Premetto che di Elena Ferrante non avevo, volutamente, mai letto nulla in quanto detesto l'alone di mistero attorno alla sua identità. In seguito a un consiglio di lettura, tuttavia, mi sono decisa a leggere questo ebook utilizzando il prestito di MLOL.
Il piccolo volume I margini e il dettato, del 2021, raccoglie quattro testi inediti di Ferrante sulla "avventura dello scrivere": nello specifico, tre interventi realizzati per le Umberto Eco Lectures (figlie delle "Lezioni Magistrali" ideate da Eco per la Scuola Superiore di Studi Umanistici) e un saggio composto per la chiusura di un convegno di italianisti su Dante.
Ferrante riflette sulla scrittura in genere e sulla propria in particolare. Per fare questo, correda il testo di numerose citazioni di autori e di autrici (solo nel primo saggio troviamo Italo Svevo, Gaspara Stampa, Virginia Woolf e Samuel Beckett).
Larga parte delle riflessioni riguarda infatti il ruolo delle scrittrici e il rapporto tra donna e scrittura; ma anche lo stesso pregiudizio verso le scrittrici: "Ho conosciuto nella mia vita uomini molto colti che non solo non avevano mai letto Elsa Morante o Natalia Ginzburg o Anna Maria Ortese, ma non avevano mai letto Jane Austen, le sorelle Bronte, Virginia Woolf."
Molto interessante la parte riguardante Svevo e la fatica di scrivere (con la scissione tra l'io di chi vuole scrivere e il proprio pensiero che diventa evidente, "si manifesta" ed è difficile starci al passo: da qui la "fastidiosa approssimazione" della scrittura) e il punto della scrittura considerata per secoli una prerogativa maschile, tanto da mettere in difficoltà la giovane Elena Ferrante che si sentiva limitata e illegittima nell'approcciarsi alla scrittura.
"Temevo... che fosse proprio la mia natura femminile a impedirmi di accostare il più possibile la penna alla pena che volevo esprimere."
Il punto centrale, toccato in modi differenti nei vari saggi, è il rapporto tra la vita di chi scrive e il suo stile. Sosteneva Virginia Woolf che la scrittura deve essere separata dalla "vita grezza" per concentrarsi sulla creazione. "La scrittura vera è quel gesto che fruga dentro il deposito della letteratura alla ricerca delle parole necessarie." Eppure è importante anche il caos, l'impeto, il disordine: ecco perché Ferrante parla di due scritture, quella ordinata e quella convulsa.
Per chiunque scriva, la questione autobiografica assume una rilevanza fondamentale. In particolare, Ferrante si sofferma su Autobiografia di Alice B. Toklas e sull'accusa rivolta a Ernest Hemingway da Gertrude Stein che in lui vedeva lo scrittore delle "confessioni di comodo" fatte per vendere copie.
Parlando del proprio rapporto con la scrittura, Ferrante parte dalle esperienze scolastiche, da autori e autrici (e insegnanti) che l'hanno ispirata e giunge alle evoluzioni stilistiche che hanno interessato la sua opera a partire dagli anni Ottanta, a cominciare dal passaggio alla prima persona.
Per quanto mi riguarda, non conoscendo i suoi romanzi non posso comprendere appieno il discorso sui personaggi femminili da lei costruiti, ma non occorre aver letto i suoi libri per apprezzare I margini e il dettato.
Il concetto di scrittura come "gabbia", della creazione che deve farsi largo tra l'io e la "cattiva lingua" di cui parlava Ingeborg Bachmann, è troppo affascinante per rinunciare alla lettura di questo libro e anzi, adesso sono curiosa di scoprire anche la Ferrante narratrice.
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