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La cavale, di Albertine Sarrazin

Andrea Brattelli parla del secondo romanzo di Albertine Sarrazin , scrittrice morta nel 1967 a soli 29 anni dei quali ben 8 trascorsi in car...

24/09/2021

E non disse nemmeno una parola di Heinrich Böll

Stavolta Andrea Brattelli ci parla di un capolavoro scritto nel 1953 da Heinrich Böll, uno tra gli autori tedeschi più popolari del dopoguerra e premio Nobel per la letteratura nel 1972. Spoiler: Andrea ne approfitta per parlare del Coronavirus e dell'importanza della prevenzione.



Mi accingo a recensire il romanzo di Heinrich Böll E non disse nemmeno una parola non senza, questa volta, inserire una digressione su una vicenda personale.

In sintesi possiamo affermare che in questa sua opera lo scrittore pone sotto i riflettori i problemi matrimoniali di un rimpatriato di guerra che derivano principalmente dall’alienazione di vivere in povertà in una grande città che non lascia spazio alla carità.

Una persona come il nostro scrittore tedesco, da sempre impegnato nella politica oltre che nello scrivere, non poteva lasciarsi sfuggire questa occasione per lanciare una pesante invettiva sulle politiche sociali di reinserimento sopravvissuti nella vita di tutti i giorni.

Fred Bogner, il protagonista, è separato dalla moglie Käte e dai suoi tre figli a causa dei suoi problemi economici e di natura post traumatica. Lavora come impiegato telefonico per un'autorità ecclesiastica e vive in affitto in un piccolo appartamento facente parte di un agglomerato popolare urbano in un simil ghetto.

Egli però incontra a volte la moglie in uno squallido motel perché entrambi sentono il bisogno ancora di avere rapporti puramente fisici tra loro.

In questo suo scritto, il narratore si confronta apertamente con il cattolicesimo perché è sinonimo di fede, amore e speranza.

In realtà la maggior parte delle persone che frequentano gli edifici ecclesiastici sono in realtà dei farisei che dedicano le loro attenzioni e la loro finta carità cristiana solo a coloro da cui possono ottenere benefici e per apparire. Una coprotagonista, ad esempio, la signora Franke, è un membro attivo della Chiesa Cattolica ma non fa nulla per i poveri figli piccoli di Fred, per alleviare i loro patimenti di freddo e fame; fa parte di quella borghesia tedesca, ipocrita e falsa, che dall’alto osserva una società in pieno disfacimento.

In contrapposizione alla signora Franke troviamo la ex moglie del protagonista, Käte Bogner.

Quest’ultima non partecipa agli eventi delle associazione ecclesiastiche e odia i sacerdoti perché vivono in case di lusso, sprezzanti della povertà di coloro che non hanno né vitto né alloggio.

Lei però non ha perso la fede, anzi: esorta Fred a pregare affinché le cose migliorino e trova nella contemplazione di Dio al chiuso del suo piccolo, sudicio appartamento l’unica maniera per estraniarsi da un mondo nauseante che gli scorre fin dentro le vene e che gli rende la vita impossibile e che le fa sembrare tutto sporco come il suo monolocale, che le fa apparire tutto come un problema, compresi i suoi figli.

Fred non prega perché disprezza la Chiesa e gli ecclesiastici. Non riesce a dissociare la parola di Dio, colma d’amore, dai comportamenti opportunisti dei sacerdoti; mi viene in mente un paragone con i tempi odierni, con ciò che stiamo vivendo con la pandemia. Quanti di noi invece che seguire le regole affinché il Coronavirus si diffonda il meno possibile e non muti fanno ciò che gli conviene, peccando di scarsa onestà intellettuale e di scarso senso civico, non basandosi sui dati ma su ciò che affermano i “guru” in televisione tra cui spiccano anche medici più propensi al protagonismo che non alla compassione per i malati?

Il linguaggio da loro utilizzato non è in uno stile che possa influenzare positivamente il popolo ma per esaltare il proprio ego e risulta quindi complesso e noioso.

Il linguaggio del testo, in generale, si adatta alla banalità della vita quotidiana, quindi non è elaborato.

Fred Bogner e i problemi del suo matrimonio sono il fulcro di tutta la storia.

Dallo scrittore tedesco viene rappresentato come una persona senza forza di volontà che nella vita si adatta a fare il minimo indispensabile per campare ed evitare “lavate di testa” e le invettive dalla moglie.

In realtà il personaggio sarebbe da analizzare meglio, alla luce del fatto che qualsiasi uomo torna cambiato dalla guerra e porta con sé un fardello di pensieri ossessivi e intrusivi, frutto anche di una sindrome da sopravvissuto che si manifesta, come descritto nel romanzo, anche nel vagare in continuazione (wandering nel linguaggio tecnico di chi studia malattie come l’Alzheimer) presso cimiteri, le cui tombe custodiscono i corpi degli amici che non ci sono più.

Un parallelismo quindi lo vorrei fare con la situazione vissuta da quelli come me e con i meno fortunati di me, che hanno mogli e parenti che, lavorando nel settore sanitario, hanno patito le pene dell’inferno durante la pandemia, in particolar modo nel Febbraio del 2020.

Infermieri e medici erano come fanti al fronte. Mia moglie, ad esempio, quando prese il Coronavirus fui costretto a curarla in casa, sperando di non ammalarmi come lei. Gli ospedali erano totalmente collassati e non si poteva fare altrimenti. Grazie al nostro medico di base siamo riusciti ad ottenere farmaci efficaci e a tener monitorata la situazione. Quando dopo qualche mese guarì, dovremmo far fronte a spese per verificare con delle analisi se il Coronavirus avesse causato danni al nostro corpo.

La situazione psicologica per lei non fu semplice: colleghe morte, oppure rimaste invalide, oppresse psicologicamente, che hanno anche abbandonato la famiglia.

Dopo la malattia pensavo che sarebbe filato tutto liscio, ma anche io avevo dei pensieri intrusivi che mi facevano sentire colpevole per quelle persone, amici e mariti che erano rimasti senza moglie e bambini senza madri; il mio rimanere in vita, riflettevo, è dovuto solo all’età e alla genetica e non ad un merito vero e proprio. Per compensare cercavo e cerco di fare qualcosa per gli altri tramite la Chiesa ma per una speranza di redenzione, non per carità cristiana.

La narrazione molto realistica, attenta e veritiera fa riflettere come tutto sia banale dinanzi alla guerra che lascia sulla sua strada vittime innocenti. Molto convincente la figura delineata da Boll di Fred che è un piccolo uomo che ha dovuto subire la guerra e non ha particolari ideali: attraverso di lui sarà il lettore a dover stabilire, secondo i suoi canoni, se le battaglie siano ingiuste o meno perché i personaggi di questo romanzo sono troppo ignavi per farlo.

Si ringrazia la dottoressa Cristina Brasi per l’aiuto e il supporto nello scrivere questa recensione.

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