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17/02/2023

Amitav Ghosh, La grande cecità

Storie, storia e politica sono le tre parti nelle quali è suddiviso questo libro del grande scrittore indiano Amitav Ghosh pubblicato nel 2016 e giunto in Italia l'anno successivo. Perché la letteratura con elementi fantastici non viene considerata al pari della "letteratura seria", si chiede l'autore? E soprattutto, perché la letteratura "seria" ha censurato la narrazione del cambiamento climatico che da almeno 70 anni (le prime misurazioni risalgono almeno alla metà del XX secolo) stravolgono il nostro pianeta? La Natura è infatti apparsa e tuttora appare spesso in letteratura, ma gli eventi climatici del nostro tempo non rientrano nella categoria "natura elegiaca e romantica".

Per quanto riguarda il primo punto, avevo già parlato del pregiudizio sulla letteratura fantastica nella recensione dell'antologia Le scrittrici della notte, curata da Loredana Lipperini. Per fortuna l'enorme successo di Margaret Atwood sta finalmente contribuendo a cambiare le cose, ma Ghosh ricorda che questo pregiudizio non è sempre esistito, tanto che all'epoca della pubblicazione del Frankenstein di Mary Shelley anche Sir Walter Scott lo accolse positivamente. E allora che cosa è accaduto nel frattempo? La rivoluzione industriale e l'imperialismo.

Le grandi catastrofi sono sempre esistite: Pompei ne è un esempio tristemente famoso. Ma che cosa contraddistingue gli eventi climatici del nostro tempo, si chiede Ghosh? L'improbabilità. Per questo non risulta semplice collocarli all'interno di una narrazione non fantastica (mentre è invece molto più naturale l'aggancio all'interno di una poesia). Eppure gli eventi che accadono nei romanzi surrealisti o del realismo magico non sono surreali né magici: sono spaventosamente reali.

Molto interessante la connessione delineata da Ghosh tra spaesante e perturbante. L'improbabile ci mette in contatto con il non-umano, con la consapevolezza che ci sono fattori esterni in grado di incidere su di noi in modo inatteso, come se l'essere umano fosse manovrato da una forza invisibile. Ma mentre il perturbante in letteratura ha spesso un aspetto umano (ne sono un esempio gli spettri), lo spaesante in natura no. Eppure il contatto tra gli eventi climatici del nostro tempo e l'essere umano c'è, dal momento che quest'ultimo ne è almeno in parte la causa.

Ghosh prende ad esempio la tendenza sviluppatasi a partire dal Seicento di costruire direttamente sul mare/sull'oceano: una fiducia nella "regolarità borghese" che ha preso piede in netto contrasto con l'esperienza dei millenni precedenti che avevano insegnato a cercare luoghi meno esposti alla furia potenziale degli elementi, come se prima di allora l'idea di un evento climatico improbabile fosse universalmente accettata. Nel XVII secolo gli eventi catastrofici esistevano già, ma solo negli ultimi decenni tali cataclismi hanno iniziato a moltiplicarsi: ad esempio i cicloni. Eppure, si continua a evacuare a catastrofe già avvenuta, come se mancasse la cultura necessaria a prevenire al minimo il rischio di simili disgrazie.

Nel 1816 avvenne la famosa eruzione del Tambora che provocò "un anno senza estate": proprio nello stesso anno fu composto Frankenstein. All'epoca era frequente l'interesse della narrativa per le scienze e viceversa. Ma in seguito prese piede la necessità borghese di separare Natura e Cultura (mentre la poesia ha continuato a opporre resistenza). Non mancano le eccezioni, e l'auspicio è che si torni a una comunione che indicherebbe una maggiore consapevolezza di quanto sia importante una visione d'insieme.

Ghosh analizza le cause della situazione attuale: il principale colpevole non è il capitalismo ma l'imperialismo, che ha portato allo sfruttamento di qualunque tipo di risorsa fossile presente sul pianeta. Oggi nella crisi climatica è l'Asia ad avere la parte principale, ma occorre ricordare che ciò dipende dall'alta densità e dall'elevato numero di abitanti; inoltre le potenze asiatiche sono tuttora emergenti dopo secoli di oppressione e controllo da parte delle potenze occidentali che le hanno sfruttate impedendo loro uno sviluppo più regolare, come avvenne ad esempio per la cantieristica navale indiana soffocata dall'Inghilterra. Molto interessante l'approfondimento sulla modernità che non fu prerogativa europea ma globale: è appurato ad esempio che la Cina conosceva i combustibili fossili già mille anni fa e che la Birmania possedeva il petrolio già prima delle guerre con l'Inghilterra, eppure la narrazione eurocentrica fa risalire la prima trivellazione al 1859, in Pennsylvania.

Le problematiche legate al clima sono numerose: da una parte l'innalzamento degli oceani, dall'altra l'abbassamento dei territori sui delta dei fiumi. La cause sono anche geologiche, ma in parte antropiche: le massicce trivellazioni e la costruzione di dighe aumentano il rischio naturale. Altre criticità sono costituite dalla siccità, dalla desertificazione di aree sempre più vaste, dal ritiro dei ghiacciai e dalle conseguenti inondazioni. Attualmente, riflette Ghosh, Bangladesh e Vietnam sono le zone maggiormente a rischio in rapporto alla posizione e alla quantità di persone che dovrebbe emigrare. 

La politica non è in grado di affrontare la situazione in modo uniforme a livello globale e l'emergenza, diventata una "questione morale", si affronta individualmente, mentre i governi con le loro politiche green che hanno molto di facciata e poca sostanza progettano, di fatto, la conservazione dello stile di vita attuale: per invertire la tendenza sarebbe infatti necessaria una riduzione del 90% delle emissioni degli Stati Uniti. Ghosh conclude con un messaggio di speranza, ricordando la crescente sensibilità riguardante il cambiamento climatico anche da parte di numerosi esponenti religiosi; ma i tempi sono ormai ristretti.

"Il denaro scorre verso il guadagno a breve termine", scrive il geologo David Archer, "e verso lo sfruttamento eccessivo di risorse comuni non regolate. Queste tendenze sono come la mano invisibile del fato che nelle tragedie greche guida l'eroe verso l'inevitabile catastrofe". Ed è in effetti questa l'essenza dell'odierna cecità del genere umano.

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