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La cavale, di Albertine Sarrazin

Andrea Brattelli parla del secondo romanzo di Albertine Sarrazin , scrittrice morta nel 1967 a soli 29 anni dei quali ben 8 trascorsi in car...

23/04/2021

Libero Bigiaretti, Il Congresso

Anche questa settimana Andrea Brattelli ci parla di un libro dimenticato. L'autore è Libero Bigiaretti (1905-1993), scrittore poeta e traduttore che "si è fatto da solo".



Il Congresso si potrebbe definire la biografia di una generazione, il romanzo centrale di tutta la produzione di Bigiaretti.

La storia sentimentale, che forse evolverà in grande amore, tra una donna ed un uomo entrambi di successo, al cospetto di una Italia trainata negli anni '60 da grandi industrie del Nord, non ha in sé nulla di particolarmente connotante.

La novità del racconto sussiste nell’aver fatto confluire ad un solo esito saggistico, d’impossibilità o di “impasse” psicologica, due registri di per sé tanto divergenti: quello pubblico e quello privato.

Non ci interessa di sapere fino a che limite l’autore possa o voglia riconoscersi nella cartella personale del suo alto funzionario d’azienda; forse poco, forse per niente; ma, d’altra parte, vi si identifica quasi in accezione esistenziale – civile, nel senso di un’autobiografia e di un destino “generali” che, in quanto tali, non possono non essere anche strettamente privati.

E infatti quel dirigente d’azienda ha partecipato sotto al fascismo all’esperienza fascista dei “Littoriali”, ha creduto totalmente e totalitariamente (è il caso di scriverlo) alla letteratura come vita e, divenuto comunista, ha ceduto alla cultura industriale.

Egli ormai non crede più in nulla e men che meno alla sua ambigua professione di sociologo intermediario tra l’imprenditore e l’operaio: in nome di cosa? Di due culture estranee tra loro?

L’uomo nuovo tanto agognato non è nato e rimane quello antico stratificato in fallimenti.

L’intervento al congresso del protagonista maschile sarà un lucido atto d’accusa contro quel paternalismo industriale che pur gli consente una vita agiatissima; ma è un impulso d’amore che lo spinge a quel passo, per distinguersi agli occhi della donna che ha incontrato (anche lei dirigente aziendale), con la certezza che la suggestione di un atteggiamento anticonformista farà breccia nel suo cuore.

Il merito di Bigiaretti sta nel non lasciar tregua al personaggio, nel non sovrapporre mai un’autobiografia personale e intenerita alla propria intenzione critica. L’astuzia del gioco psicologico è tutta nel sorprendere il protagonista negli attimi di una sincerità sterile che non lascia alla pietà. Ne risulta un impasto narrativo assai mobile secondo il quale lo scatto di registro tra la voce dell’uomo disilluso e ormai “senza qualità”, che è lo scrittore stesso alla luce della propria vicenda storica, e la voce del cinico e del calcolatore che è il protagonista del libro, istituisce un discorso che, pur apparendo calmo e perfino neutro da un punto di vista stilistico, produce un esito nuovo proprio sul piano letterario in nome di un’eccezionale capacità di aderire (con la confessione) e di rifiutarsi (con l’accusa) ai termini di una narrativa autobiografica.


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