Inizierò dicendo che cosa NON è questo libro: un manifesto dell’orgoglio delle donne che rifiutano la maternità. L'autrice spiega invece quanto sia complesso l'universo delle non-madri. Già, perché mentre la maternità pur con le sue differenze appare come una condizione condivisa, chi decide di non avere figli lo fa per motivi tra loro molto diversi.
Nel libro Gasperetti parla dei forum childfree, che hanno al loro interno utenti con posizioni decisamente estremiste; ma in questo testo c'è molto di più: ci sono tutte le sfumature del mondo delle donne senza figli. Il merito dell'autrice, che è giornalista, ricercatrice di storia contemporanea e traduttrice, è di farci strada in moltissimi campi diversi, tra scienza, letteratura e comunicazione.
Cercherò di menzionare alcuni degli argomenti più interessanti che ho trovato in queste pagine: prima di tutto, la letteratura femminista. L’autrice cita un testo fondamentale di Adrienne Rich, Nato di donna (1976, uscito in Italia nel 1977). Se non lo avete letto, fatelo: cercatelo in biblioteca o su qualche bancarella (purtroppo è fuori catalogo).
Il concetto di Rich (che iniziò a scrivere il suo libro nel 1972) lo potrei riassumere così: la maternità è vuota come un'istituzione, il sacro è tutto nell'ideale ma nella pratica essere madre si traduce nel carico di una donna che deve dare tutta se stessa senza riserve.
Nelle pagine di Gasperetti si affollano numerosi pregiudizi e leggende metropolitane che circondano la maternità e la ammantano di un alone sacrale che si traduce, di fatto, in una montagna di responsabilità ampiamente non-condivise.
La storia dell'orologio biologico? Fuffa. Il termine è stato coniato nel 1978 dal giornalista Richard Cohen per parlare delle aspirazioni delle donne in carriera. L’orologio biologico, dice Gasperetti, è il luogo di incontro della scienza e del sessismo, dato che il fardello della riproduzione ricade solo sulla donna. L’uomo, anche se gli studi dimostrano che più invecchia più facilmente aumenta il rischio di anomalie nel feto, viene considerato in grado di fertilizzare la donna anche in età avanzata.
Alcune di queste considerazioni sono a parer mio estremizzate. Un altro libro fondamentale per chi si interessa di femminismo, Vagina di Naomi Wolf del 2012, spiega che alcune delle formule tradizionalmente adottate per parlare di un desiderio di maternità che sarebbe "innato", per quanto imbevute di pressione sociale, hanno anche un parziale fondamento biologico.
I figli sono pochi, soprattutto in Italia: poco più di uno per coppia (mentre la quota di sostituzione sarebbe di due). Perché? Perché oggi "i figli non rientrano nel progetto di vita". E perché non ci rientrano? Di nuovo, la colpa viene attribuita dalla società alla "donna di oggi", troppo moderna ed emancipata: più alto è il titolo di studio, minore è la voglia di fare figli.
E qui Gasperetti ci parla del racconto della zitella, un grande classico del pregiudizio. La zitella, nella letteratura e nel cinema, è bibliotecaria o maestra. Nell’Ottocento, quando iniziavano certi fermenti per i diritti civili, è stata molto alta l’invettiva contro le donne non sposate.
Nel libro incontriamo poi l’ostinazione di quelli che cercano di convincere le donne a fare figli con l'opera di persuasione del "cambierai idea", collegata al concetto della "mancanza" e del "completamento" grazie ai figli, legata anche all'errata convinzione che diventare genitori renda necessariamente adulti, maturi e consapevoli.
La parte forse più interessante del libro è quella che parla del parto e del dolore, anzi del tabù del dolore: esiste anche una fobia specifica, la tocofobia. Sembra incredibile, eppure nel 2021 regnano ancora l'omertà sulla violenza ostetrica e il vecchio convincimento che "il dolore è normale".
La ricerca attorno alla diminuzione dei dolori del parto con l’epidurale, continua Gasperetti, ha coinvolto anche alcune riflessioni di medici che ritenevano quello del parto un dolore psicologico: l’ipotesi che la donna senta dolore perché la modernità l’avrebbe allontanata dallo stato di natura (e qui mi viene in mente, prepotente, l'agghiacciante scena del parto di Apocalypto): come se per certi dottori la natura fosse per forza benigna e la scolarizzazione un difetto.
Gasperetti parla anche del lato oscuro della maternità: madri che abbandonano i figli, perché non si è solo madri; Medea che uccide i figli, e la rielaborazione moderna di Rachel Cusk.
E poi ci sono gli antinatalisti, che portano all’estremo le considerazioni di Cioran sul fallimento dell’esistenza. Ad esempio il libro Meglio non essere mai nati. Il dolore di venire al mondo di David Benatar (2006, ma in Italia solo nel 2018) che si preoccupa dell’emergenza climatica collegata alla sovrappopolazione: si stima che nel 2100 la Terra toccherà 11 miliardi di abitanti. Il film I figli degli uomini, con un futuro dove non nascono più bambini, è inquietante; ma d’altra parte non possiamo ignorare che, nei paesi meno sviluppati, miliardi di bambini soffrono la fame.
In conclusione, l’amore può (dovrebbe) riguardare tutte e tutti, anche se non si mettono al mondo figli. In tal senso è illuminante la riflessione di Donna Haraway: generiamo parentele, non prole; è più importante la socialità, il mondo in cui si vive, le condizioni, che non il numero dei figli.
Il pensiero che a parer mio si ha leggendo questo libro è che, se si capisce che la maternità non è un obbligo ma una scelta consapevole, può essere davvero un dono vero, autentico e felice.