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La cavale, di Albertine Sarrazin

Andrea Brattelli parla del secondo romanzo di Albertine Sarrazin , scrittrice morta nel 1967 a soli 29 anni dei quali ben 8 trascorsi in car...

12/11/2021

Benito Cereno di Herman Melville

Questa settimana Andrea Brattelli ci parla di uno dei romanzi brevi tra i più conosciuti al mondo: Benito Cereno, una novella del 1855 (pubblicata in Italia solo nel 1940) che ha ricevuto da subito le più disparate interpretazioni. Anche Andrea nella sua lettura del testo non è da meno, tanto da scomodare le teorie di Nietzsche.



Benito Cereno è una novella sulla schiavitù, la cui storia è basata su fatti realmente accaduti.

La vicenda all’inizio pare intricata, volutamente penso, per generare suspence.

Melville con questa sua opera protesta in maniera decisa contro la schiavitù fregandosene che suo suocero, giudice promotore di una legge nel Massachusetts che imponeva alle forze dell’ordine di arrestare chiunque fosse ritenuto anche solo ipoteticamente uno schiavo fuggito dalla prigionia, aveva elargito denaro a sua moglie, figlia del giudice, per farli vivere in maniera agiata.

La novella è una critica alla politica del sentimentalismo, alla benevolenza, alla carità cristiana, all'idealismo trascendentalista e alla compiacenza generale del liberalismo dell'élite del New England, perché, ai tempi, erano solo ideali di facciata.

La storia narra di una nave di schiavi spagnoli arenata al largo delle coste del Cile. La scena sulla nave è inquietante: l'equipaggio ha sofferto la febbre, le tempeste. Il personaggio principale è il capitano, apparentemente debilitato, Don Benito Cereno, letteralmente sostenuto dal suo apparentemente fedele servitore schiavo, chiamato con il diminutivo di Babo. 

Il nervosismo e la reticenza di Cereno, insieme alla particolare disposizione degli abitanti della nave – che include un corpo di uomini neri che affilano le accette in mezzo a un equipaggio bianco generalmente irrequieto – suscita il sospetto di Delano, un capitano che è venuto in soccorso della nave. 

In effetti, la maggior parte del racconto, narrato in terza persona con una focalizzazione rigorosamente mantenuta attraverso il flusso di coscienza di Delano, è un'oscillazione tra le paure del capitano del New England e le sue auto-rassicurazioni, un movimento d'onda emotivo che mima quello del mare.

Nell'atmosfera gotica della storia, la nave degli schiavi ricorda le abbazie in rovina e i merli crollati e possiamo quindi leggere una profezia dell'eventuale declino dell'America.

Forse l'interpretazione dipende anche da chi guarda l'evento. Il potere della novella deriva in parte dai limiti di prospettiva del punto di vista del lettore e della considerazione che avevano dei neri gli organismi preposti al potere a quei tempi.

Analizzando quindi la psiche dei personaggi, possiamo affermare che, ad esempio, il capitano Delano risulta intellettualmente mal equipaggiato per dimorare in un mondo di ambiguità (grigio, contro bianco e nero), di ombra (che deve essere distinta dalla sostanza), o di sofferenza (la passione evocata da "rood", sinonimo di "crocifisso" oltre che di unità di misura, in questo caso delle asperità nel cammino della vita). Delano è, a livello locale, una caricatura del trascendentalista con la sua definizione privativa del male e il suo idealismo compiacente, ma è anche, più ampiamente, una satira sulla sensibilità liberale in generale.

Babo, al contrario, con il suo genio nel mettere in scena lo spettacolo pubblico nell'interesse del suo popolo, non è altro che un maestro della politica. Il personaggio parla a malapena e non abbiamo accesso alla sua coscienza.

Non c'è incoerenza, quindi, nel vedere Babo sia come diavolo che come eroe, il vero protagonista della storia, se si considera la trasvalutazione dei valori dello scrittore romantico: "il male sia tu mio bene", un'interpretazione difendibile anche se controversa di ciò che sta a significare effettivamente che gli ultimi saranno i primi, quindi che i neri, un giorno, staranno al posto dei bianchi…

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