anche più dittatori, il futuro potrebbe facilmente diventare un mondo contorto e crudele in cui ogni movimento, parola, respiro è scrutato da un potere onnipotente e onnipresente che nessuno potrà mai fermare o addirittura opporsi mettendo in pericolo la propria vita.

07/03/2023

Cat person di Kristen Roupenian

In Italia forse il nome di Kristen Roupenian non è molto noto ma, nel 2017, il suo racconto Cat person diventò virale sui social, anche grazie al #MeToo, dopo la pubblicazione sul New Yorker. Ne è stato tratto un film, presentato al Sundance 2023, che dalle anticipazioni sembra tradire lo spirito del racconto originario. In occasione dell'8 marzo, ho scelto di parlare di questa raccolta d'esordio della scrittrice (il titolo originale è You know you want this: tutto ruota attorno al consenso troppo spesso presunto) proprio perché i suoi racconti esprimono un ampio raggio di emozioni all'interno della relazione tra sessi, a iniziare dalla sensazione di disagio che si prova leggendo il libro.


Parto proprio dal racconto principale, che è stato oggetto di numerose recensioni anche feroci, e che è stato segnalato per aver parlato di particolari riguardanti persone realmente esistenti: qui la denuncia della ragazza che si è riconosciuta nella protagonista del racconto. Questo inizia con una studentessa al secondo anno di college che lavora come cassiera in un cinema dove uno dei clienti abituali è un uomo più grande, col quale prende a flirtare quasi per caso. Il flirt è uno dei tanti dettagli di genere, a volerlo cogliere come fa Aram Mrjoian: "Cat person si basa su come le giovani donne sono condizionate a presentarsi socialmente e sessualmente disponibili nelle industrie dell'ospitalità e dei servizi, in particolare per una clientela più anziana e finanziariamente sicura".

Da qui nasce una frequentazione virtuale durante la quale la ragazza si sente troppo giovane e anonima per poter interessare a un uomo più grande che però non sembra particolarmente bello né coinvolgente, tanto che mi sono chiesta più volte: allora perché lo desidera? I due si vedono, c'è un bacio tremendo, poi addirittura del sesso terribile, e in ogni momento continuavo a chiedermi perché lei non si sottraesse a un incontro tanto deludente. Per questo il racconto è avvincente: perché descrive con precisione luci e ombre dell'essere umano.

Quante volte facciamo le cose per noia? Quante volte una persona arriva a manipolarci in modo talmente perfetto da non rendere la cosa minimamente visibile? Entrambi i protagonisti della vicenda sono sgradevoli, ma anche assai realistici. Quello che è certo è che alla fine, quando la ragazza mette in atto il ghosting come strategia di allontanamento, accade un'altra cosa molto verosimile: "l'invasione", come la definisce Mrjoian, del bar, un suo spazio personale, da parte dell'uomo scaricato che poi fa seguire gli immancabili insulti al telefono.

Nella raccolta ci sono molti altri racconti tutti differenti tra loro, anche nel genere: non a caso, tra le sue fonti di ispirazione Roupenian indica Stephen King, Angela Carter, Shirley Jackson e Joyce Carol Oates. 

Il pezzo iniziale, Ragazzaccio, è un dramma che assume tinte horror; la coppia manipolatrice è vomitevole quanto lo sarà la protagonista di uno degli ultimi racconti, Non avere paura, incentrato sul potere degli incantesimi. Look at your game, girl, è una storia parecchio ansiogena ambientata nel periodo del rapimento di Polly Klaas. Sardine è un gioiellino horror che vi farà vedere le feste di compleanno in un modo completamente diverso. Il corridore notturno oltre al disagio provoca un forte senso di disgusto, accompagnato però a un'atmosfera tribale e mitica che lo ammanta di un fascino particolare. Lo specchio, il secchio e il vecchio femore è una fiaba orrorifica che dimostra tutto l'amore dell'autrice per Angela Carter. 

Il bravo ragazzo e Voglia di morire evidenziano la mancanza di empatia dei protagonisti maschili nella gestione delle relazioni con le donne: il primo sembra un racconto su un redpill ripulito, il secondo si interroga sulla crisi di coscienza che dovrebbe scatenarsi davanti a richieste di bdsm estremo da parte di persone sconosciute agganciate sui social. Il ragazzo della piscina rappresenta un momento di leggerezza e di nostalgia di un passato adolescenziale in un libro tanto fosco. La prova nel portafiammiferi è uno dei momenti di maggiore approfondimento psicologico: la tentazione di risolvere i problemi medici applicandovi l'etichetta delle malattie psicosomatiche, la scena finale che diventa metafora del reale significato dell'amore. Mordere, il racconto di chiusura, descrive la piaga delle molestie sessuali in ambito lavorativo.

Ad accomunare tante storie all'apparenza diverse, oltre al discorso sulle relazioni tra sessi e sul potere, la mancanza di reale comprensione e comunicazione tra i personaggi. A popolare le pagine del libro, inoltre, sono spesso persone emarginate o irrisolte.

I racconti di Roupenian sono stati ignorati dai giornali più importanti: prima di Cat person, la scrittrice aveva pubblicato solo su riviste di genere come la Body Parts Magazine: The Journal of Horror & Erotica, e la Weird Fiction Review. In pochi giorni, si ritrovò famosissima e ottenne un anticipo di 1,2 milioni di dollari dalla Scout Press per la sua prima raccolta.

