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15/02/2021

Il Maledetto United: libro e film

Il Maledetto United, di David Peace (2006)
Il Maledetto United, di Tom Hooper (2009)

Se non siete amanti del calcio, il libro di Peace potrebbe risultarvi indigesto: 400 pagine zeppe di ossessione calcistica forse sono troppe; ma la cosa che mi piace un sacco di questo libro è che dimostra quanto gli uomini possano essere totalmente irrazionali.

L’ossessione in oggetto è quella dell’inglese Brian Howard Clough per il Leeds United: il romanzo racconta i suoi 44 giorni come allenatore della squadra che aveva sempre detestato. Fin dalla prima pagina, anche se non si conosce la storia, se ne immagina l’epilogo: come può un uomo accettare di seguire quei giocatori che ha insultato per anni in televisione e sulle pagine dei giornali? E l’odio è reciproco: i calciatori, pur di far sloggiare al più presto il nuovo mister che li detesta, preferiscono perdere le partite.

Un altro aspetto interessante del libro è la panoramica sul mondo del calcio degli anni '70, quando i giocatori della premier league viaggiavano in pullman leggendo tascabili (memorabile il calciatore che legge L’esorcista) e giocando a carte; quando pranzare al ristorante e sfoggiare giacche di pelle era considerato un lusso.

Dalle pagine del libro esce un Clough sgradevole, che beve in continuazione, schiavo della propria immagine televisiva, ossessionato dal terrore del fallimento e dal confronto con l’acerrimo rivale Don Revie. Raramente ne emerge il lato umano: solo quando si sente braccato pensa alla moglie e ai figli; perfino il dolore per la perdita della madre viene soffocato dalle pressanti necessità lavorative, che lo fanno diventare aggressivo anche con Peter Taylor, unico amico e prezioso collaboratore, eppure sfruttato e raggirato.

Nel film omonimo, sceneggiato da Peter Morgan, molti di questi aspetti vengono annacquati. Sarà per la bravura dei protagonisti, per la faccia di bronzo di Michael Sheen e per la scena memorabile di Brian che chiede perdono a Peter (Timothy Spall) inginocchiandosi e chiamandolo “baby”, o sarà più probabilmente perché il film non fa menzione dei tentativi di appropriazione indebita da parte di Clough, ma a me la trasposizione cinematografica piace anche più del libro.

Perché il film è la storia di un’amicizia che non si distrugge neppure davanti al carattere impossibile di un bastardo egocentrico come Clough; perché dimostra anche meglio del libro come si possa rialzare il culo anche dopo essere finiti dalle stelle alle stalle nel giro di pochi giorni; e infine perché, oltre a strappare più di un sorriso, dà quella speranza che nelle pagine del libro sembra annegata nei fiumi dell’alcool e del rancore, a causa del rimpianto per una carriera troncata dopo un infortunio.

Insomma, se siete amanti del calcio, il libro vi piacerà senza dubbio; se 
preferite una storia un po’ meno vera, con un Clough un po’ meno spietato, il film lo adorerete letteralmente.






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