La scrittrice e conduttrice riesuma (letteralmente!) dal passato letterario alcune scrittrici italiane più o meno conosciute e ne svela le sfumature più inquietanti, in un’antologia che dà lustro a un genere, quello fantastico, che meriterebbe maggiore considerazione da chi lo vede come qualcosa di secondario o come “valvola di sfogo eccezionale” di grandi letterati, perdonabile solo se di contenuto considerato intellettuale; e lo fa scardinando allo stesso tempo il pregiudizio sulla cosiddetta “letteratura al femminile”: che non è (e non era) solo sospiri d’amore e rose rosse, ma anche rantoli e crisantemi.
Nella prefazione, Lipperini ricorda: "C’è uno strano equivoco che, specie negli ultimi anni, coinvolge il romanzo: pretendere che la letteratura racconti la realtà. Tuttavia bisogna cercare, tramite il fantastico, forme di reincanto, tra cui il confronto, continuo, con il Male."
Non sono racconti horror in senso moderno e splatter quelli che si trovano nella raccolta, ma storie che hanno a che fare con visioni spettrali, sogni e percezioni, ossessioni, morte apparente: in una parola, con la paura dell’ignoto.
I nove racconti sono differenti per posizionamento cronologico e per contenuti, ma accomunati da tematiche macabre. Nell’antologia convivono la letteratura “nera” ottocentesca nelle varie sfumature del gotico di Carolina Invernizio e Marchesa Colombi e del folklore di Grazia Deledda e Matilde Serao; un racconto del 1931 di Paola Masino che risulta estremamente moderno, incentrato su una ragazza che ricostruisce la propria morte; la memoria ancestrale di Gilda Musa (1972); il fantastico immerso nella religiosità popolare di Anna Maria Ortese, la visionarietà di Chiara Palazzolo (2011); ma su tutti emerge il racconto di Paola Capriolo (2020), lento e ammaliante, che narra di un prigioniero dalla colpa misteriosa e di una melodia che diventa un’ossessione.
Perché leggere questo libro? Per assaporare qualcosa di diverso e per celebrare, come scrivevo in apertura, lo scardinamento del doppio pregiudizio sulla letteratura fantastica e sulla narrativa al femminile. Sono molto significative a tale proposito le parole di Ursula K.Le Guin (citate da Lipperini nella prefazione), che ricorda così il suo arrivo al college nel 1947:
“Con tono paterno, il preside del college informò noi ragazze che eravamo lì per imparare a vivere con grazia. Lo diceva a noi, una manciata di pazze intellettuali sgraziate piene di passione, avide di tutto ciò che il college poteva darci: e avremmo dovuto star lì per imparare le buone maniere, comportarci da signore, apparecchiare la tavola con gusto, versare il tè? Per fortuna il college ci ha dato una formazione eccellente, preparando almeno alcune di noi a capire come e quando rovesciare il tavolo e la caraffa del tè. E per quali motivi.”
Per quanto mi riguarda, questa antologia mi ha fatto conoscere Marchesa Colombi (pseudonimo di Maria Antonietta Torriani, protofemminista con Anna Maria Mozzoni e scrittrice rivalutata solo negli anni '70 grazie all'interesse di Natalia Ginzburg e Italo Calvino) e Gilda Musa, pioniera della fantascienza italiana; e mi ha fatto riscoprire la grandezza di Paola Masino, che ha condiviso con Massimo Bontempelli la vita, la scrittura e l'esilio negli anni del fascismo.
E ora hai letto un matrimonio in provincia, della Marchesa Colombi?
RispondiEliminaL'ho prenotato in biblioteca: voglio approfondire la conoscenza di questa donna straordinariamente anticonformista.
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