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La cavale, di Albertine Sarrazin

Andrea Brattelli parla del secondo romanzo di Albertine Sarrazin , scrittrice morta nel 1967 a soli 29 anni dei quali ben 8 trascorsi in car...

07/05/2021

Guy de Maupassant, Una vita

Andrea Brattelli ci parla del primo romanzo di Maupassant. Dal 1881 lo scrittore francese inizia a soffrire di emicranie che tiene a bada con stupefacenti. Proprio allora pubblica la sua prima raccolta di racconti, La casa Tellier, che ha subito successo. Scrive tanto Maupassant, che nel 1883 termina il suo primo romanzo Una vita, prima come scritto d’appendice su un quotidiano e poi pubblicato in volume, vendendo parecchie copie. Il figlioccio di Flaubert, onesto, allergico all'ipocrisia borghese e clericale, sensibile e attento ai più deboli, morirà di neurosifilide nel 1893 a neppure 43 anni, dopo quasi due anni di incoscienza e un tentativo fallito di suicidio.


Una vita 

Il lettore capace di ascoltare le parole contenute nelle frasi dell’autore, che lasciano solchi profondi come ferite inferte dalle sue angosce, frutto della sua visione pessimistica della vita, si accorgerà che Maupassant non è uno scrittore di romanzi ameni. Ci trae in inganno il suo fraseggiare breve e scorrevole, il suo descrivere l’essere umano in maniera volgare, volto quasi esclusivamente ad assecondare istintivamente il desiderio di godimenti materiali, allettato dalla vita mondana.

Nello scrittore non vi è una predisposizione naturale alla gioia di vivere; quest’ultima è un’aspirazione tormentante, un’ansia segreta di liberazione, che si consuma nell’atto stesso in cui viene soddisfatta, accrescendo così lo sconforto e l’inquietudine.

Questi sentimenti si nascondono sotto la sabbia dello scorrere del tempo mentre la trasparenza, come l’acqua di mare che accarezza i fondali dei mari, facilita la comunicazione allo stato puro.

Il mestiere dello scrittore, secondo Maupassant, è quello di far compiere uno slancio al lettore e di saper fargli leggere nel tempo la corretta cronologia degli avvenimenti, in modo da farlo respirare a pieni polmoni la vita, obbligandolo a trascurare divertimenti e commozioni a favore di una comprensione profonda dell’universo e delle cose che ci circondano.

Per destare in noi un’emozione quindi, non diversa da quella che ogni autore prova dinanzi allo spettacolo della vita, Egli deve riprodurla con scrupolosa verosimiglianza.

La serietà di Maupassant non può dunque essere revocata in discussione e, anzi, l’esplicita formulazione del suo programma d’arte mette in evidenza il suo aggiornamento coi problemi di struttura tecnica che sono propri del racconto e del romanzo e ad un tempo il suo proposito di farli progredire sulla strada di soluzioni convincenti.

Il romanzo così concepito vi guadagna quanto ad interesse, a dinamica narrativa, a colore, a ritmo vitale.

Invece di illustrare a lungo lo stato d’animo di un personaggio, gli scrittori obiettivi, non necessariamente naturalisti, cercano di cogliere quell’azione o quel gesto che un certo stato d’animo deve far compiere necessariamente ad un dato individuo in una determinata situazione; e da un capo all’altro del romanzo fanno sì che codesto individuo si comporti in maniera tale che ogni suo atto o movimento siano il riflesso della sua natura interiore.

Essi nascondono pertanto la psicologia e ne fanno la carcassa dell’opera, così come l’ossatura invisibile è la carcassa dell’essere umano.

Maupassant, sostanzialmente, aderisce al principio dell’impassibilità dello scrittore recependolo come stimolo alla scrupolosa descrizione del reale e soprattutto accettandolo quale reagente alla tentazione di inserirsi nel racconto con effusioni liriche e ricordi di esperienze autobiografiche.

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