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La cavale, di Albertine Sarrazin

Andrea Brattelli parla del secondo romanzo di Albertine Sarrazin , scrittrice morta nel 1967 a soli 29 anni dei quali ben 8 trascorsi in car...

11/06/2021

Un uomo da marciapiede di James Leo Herlihy

Andrea Brattelli racconta con il consueto sguardo tagliente uno dei più conosciuti libri sulla rappresentazione degli outsider negli Stati Uniti. Il romanzo di James Leo Herlihy, pubblicato nel 1965 e portato sullo schermo nel 1969 da John Schlesinger con le interpretazioni di Jon Voight e Dustin Hoffman, è la raffigurazione potente di una galassia di perdenti. I difetti sottolineati da Andrea spingono una volta di più alla lettura (o riscoperta) di un libro che più di altri fa capire appieno tutte le false promesse del "sogno americano".

Se fossi costretto a sintetizzare la trama di questo libro a scapito di una vera recensione, potrei scrivere che la trama di Midnight Cowboy (Un uomo da marciapiede tradotto dall’editoria italiana) tratta dell’amicizia tra due uomini che soffrono entrambi di una misera solitudine interiore.

Si trascinano in una metropoli, sono ragazzi “difficili” le cui esperienze possono insegnare forse qualcosa ai ragazzi problematici del mondo reale, dato che, all’inizio, alcuni stereotipi fanno presagire che non ci sia una tale carestia di sentimenti nel mondo reale e che le vicissitudini siano confinate all’interno delle pagine di questo libro e tra i fotogrammi della pellicola da cui è tratto il film.

In seguito le tematiche prendono forma nonostante gli interpreti siano ancora troppo stigmatizzati nelle loro azioni quotidiane.

L’universo di Times Square è costituito da persone senza speranza e per le quali il lettore fatica a provare stima. Paradossalmente queste comparse sembrano descritte meglio, dal punto di vista psicologico, rispetto ai personaggi principali. Emanano l’odore del ventre dell’America.

Le storie e i personaggi compiono grandi esibizioni e si fa un’attenta analisi della società americana ma ci si accorge poi che la realtà è osservata attraverso un gioco di specchi deformanti e alla fine l’autore cade in cliché.

Forse doveva dipingere i personaggi con la semplicità richiesta dai loro ruoli, tanto per iniziare. Il problema non è del pennello e/o delle tempere usate, ma sono le mani.

Joe Buck e Ratso (Rizzo) sono dei poveri “naufraghi”: freddi e bagnati, navigano in strade di polvere e sembrano scampati a mareggiate di spazzatura.

La loro meta è la Florida, l'obiettivo sposare ragazze ricche. Sono abbastanza onesti intellettualmente da capire di essere dei buoni a nulla e che possono quindi solo essere mantenuti.

Vivono di immaginazione... Ecco, forse la loro vera casa sono i loro sogni non realizzati. Assomigliano a Bonnie e Clyde.

La realtà di Times Square è crudele e sembra urlare nelle loro orecchie all’infinito che non ci sarà mai un bus per la Florida per loro né feste dove potranno mai famigliarizzare con personaggi famosi tipo Andy Warhol.

A volte la narrazione si dilunga troppo in questa sequela, come si stesse tessendo la trama farlocca e prevedibile di una telenovela di serie B per casalinghe annoiate.

Riadattare poi a questo stile la trama principale risulta difficile. Ma qual è, poi, questa trama principale?

Risposta: la giovinezza impaziente di chi arriva dalla campagna alla città e ciò su cui riflettere è il fatto che erroneamente si considera ciò un mito esclusivamente americano ma non è così: quanti braccianti italiani del Sud sono emigrati al Nord per lavorare nelle grandi fabbriche come la Fiat, la Magneti Marelli, la Falck ecc.?

L’erba delle fresche e verdi pianure ora trova le sue radici nella giungla urbana. In questo modo si plasmano nuovamente i protagonisti, riadattandosi secondo i dettami stilistici di Dreiser e Sherwood Anderson.

Tutto ciò rende questo libro straordinario ed è per questo che alcune pecche risaltano ed è impossibile non notarle e discuterne.

Un uomo da marciapiede avrebbe dovuto essere un libro sulla reciproca scoperta dal momento in cui Joe Buck inizia a frequentare Rizzo.

Il primo è un ragazzo piuttosto giovane con un viso fresco e pulito. Cammina togliendosi la polvere del Texas dagli stivali da cowboy e si dirige poi in autobus verso New York City lasciandosi dietro tristi ricordi che ritornano come flashback traumatizzandolo.

Pensa di poter fare il gigolò per le ricche signore di Park Avenue e si stabilisce in una camera d’albergo a Manhattan con vista su Times Square.

Poi Joe incontra Rizzo che conosce bene la città e si fa strada nelle sue viscere. I due stanno insieme perché non hanno altro a cui aggrapparsi per sostenersi nella loro vita fatta di miserie.

Party psichedelici, ricordi di una ex stuprata e una nonna dalle caratteristiche ambigue da cui si è fuggiti, rendono, secondo l’analisi della psiche freudiana, Joe un represso che neppure il danzare su sottofondi musicali assordanti tipo “figli dei fiori” potrà curare.

Alla fine, Midnight Cowboy è un libro sui senzatetto. Ratso e Joe corrono sempre il rischio di vivere per strada. La loro casa è comunque più fatiscente del peggior vicolo buio di città. Sono due esseri grotteschi che impersonano il cowboy e il vagabondo sempre in cerca di soldi.

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