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La cavale, di Albertine Sarrazin

Andrea Brattelli parla del secondo romanzo di Albertine Sarrazin , scrittrice morta nel 1967 a soli 29 anni dei quali ben 8 trascorsi in car...

27/10/2023

Il canto del boia, di Norman Mailer

Andrea Brattelli ci propone stavolta un testo fondamentale della letteratura per i diritti umani: Il canto del boia di Norman Mailer. Sempre qui Andrea aveva parlato del romanzo d'esordio di questo scrittore controverso, che ferì gravemente la seconda moglie. Di recente il suo nome è tornato alla ribalta per una vicenda riguardante un presunto boicottaggio del suo famoso quanto provocatorio saggio The White Ne*ro.


copertina

Il libro intitolato Il canto del boia di Norman Mailer narra degli ultimi nove mesi di vita di Gary Gilmore, quindi di un periodo che va dall’aprile del 1976 al gennaio 1977, mese in cui l’omicida fu giustiziato con quattro colpi sparati al cuore nella prigione dello Utah a Point of the Mountain.

L’omicida passò 22 dei suoi 36 anni di vita nei penitenziari.

Il giorno in cui venne fucilato, mentre gli abbassavano un cappuccio sulla nuca e il volto,  esclamò:-"Facciamolo"! Al contempo canne di fucili emergevano da una tenda...

L’ ultima esecuzione avvenuta negli Stati Uniti risaliva a 10 anni prima.

Lo scrittore americano ha redatto un romanzo di mille pagine con un vocabolario meticolosamente limitato e con una voce “piatta”. Questo stile è dovuto al modo di approcciarsi che ha questo scrittore alla vita di tutti i giorni. Alla sua capacità di immersione nelle vite "senza applausi" degli operai che svolgono lavori duri ed utili in cantiere ma nessuno li degna di uno sguardo; segue la tradizione americana di Robert Frost, di William Carlos Williams, poeti dell’America inarticolata.

Chissà se Gary percorrendo le strade del suo paese durante le sue scorribande si era reso mai conto che erano le stesse su cui viaggiò il suo bisnonno mormone cento anni prima, quando si spinse a ovest verso le praterie e le Montagne Rocciose per poi stabilirsi a cinquanta miglia da Salt Lake. È un fatto in gran parte inosservato che Mailer sia stato un grande e ossessionato stilista, un narratore per il quale la formulazione di ogni singola frase dovrebbe essere tale da poter racchiudere in essa tutti gli elementi essenziali di una storia. Ha sempre cercato una connessione tra persone e luoghi, come se fossero attirati da un’energia, in questo caso negativa, che eccedendo fa collassare tutto lasciando un enorme vuoto e della malinconia inusitata.

In queste vicende i personaggi maschili tendono a sparare, ad essere colpiti, a scappare; le donne invece tramandano con voce flebile, tramite litanie, le gesta dei loro avi pionieri. Questa volta con voce sommessa la cugina di Gary fu costretta a raccontare tutte le sue vicissitudini famigliari di fianco allo scranno di un giudice, in un tribunale, durante il processo che vedeva coinvolto suo cugino da lei stessa denunciato per duplice omicidio.

Il soggetto stesso di The Executioner's Song è quel vasto vuoto al centro dell'esperienza occidentale, un nichilismo antitetico non solo alla letteratura ma a molte altre forme dello sforzo umano, un terrore così profondo che inghiotte le voci umane che precipitano in esso e svaniscono. Sotto quello che il narratore definisce "l'immenso blu del forte cielo dell'ovest americano", Gilmore e il suo bisnonno venivano a riposare, in una città dove il deserto lo si incontrava alla fine di ogni strada, tranne che a est, dove iniziava l’interstatale. Dopo di che... solo catene di montagne.

In un mondo in cui ogni strada percorre il deserto o corre verso l’Interstate o passa attraverso le Montagne Rocciose, la gente sviluppa un senso piuttosto precario di appartenenza a un luogo; si sente apolide, senza radici.

Le persone guidano attraverso due stati a notte fonda anche solo per un paio di birre, vivono amori fugaci a distanza.

I due lunghi movimenti sinfonici in cui è strutturato il romanzo si potrebbero definire “Western Voices”, composto da voci di donne appunto e “Eastern Voices” nel quale si articolano le arringhe, le domande, le invettive, i suggerimenti, le opinioni degli avvocati, pubblici ministeri, giornalisti. Un insieme di professionisti che crea una deriva fatalistica, una tensione, una corsa travolgente e passiva verso gli inevitabili eventi che porteranno alla morte del protagonista. Le sue ceneri saranno sparse dopo essere state chiuse in una busta di carta usata per conservare una pagnotta di pane da 59 centesimi.