La fama tuttavia, come ha spiegato lei stessa, non sempre è piacevole: come ha spiegato Virginia Woolf in Una stanza tutta per sé, troppo spesso si pensa che la scrittura delle donne provenga dall'esperienza e non dall'immaginazione. Roupenian è quindi stata sommersa da critiche per essere stata troppo feroce con il protagonista maschile di Cat person e da dettagliati racconti di situazioni erotiche personali da parte di numerosi uomini rimasti offesi dal racconto. Insomma, una cosa lega la condizione di Roupenian (anche autrice del soggetto del film horror Bodies bodies bodies) a quella dei personaggi dei suoi racconti: che non sempre ciò che si desidera è quello che si vuole realmente e che anche il successo ha i suoi lati negativi.

03/03/2023

T.C. Boyle, Stories II. Il ragazzo selvaggio

Andrea Brattelli, che un anno fa aveva parlato di Morti di salute, torna sull'autore che si definisce “a maniacal, crazy driver, and a punk pure and simple”: T.C. Boyle, stavolta per dedicarsi a Ragazzo selvaggio, un romanzo breve sulla storia di Victor dell'Aveyron pubblicato anche in italiano. 



Tra tutti i racconti presenti in questa raccolta, che seguono un filone comune che analizzeremo in seguito, ne spicca uno in particolare, assimilabile ad un romanzo a dir la verità: il titolo è Wild Child (ragazzo selvaggio). L’opera è una rivisitazione della vera storia di Victor di Aveyron, un ragazzo francese del 1700 trovato nei boschi e che trascorse l’intera infanzia a vivere nelle foreste. Il medico che lo trovò cercò subito di aiutarlo ma non sempre per motivi molto onorevoli...

Questo scritto per quanto concerne le ambientazioni si fonde con gli altri presenti nel libro; la natura selvaggia del giovane e le rappresentazioni rurali e della società del tempo si giustappongono alle descrizioni dei luoghi della California odierna: strade infuocate, frane dovute ad acquazzoni, sole a picco che illumina colline desertiche, ruderi e asfalto, donne sole, uomini che abusano di alcol, immigrati coinvolti in varie vicissitudini, il tutto condito da una morale che spinge a far riflettere il lettore sul fatto che, prima o poi, dovremmo fare qualcosa per preservare la Natura che ci circonda perché troppo spesso abusiamo di lei e di noi stessi, del nostro corpo. Di tanto in tanto tornare alle origini, ad una vita primitiva, non farebbe male e ciò non implicherebbe necessariamente una decrescita.

Noto che T.C. Boyle mostra una sincera preoccupazione nella scienza “eccessivamente d’avanguardia”. Ha il terrore che il futuro distopico di cui scrive in molti dei suoi romanzi faccia capolino da qui a qualche anno nella nostra realtà, investendo la nostra quotidianità, devastando l’ordine sociale, soggiogando le persone tramite l’eccessiva tecnologia e l’ingegneria genetica alla portata di tutti, come se si trattasse di aspirina per il mal di testa. Nelle sue narrazioni si può constatare l’esistenza di talune specie di individui e di animali non autoctone trapiantate in luoghi diversi per esperimenti sociali e ambientali la cui influenza si ripercuoterà in maniera nefasta su tutto il sistema. Questo è ciò che accadrà, ad esempio, con “Mowgli”, protagonista del racconto oggetto del nostro principale discorso. Il dottore che lo ebbe in cura compì esperimenti cercando di far collimare gli atteggiamenti primitivi del giovane con la vita pubblica dell’epoca, cercando di far sposare il suo interesse verso i suoi modi di fare con quello delle nobildonne e gentiluomini dei salotti francesi; i risultati saranno tragicomici.

Non si possono addomesticare individui sottoposti per anni ad una totale privazione di amore, affetto e bisogni primari senza una accurata conoscenza della Psichiatria, disciplina che nel '700 non esisteva ancora.

Lo scrittore quindi ci farà rendere conto che non sarà stato il medico e la sua presunta scienza a causare ulteriori danni all’indigeno delle radure francesi, ma la non conoscenza piuttosto di alcune branche della medicina e degli studi pedagogici e sociali e l’ignorare l’esistenza del principio di sovrapposizione degli effetti. Il tutto quindi si ridurrà all’esposizione di un fenomeno da baraccone itinerante che non riuscirà neppure a riposare al caldo e a nutrirsi adeguatamente perché non gli sono stati insegnati i principi base del vivere civile; tanto valeva lasciarlo in una gabbia dalle inferriate arrugginite.

T.C. Boyle è uno scrittore prolifico, i suoi libri dovrebbero essere tutti tradotti in italiano, riesce a disquisire su molti temi passando dal serio al faceto con eleganza; è un odierno Flaubert ed è bravo quasi quanto Faulkner nel descrivere fiere e paesaggi rurali che mutano con il passare delle ore e al sopraggiungere inaspettato di avvenimenti che sconvolgono gli scenari e l’animo degli indigeni delle zone letteralmente dipinte dalla sua penna.