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Andrea Brattelli parla del secondo romanzo di Albertine Sarrazin , scrittrice morta nel 1967 a soli 29 anni dei quali ben 8 trascorsi in car...

31/03/2023

Un ermellino a Cernopol di Gregor Von Rezzori

Andrea Brattelli, nella sua sconfinata cultura, tira fuori un asso dalla sua sconfinata manica e ci presenta uno scrittore austriaco nato nel 1914 nella Bucovina, agli estremi confini di un Impero austroungarico ormai al limite e morto nel 1998 in Italia. Gregor von Rezzori, a differenza di altri scrittori, ha saputo guardare alla fine di un'epoca con ironia. Adatto a un pubblico esigente.


Quante volte leggendo un libro oppure guardando un film abbiamo letto o udito una voce fuori campo che commenta la scena che si sta svolgendo sotto i nostri occhi?

A Cernopol questa entità è rappresentata dalla “risata” elevata dall’autore a sapiente polifonia, forma d’arte popolare che rende la città vivace e così appare vivida ai nostri occhi.

Questa piccola Sodoma è la vera protagonista del romanzo, squallida e provocatoriamente arretrata, palesemente inventata da Gregor seppur rappresenta un distillato di un certo numero di paesini post imperiali dell’Europa orientale.

Nikolaus Tildy è il nostro eroe, un affascinate ussaro ungherese di sangue blu arrivato lì dopo la fine della Prima Guerra Mondiale apparendo dal nulla; percorre la cittadina in lungo e il largo e non ha senso dell’umorismo. Trovata narrativa dello scrittore quest’ultima un po’ ingenua, contestualizzata ai giorni nostri e non per quei tempi (fine anni '50, periodo di pubblicazione dell’opera) che, in questo modo, vorrebbe contrapporre l’austerità del personaggio agli usi e costumi di un luogo abitato da buontemponi per farne scaturire scene ilari che si susseguono da questo avvicendamento di contrapposizioni.

Rezzori condivide la passione di un altro scrittore, Miguel de Cervantes, per lo spettacolo profuso dalle fragilità umane, tra le quali vi è l’orgoglio che spicca tra tutte.

Dove Don Chisciotte vedeva i mulini, Tildy ora osserva e scruta coloro che se ne infischiano delle regole, ma egli stesso vìola quella principale: non vi sono più le leggi di un tempo, di un impero austro ungarico che non esiste più. L’era moderna è ai suoi albori e il protagonista è scaldato dal tepore dei suoi raggi di luce che illuminano il suo cammino cadenzato dal codice cavalleresco che è l’unica strada da percorrere per non assuefarsi alla mediocrità.

Per comprendere questa filosofia dobbiamo fare un passo indietro e soffermarci a conoscere il ruolo che ha avuto a suo tempo il narratore: era un rifugiato dalla trasfigurazione sovietica della sua patria, e, come tale, il cronista di un mondo andato perduto due volte: nel rimpiangere la sua infanzia, egli lacrima a causa di un modo di vivere nella volgarità che viene celebrata in questo scritto.

La sua Cernopol è un luogo grottesco, egoista come lo stato di polizia che si accinge a dominerà tra le sue mura.

Le simpatie di Rezzori sono più evidenti nel cast bizantino di comprimari del romanzo, per i quali l'autore non risparmia la maggior parte del suo affetto. Nella prima metà di Ermellino, durante la quale il narratore e i suoi fratelli sono ancora bambini, egli introduce come personaggio la vedova Morar, spettacolarmente brutta e dai denti d'oro, che racconta a tutti la storia del suicidio di suo marito, che ha pazientemente osservato attraverso un buco della serratura; vi è poi il viscido prefetto “Herr Tarangolian”, un Mefistofele dell’urbanistica , che indossa "un berretto sgualcito, a forma di melone" con paraorecchie che spiccano "come un paio di ali".

Per quanto divertente possa essere la trama ben congegnata e la galleria di personaggi sapientemente dipinti, i piaceri più intensi di Un ermellino a Cernopol risiedono nelle sue digressioni. Alcune di queste sono virtuosismi legati a prolissi periodi al pari di quelli presenti ne Alla ricerca del tempo perduto, come, ad esempio, quello dedicato all'estetica della guerra argomento che, alla fine, occupa un intero capitolo; altre si interrompono bruscamente, in maniera lapidaria. 

Quale è tra queste la digressione che più mi ha insegnato e che potrebbe riassumere il significato del libro? Forse questa: "A volte incontriamo qualcosa che corrisponde a una di quelle immagini essenziali che portiamo dentro di noi, come la rifrazione iridescente nel vecchio vetro, la cui luce fa capolino dentro di noi, anche solo per il tempo di un battito cardiaco, scatenando un lampo di magico di splendore, che è fugace come un'eco e completamente fuori dal nostro controllo".

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