Le donne protagoniste di questa tragica vicenda non credono che gli eventi possano essere influenzati. Una specie di vento che soffia in lande desolate sembra tenerle in piedi; riecheggia nella loro testa quando una di loro legge la lettera del reo confesso scritta in prigione, il soffio che trasporterà via le ceneri dell’omicida sarà il medesimo.

Queste figure femminili entrano ed escono prestando attenzione a ciò che accade. Sembrano distratte da brutti sogni, da qualche vaga apprensione. Vedono i luoghi della loro infanzia completamente mutati. Si chiedono dove siano finite le case, l’una vicino all’altra da dove era possibile raggiungere facilmente i loro famigliari, i discount, i ristoranti, i bar dove si riunivano che si trovavano lungo un viale a quattro corsie e la stazione di servizio con parte di un bombardiere (residuo bellico) della Seconda Guerra Mondiale vicino al casotto del benzinaio per attirare i clienti.

I segni delle gomme delle auto sull’asfalto riecheggiano quei tempi andati come le impronte degli astronauti sulla Luna in una landa desolata.

Anche dopo aver osservato una obbediente attenzione per questi particolari, raramente noi lettori veniamo ricompensati da un senso di calma da parte del narratore. Non riusciamo comunque a farcene una ragione riguardo ai comportamenti autodistruttivi, sacrileghi e criminali del protagonista.

Non bastano metafore per non farci intendere che Gary è sempre stato una mela marcia, dato che sua cugina Brenda, nonostante gli abbia sempre conferito fiducia e dato tante possibilità esponendosi anche con i familiari e finanziariamente, alla fine, permettetemi questa similitudine, finirà per rotolarsi giù per la grondaia con lui come un vecchio maniscalco incapace che mette un piede in fallo mentre fissa dei chiodi su un tetto sfondato dalle troppe piogge.

L’amore per un famigliare o per un uomo verso cui si provano sentimenti in generale è cieco, e forse l’omicida appariva sotto un'altra luce alla sua quasi sorella mentre era intento a cercare, esposto ai fari del locale, una canzone nostalgica nel jukebox.

Questo scritto di Mailer così come quello di Capote (A sangue freddo) e di Tom Wolfe tengono fede alle tecniche e regole giornalistiche di scrittura di un articolo “diretto”. I loro resoconti sui fatti di cronaca nera rispondono alle domande”con chi”, “cosa”, “quando” , “dove” e “perché”; le notizie sono riportate in maniera precisa, chiara, concisa e diretta; i dettagli fattuali sono messi in ordine decrescente per interesse e importanza.

Questo genere di narratori aveva anche la possibilità di restare nei luoghi dove si erano svolte le vicende fino a tarda notte: possedevano il lusso del tempo. Girovagavano per le vie per così tanto a lungo che a volte si dimenticavano del perché fossero lì. A ridestarli vi era la luce del sole all’alba che mostrava loro anche tutto l’orrore che avrebbero dovuto rendicontare agli editori; con la le tenebre ancora avvinghiate alle loro caviglie se ne tornavano allora a casa propria per riposare qualche ora sul loro divano.

Il finale di The Executioner's Song si conclude, manco a scriverlo, con la morte del protagonista. Con la sua capacità di offrirci un tipo di fotografia letterari, Mailer prima ci mostra un Gary Gilmore alla televisione: un “meta umano” dal cuoio capelluto che sembrava già bruciacchiato da un colpo di fucile passatogli troppo vicino al capo e dai lobi delle orecchie abbassati come quelli di un gatto malato. Proprio in questo momento ci sembrerà che il nostro cronista sia all’interno della coscienza del personaggio; egli sa sviluppare molto bene i personaggi, in generale.

Ciò che Capote rimproverò al narratore americano (e potremmo farlo anche noi lettori) è che egli non incontrò mai il reo confesso in prigione come fece invece lui parlando in cella con Perry Edward Smith e Richard Hickock. Forse Mailer non volle mai venire a patti con loschi figuri che, per fornirgli un lasciapassare per un intervista, richiedevano una spolverata al libretto degli assegni pena uno squarcio nelle gomme dell’auto.

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