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02/08/2022

L'uomo che amava gli alberi di Algernon Blackwood


Per chi come me da ragazzina aveva pochi spicci, la Newton Compton con le sue antologie di racconti è stata una vera manna dal cielo. Di Algernon Blackwood (1869-1951), una vita dedicata ai racconti e romanzi sul soprannaturale, avevo appunto letto un racconto inserito in Storie di fantasmi, il mitico Mammut 39. Grazie a un regalo, ho recuperato anche il romanzo breve L'uomo che amava gli alberi, nella traduzione di Alda Teodorani (il libro è meglio conosciuto col titolo L'uomo che gli alberi amavano, il che ha decisamente senso).

Quando Sanderson, un pittore che sa rivelare l'anima degli alberi, fa visita ai coniugi David e Sophie Bittacy, la loro vita cambia totalmente. La coppia abita in una casa nello Hampshire, sulla soglia della foresta. Il marito, innamorato degli alberi fin da giovane, quando viaggiava nella giungla indiana, sviluppa poco a poco una frenetica ossessione, che aumenta con l'avanzare della decadenza di un cedro che aveva protetto la casa dal richiamo ancestrale della foresta. Sophie, donna religiosa e altruista, cerca di salvare il marito a tutti i costi.

Le atmosfere gotiche dello scrittore inglese si alternano a descrizioni romantiche e riflessioni metafisiche sulla filosofia della natura e sulla coscienza del regno vegetale. La scrittura elegante e il ritratto minuzioso degli elementi boschivi impreziosiscono la narrazione rendendo la lettura piacevole non solo per chi ama le ghost stories. Descrizioni magnetiche quanto inquietanti che sembrano trovare degna rappresentazione cinematografica in certi incubi di Dario Argento nei quali la vicinanza del bosco infonde gran parte del terrore della pellicola (vedi Suspiria e, soprattutto, Phenomena, con il riferimento al vento che favorisce la fioritura e provoca la pazzia).

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