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03/02/2023

Jonathan Franzen, Crossroads

Lascio subito la parola (anzi: le parole) ad Andrea Brattelli che parla di un autore del quale ho iniziato due romanzi abbandonandoli subito. Vediamo se la recensione del mio socio divoratore di libri mi riporterà verso le "braccia" di Franzen, narratore e saggista.


Il nuovo romanzo di Jonathan Franzen, Crossroads, è il primo di una trilogia. Un tomo rievocativo degli anni ’70, dall’immagine in copertina dai colori caldi che rievocano ricordi di marzapane.

Nonostante la lunghezza, che potrebbe metaforicamente far concepire questo scritto, disquisendo geograficamente, al pari di una città molto vasta, la vera provincia dell'opera di Franzen è molto circoscritta. Il territorio è la famiglia, che si disintegra silenziosamente, e il suo interesse più divorante è il disagio esistenziale che si plasma al suo interno. Lo scrittore concede libertà ai suoi personaggi; una fiducia mal riposta che porterà ad una serie di cattivi eventi che strisceranno alla luce del sole come serpi su un prato.

L’opera è ambientata nella periferia di Chicago. Al centro ci sono gli Hildebrandt, un'altra delle famiglie apparentemente solide del Midwest, luogo ben conosciuto e studiato dal narratore, le cui fondamenta poggiano però su gusci d’uova.

Il tema preponderante è la religione. Nella narrativa di Franzen, le famiglie sono l’emblema del Credo che, sovente, si fonde con la superstizione e sono gli stessi componenti della famiglia ad offrire opzioni e metodi di salvezza fino alla nausea, all’apostasia.

Il titolo, Crossroads, si riferisce al nome di un gruppo giovanile popolare con sede in una chiesa locale, ma ha un secondo significato.

Conoscete la leggenda su Johnson? Incontrò il diavolo all'incrocio tra le autostrade 49 e 61 a Clarksdale, Mississippi, dove vendette la sua anima per diventare il miglior chitarrista di tutti i tempi. Per l’intero svolgersi della narrazione ognuno dei personaggi principali – Russ, sua moglie, Marion, e tre dei loro figli, Clem, Becky e Perry – soffrono di crisi di fede e di moralità. Si trovano ad un bivio e valutano ciò che il diavolo ha da offrire. Trafitti dalla bellezza del suono del blues sopprimono i loro desideri e ciò causa loro angoscia. Viene data a loro la possibilità di migliorare per molto tempo ma, alla fine, non fanno nulla, né per loro stessi né per gli altri.

Franzen infila l’ una dietro l’altra le loro storie usando le pagine del suo libro, arrotolandole a mo’ di cannocchiale e facendogli la punta in modo da scavare dentro le vicissitudini quotidiane che sono come affluenti di un fiume che sgorga dall’alta quota di cime di montagna coperte da nevi perenni.

Lungo le strade della cittadina gli Hildebrandt si distribuiscono su di un piano ideale. Possiamo idealizzarli come punti che sta a noi unire, composti dalle loro esperienze che li fanno anche separare, che a volte non risaltano ai nostri occhi perché nascoste da loro a tutto il resto del mondo e tendono a meravigliare anche loro stessi che non sanno come relazionarsi con un cervello che non segue più i loro istinti.

Il tutto ci apparirà, alla fine, come un diagramma di Eulero Venn.

Il personaggio che apre il sipario e da cui tutto sfocia è Marion, la moglie di Russ.

Quando la incontriamo per la prima volta tra le pagine del romanzo è una rompiscatole, conscia della sua nullità, moglie di un pastore sovrappeso. All’inizio la si giudica e basta, ma poi il narratore inizia, in maniera metodica, a strappare via gli strati della sua vita passata e ad appiccicarli come un bambino di una tipica famiglia americana attacca al frigorifero il suo compito di spelling con il buon voto scritto in fondo per farlo vedere ai genitori; così siamo costretti anche noi a leggere ciò che ha portato questa donna a diventare un essere così imbarazzante per i suoi cari.

Russ, d’altro canto, nonostante i difetti, ha le spalle abbastanza larghe da poter portare il peso della famiglia da solo.

I tempi però stanno cambiando nella solida e rispettabile New Prospect, Illinois, travolta da un vortice di sesso, droga e musica folk nel Natale del 1971 mentre la guerra del Vietnam volge al termine. All'interno della chiesa della “Prima Riforma” i fedeli stanno tentando di uscire vivi da questa tempesta, cercando di trovare ai loro figli qualcosa da fare che li impegni duramente nella società. I riferimenti però non ci sono, gli spunti sono meramente ideali e anche noi lettori viviamo questa città come un “flusso continuo di coscienza”.

Jonathan Franzen rimane il nostro affidabile nocchiere , pastore vero del gregge vacillante composto dai protagonisti e personaggi dell’opera.

Ad un certo punto però anche la nostra guida capisce che la cosa migliore da fare per renderci tutti partecipi della narrazione è renderci autonomi facendoci ragionare diffondendo dubbi, tensioni, spingendoci a porci domande.

I capi dei movimenti “Hippy”, dispensatori di filosofie di vita, le cui frasi di propaganda urlate sono accompagnate da danze di carattere didascalico e performance improbabili, sono come il “proxy” per le generazione successive le quali, alla fine, lotteranno solo per i privilegi dei maschi bianchi... Un presagio del mondo social odierno, tutto ciò!

Contrapposta a questa realtà, vi è la sfortunata figura del pastore, un uomo verso cui Franzen prova un sadico piacere nel farlo nascere e abbatterlo qualche pagina dopo per poi riforgiarlo nuovamente. Russ si considera un progressista, un amico dei Navajo e dei ceti sociali meno protetti, un ponte comune tra le persone divise dalla disparità sociali. Scopriremo che è lui, alla fine, colui che insinua i dubbi nei nostri animi comportandosi come Amleto durante il suo famoso soliloquio. I ragazzi di Crossroads lo inquadrano invece diversamente: un persona noiosa ed inquadrata; "un uomo bianco con il suo Dio bianco", al limite della ped*filia nei suoi rapporti con l'adolescente problematica Sally Perkins.

Questo dramma domestico apre una finestra sulla politica, si piega al peso delle problematiche del conservatorismo e radicalismo come il grano si flette a causa del vento forte, si rilevano gli attriti nella società dovuti al cristianesimo avulso dall’attivismo sociale e alla destra guerrafondaia di Nixon la cui figura e le allusioni alla sua persona, tra l’altro, pervadono tutto il romanzo.

Flannery O'Connor a suo tempo parlò del "momento di grazia" che appare in molte delle sue storie, "un momento in cui qualcosa di speciale ci viene offerto ma, per vari motivi, di solito rifiutiamo questo dono". Il romanzo di Franzen è pieno di questi attimi. Si tratta di prove che la vita ci pone davanti, non troppo difficili da superare, che ci servono per maturare, ma che la maggior parte di noi teme di non superare. Meglio quindi l'autocommiserazione che, dopo aver letto questo romanzo, inseriremo tra i peccati capitali.

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