È il 2014 quando l'allora giornalista venticinquenne britannica pubblica sul suo blog un lungo post, una «lettera d’addio alla bianchezza» nella quale esprime la frustrazione nel trovarsi a discutere con persone bianche che, spesso in buona fede, negano l'emarginazione a cui le persone non bianche come lei vengono sottoposte nella vita pubblica e privata.
Eddo-Lodge, lo dimostra il suo stesso libro, non ha mai davvero messo in discussione la possibilità di parlare con le persone bianche, ma solo con quelle che negano il "razzismo strutturale", quello cioè che non riguarda solamente i pregiudizi, ma le ripercussioni sociali collegati a essi: l'ammissione a una scuola o all'università, la selezione lavorativa e soprattutto la difficoltà nel raggiungere posizioni di potere.
Il suo post conosce un immediato successo, tanto che nel 2014 il Guardian inserisce l'autrice tra le 30 persone più influenti sui Digital Media e tre anni dopo viene pubblicato Perché non parlo più di razzismo con le persone bianche, che è il suo primo libro e ottiene riconoscimenti come il British Book Award del 2018.
Si tratta di un saggio molto acuto ed estremo che, insieme a statistiche e alla narrazione di episodi di cronaca, racconta bene i limiti (spesso inconsci) che abbiamo, come persone bianche ed europee, di fronte al riconoscimento di un razzismo strutturale che si declina in modo evidente: le posizioni di potere sono detenute da persone bianche.
O ancora meglio: le posizioni di potere sono occupate da uomini bianchi. Molto interessanti, a tale proposito, le riflessioni riguardanti il mito della meritocrazia e gli esempi riguardanti l'emarginazione femminile (e qui l'autrice ci ricorda che le femministe non intersezionali non riconoscono le discriminazioni di categorie diverse dalla loro) e in base alle classi sociali.
Eddo-Lodge ci racconta con grande abilità la storia schiavista e coloniale europea e in particolare del Regno Unito, la bufala del "razzismo inverso" (che attualmente non può esistere, dal momento che il razzismo presuppone la detenzione del potere) e la grande bugia della colour-blindness che tende a fingere che siamo tutti uguali, negando l'esistenza delle penalizzazioni.
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