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La cavale, di Albertine Sarrazin

Andrea Brattelli parla del secondo romanzo di Albertine Sarrazin , scrittrice morta nel 1967 a soli 29 anni dei quali ben 8 trascorsi in car...

22/04/2022

Uomini e No di Elio Vittorini

Uomini e no è il primo romanzo a narrare la Resistenza. La ricerca di nuove tecniche di narrazione, ci spiega Andrea Brattelli, non lo rende un libro "facile" da leggere; ma resta un testo ricco di riflessioni importanti in vista della prossima ricorrenza del 25 aprile. «Questo era il modo migliore di colpire l'uomo. Colpirlo dove l'uomo era più debole dove aveva l'infanzia, dove aveva la vecchiaia, dove aveva la costola staccata e il cuore scoperto. Dov'era più uomo»


Uomini e no, il romanzo che Vittorini ha pubblicato nel 1945, dopo nove anni di silenzio, è il risultato dello sforzo, che lo scrittore compie, di conciliare i modi allegorici e tesi sperimentati in Conversazione con l’esigenza di giungere finalmente al realismo che domina la cultura in generale di quegli anni.

Il risultato, mi spiace confermarlo, non è dei più felici: il mito, la storia, l’interpretazione di fatti e personaggi contemporanei non sempre si fondono in un discorso narrativo coerente ed organico.

Ciò lo dirà anche lo scrittore, che riconoscerà che questo suo romanzo lo ha redatto con lo stesso impegno premeditato con cui partorì Garofano ma non gli diede lo stesso piacere a parità di sforzo.

L’opera è la storia del partigiano Enne 2 che vive la Resistenza a Milano nel 1944. Vivremo insieme a lui la ricerca dell’autenticità di vita e di impegno del mondo; indagine che è ostacolata dall’amore non corrisposto per Berta ed è anche per questo che l’uomo combatterà la sua ultima battaglia, per dimenticarla.

La tecnica del rallentamento del dialogo attuato mediante frequenti ripetizioni al fine di elevarlo in un’atmosfera irreale è usatissima per tutto il racconto fino a sfiorare un manierismo barocco.

Alcuni critici osservano che nello scegliere questo stile Vittorini si sia fatto influenzare dagli scritti di Faulkner, Anderson, Hemingway. Io penso invece che il narratore si sia imbarcato in una prosa che ha poi rallentato e si è irrealizzata nel tentativo vano di approcciarsi a quella di Conversazione. Il motivo? Troppi contingenti e precisi significati storici reali che non possono essere in alcun modo resi assoluti attraverso l’astrazione.

L’infanzia dell’autore e il presente si intrecciano in scritti in corsivo presenti nel libro. Ciò dà luogo a una “quarta dimensione” in cui la fantasia prende il sopravvento e vedremo un adulto che instaura dialoghi con una bambina, Berta appunto, interrogandosi sul perché ella non voglia amarla a prescindere dalle condizioni e da ciò che egli è disposto a fare per lei.

Allo stesso modo le sospensioni, le domande senza risposta, che nella realtà richiedono invece impegno diretto, si sovrappongono a dialoghi normali e li rallentano rendendoli monotoni.

In qualche caso, come nelle pagine iniziali in cui Enne 2 incontra Berta, queste tecniche funzionano, devo ammetterlo.

Forse dovrei cercare, invece di scegliere le pagine belle in Uomini e no e separarle da quelle populistiche con un non so che di lezioso, di fornire un’indicazione sul significato profondo del racconto narrato, dell’esperienza umana e politica del protagonista.

La storia tra ninfa vitale e quindi sboccia alimentata dalla purezza dell’umanità a cui si giunge attraverso il dolore. Ma il candore può esistere non solo nella passività, nella sottomissione al male; può esistere anche nell’azione, purché sia semplice e naturale.

Ciò avviene quando si realizza un mutamento nella storia indipendente dall’impegno non sempre razionale del protagonista e di altri personaggi, ovvero quando il fascismo sta per cadere, il Male sta per scomparire dal mondo e tutti potranno iniziare a credere in un Bene privo di ombre.

Lo stesso romanzo si chiude con una pagina scritta con il fine preciso di lasciare aperta qualche prospettiva per il futuro.

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