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Niente di vero, Raimo. Il posto, Ernaux

Che senso ha accostare due titoli molto diversi per stile, contenuto e periodo narrato? Perché nella scheda di presentazione di Niente di ve...

23/03/2021

Il dio del massacro di Yasmina Reza (2006)


Le Dieu du Carnage, il testo teatrale in atto unico (l’unità di tempo e spazio è fondamentale) di Yasmina Reza, è stato pubblicato la prima volta nel 2006.

Questa commedia al vetriolo, spietata e insieme divertente, dopo essere stata portata sul palcoscenico una prima volta nel 2008, interpretata da attori eccellenti come Isabelle Huppert, è stata poi esportata nelle produzioni teatrali di tutto il mondo. 

In Italia il testo è giunto nel 2009, dapprima con il titolo Il Dio della carneficina, con la traduzione di Alessandra Serra e pubblicato da Arcadia & Ricono.

Con la spinta ricevuta dal film di Roman Polanski, che nel 2011 ne ha realizzato (con Reza che ha collaborato alla sceneggiatura) Carnage - con interpreti superlativi, Christoph Waltz tra tutti - il libro è stato pubblicato nuovamente con il titolo Il dio del massacro nella traduzione di Laura Frausin Guarino ed Ena Marchi, per la Piccola Biblioteca Adelphi nel 2011, ed è questa la versione che ho letto.

Perché questo titolo? Perché l’incontro delle due coppie borghesi di mezza età, che si trovano per cercare di ricostruire le cause della violenta lite avvenuta tra i loro figli undicenni, porterà inesorabilmente i quattro a levarsi le maschere dei rapporti civili, del politically correct e della buona educazione.

Il figlio dei Reille, armato di bastone, ha infatti spaccato il labbro e due denti al figlio degli Houillié per non averlo fatto entrare nella sua “banda”, dandogli inoltre dello spione, e i genitori devono cercare di ricomporre l’accaduto, attribuendo le “colpe” e fissando un incontro risolutivo tra i ragazzi.

Nel salotto degli Houllié si parte con i convenevoli, offrendo dolci e bevande; poi, complice un climax irresistibile che si crea grazie a sempre maggiori quantitativi di alcool e di telefonate di lavoro, le accuse reciproche si fanno sempre più crudeli, tra un criceto abbandonato e la difesa di case farmaceutiche senza scrupoli, cause politiche ritenute stucchevoli e attacchi di vomito.

A questa valanga di humour nero e di cinismo nessuno, in primis il lettore, può sottrarsi. Non ci sono dialoghi aulici, qui: «Credo nel dio del massacro. È l'unico che governa, in modo assoluto, sin dalla notte dei tempi.»

09/03/2021

Nives di Sacha Naspini e la storia condivisa

 


Sacha Naspini è l’eroe di tutti gli scrittori esordienti.

Nato a Grosseto nel 1976, ha esordito con piccolissime case editrici come Il Foglio e poi ha fatto il botto. Mi era piaciuto tantissimo il suo Cento per cento, uscito per Historica e poi per Perdisa Pop, la storia di un vecchio pugile in pensione che faceva una serie di rivelazioni a un viscido giornalista. Lo avevo recensito nel mio vecchio blog ormai chiuso (ma lo stesso nickname rejectedfrogs lo trovate ancora nelle recensioni Ibs). 

Veniamo a Nives. Si tratta di un romanzo molto breve uscito per E/O nel 2020, sono circa 130 pagine dense, che sarebbero un perfetto spettacolo teatrale. Come di consueto solo dopo aver letto il libro ho consultato alcune recensioni per farmi un’idea di come questo libro sia stato interpretato da critici più attendibili di me, e sono contenta di aver trovato tante recensioni positive. Tra queste mi è piaciuto particolarmente il paragone con il film Carnage di Polanski, basato appunto sull’opera teatrale Il dio del massacro di Yasmina Reza. 

