«Voglio visitare il sarcofago del mio imperatore Francesco Giuseppe» risposi.
«Dio la benedica!» disse il frate, e fece sopra di me il segno della croce.
Il lamento di Roth per la perdita dell’impero austro-ungarico si traduce in una storia scritta su più livelli, a volte anche incoerente (non penso per esigenze o virtuosismi stilistici, piuttosto perché lo scrittore era un alcolizzato cronico). Si denota comunque bene il contrasto pre e post Prima Guerra Mondiale, del mondo deludente che il protagonista, Franz Trotta, si è lasciato alla spalle, non avendo più uno scopo per viverci, e quello in cui sta entrando, metaforicamente parlando.
«Dio la benedica!» disse il frate, e fece sopra di me il segno della croce.
Il lamento di Roth per la perdita dell’impero austro-ungarico si traduce in una storia scritta su più livelli, a volte anche incoerente (non penso per esigenze o virtuosismi stilistici, piuttosto perché lo scrittore era un alcolizzato cronico). Si denota comunque bene il contrasto pre e post Prima Guerra Mondiale, del mondo deludente che il protagonista, Franz Trotta, si è lasciato alla spalle, non avendo più uno scopo per viverci, e quello in cui sta entrando, metaforicamente parlando.
Incapsulato in un ideale di “nobiltà eroica” cerca di proiettarsi nel futuro ma scivolerà verso l’inevitabile. Egli è comunque più fortunato di altri, non ha perso tutto, qualcosa è riuscito a salvare ma comunque è rimasto inerme dinanzi al soccombere della società; cerca di arrabattarsi per ottenere una riconciliazione almeno momentanea con le persone che lo circondano e la quotidianità in generale. Non riuscirà a ribaltare la situazione e distribuirà amarezza da un paniere ancora caldo. Potremmo, noi lettori, biasimarlo, perché tutti sappiamo quanto siano stati deleteri per le persone gli anni tra le due guerre; non c’è tempo, in questi frangenti, di rivangare un passato svanito in una brezza primaverile come l’udito della madre del nostro personaggio principale.
A seguito di taluni cambiamenti c’è chi, come Francesco Ferdinando, riuscì a mandare suo figlio in Francia per proteggerlo, altri finirono in Siberia costretti ai lavori forzati...
A tal proposito, ho avuto il piacere di notare come Roth sia un maestro della modellazione delle scene in cui riesce a mostrare tutta l’acutezza dei personaggi protagonisti. Nella Marcia di Radetzky (che non è necessario leggere prima di questo romanzo) una sorta di inevitabilità a guisa di spirito guida accompagna le vicissitudini degli umani in preda a débâcle emotiva a causa della loro incapacità di adattarsi alla nuova realtà in netto contrasto con gli abitanti delle campagne, forgiati dalla vita rurale. In quest’opera invece è l’autore stesso che sistema come pedine le varie personalità e le lega come burattini ai fili del fato volta per volta.
In definitiva, a prescindere dai problemi di stesura che hanno minato la convincente trama di questo libro, posso affermare che La cripta dei Cappuccini sia simile al Grande Gatsby in quanto la storia e le persone che ne fanno parte sono una metafora onnicomprensiva di un mondo perduto e di sogni infranti.
A seguito di taluni cambiamenti c’è chi, come Francesco Ferdinando, riuscì a mandare suo figlio in Francia per proteggerlo, altri finirono in Siberia costretti ai lavori forzati...
A tal proposito, ho avuto il piacere di notare come Roth sia un maestro della modellazione delle scene in cui riesce a mostrare tutta l’acutezza dei personaggi protagonisti. Nella Marcia di Radetzky (che non è necessario leggere prima di questo romanzo) una sorta di inevitabilità a guisa di spirito guida accompagna le vicissitudini degli umani in preda a débâcle emotiva a causa della loro incapacità di adattarsi alla nuova realtà in netto contrasto con gli abitanti delle campagne, forgiati dalla vita rurale. In quest’opera invece è l’autore stesso che sistema come pedine le varie personalità e le lega come burattini ai fili del fato volta per volta.
In definitiva, a prescindere dai problemi di stesura che hanno minato la convincente trama di questo libro, posso affermare che La cripta dei Cappuccini sia simile al Grande Gatsby in quanto la storia e le persone che ne fanno parte sono una metafora onnicomprensiva di un mondo perduto e di sogni infranti.
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