Quello che da sempre ammiro di Naspini è la sua freschezza, il suo stile capace di delineare con pochi tratti i personaggi lasciando al lettore l'incombenza e il divertimento di mettere insieme i pezzi ma, allo stesso tempo, in grado di costruire una tensione davvero spettacolare, che conduce a una serie di rivelazioni che inducono un’ansia crescente: più si va avanti e più si ha la necessità di scoprire quali altre cose si nascondono sotto la polvere degli anni dei personaggi.

E veniamo appunto ai protagonisti.

Un giorno Nives, una donna di 67 anni, trova il marito morto stecchito nella mangiatoia dei maiali. Ma Nives, lo capiamo subito, non è una che si perde in lacrime. Pensa alle cose pratiche e, d
opo aver ucciso il maiale, al funerale capiamo che tra lei e la figlia non c’è un grande rapporto. Rimasta sola, per Nives è difficile abituarsi alla solitudine e al silenzio del podere, soprattutto di notte. 

Un giorno Nives decide di prendere Giacomina, la sua chioccia preferita, e di tenerla con sé dentro casa. Nives è consapevole di quanto sia assurdo sostituire il marito con una gallina zoppa, eppure la compagnia dell'animale la calma. Una sera, mentre sono sul divano davanti al televisore, durante la pubblicità di un noto detersivo Giacomina resta ipnotizzata. Nives decide allora di chiamare Loriano Bottai, il veterinario con il vizio della bottiglia. 

Lo scambio tra Nives e Loriano, nato dall'emergenza veterinaria, prende presto un’altra piega, tra amori passati, rimpianti e scoperte inimmaginabili. La vita di Poggio Corbello, piccolo borgo sperduto nella campagna, si rianima nella conversazione telefonica dei due, che tra storie di suicidi, omicidi e fantasmi persecutori, fanno venire alla luce quelle verità nascoste che, in fondo, sono tipiche un po' di ogni luogo.

Il libro non è diviso in capitoli e, complice la brevità, si legge in poche d’ore, tutto di getto. I temi trattati sono importanti, ma raccontati con un mix davvero sapiente di leggerezza e profondità, che non va mai a scadere nel patetico. Da leggere assolutamente. 

P. S. Se dovessi riassumerlo in una frase direi che con questo libro Naspini ci dimostra che la storia di un borgo e dei suoi abitanti la possiamo ritrovare facilmente in ognuno di noi e la possiamo applicare ad altre realtà altrettanto facilmente: è la storia che sta in fondo a ogni famiglia e a ogni luogo, magari declinata diversamente. Questa è la grandezza di questo piccolo romanzo, che vi straconsiglio.

Su Instagram la recensione video (5 minuti).

02/03/2021

Un cigno selvatico di Michael Cunningham

Nei dieci racconti di Un cigno selvatico, illustrati da Yuko Shimizu, l’autore Premio Pulitzer di Le OreMichael Cunningham, ha rivisitato alcune tra le fiabe occidentali più conosciute. E le ha rese accattivanti, commoventi, tremendamente dark e inquietanti, con evidenti messaggi morali.

Prima di lui, Angela Carter, un'eccezionale scrittrice capace di sondare senza alcun imbarazzo la sessualità nelle sue forme più varie, aveva fatto lo stesso nella raccolta La camera di sangue

Si tratta di due stili molto diversi, ma entrambi colpiscono nel segno. I racconti di Cunningham sono moderni, e i protagonisti sono tutti carismatici, intelligenti, spesso sfortunati. 

Personalmente, ritengo che il vero tesoro del volume sia "La vecchia pazza": la storia della strega di Hansel e Gretel, una donna che ha avuto molti uomini e che si ritrova sola. Nelle fiabe di Cunningham c'è posto anche per il principe necrofilo di Biancaneve ("Avvelenata") e per Omino (uno gnomo che diventa schizofrenico per sopportare la solitudine). 

"Bestie" è il racconto forse più amaro della raccolta: Cunnigham ci spiega che la bestia è diventata tale perché da umano era uno stupratore. E forse era meglio lasciarlo ai patimenti previsti dalla sua forma bestiale...

"Soltanto Bella capiva cosa può rappresentare anche una rosa soltanto, che gesti una rosa può ispirare, se vivi senza speranza. Se sei una bestia rinchiusa in un castello, o una ragazza costretta in un misero villaggio sperduto."