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01/10/2021

Il sole è cieco, di Curzio Malaparte

Oggi Andrea Brattelli ci parla de Il sole è cieco, un romanzo autobiografico del 1947 (ma pubblicato dapprima a puntate su Il Tempo nel 1941) attraverso il quale Curzio Malaparte fa una cronaca delle vicende di guerra, trasportando il giornalismo nella letteratura come molti altri scrittori: basti pensare a Omaggio alla Catalogna di George Orwell, per citarne uno.



Romanzo dedicato ai soldati francesi e italiani caduti sulle Alpi nel giugno del 1940 nel quale tutto ciò che è narrato dallo scrittore è autentico.

Sono i morti in guerra che forniscono al romanzo un tono disincantato; echeggiano tra le spelonche le loro grida ormai remote.

Cavie inutili di un inutile conflitto perché nell’Europa di allora non vi era nulla di così gran valore da dover perdere la vita per conquistarlo.

Fu una ostinata ostilità senza vittoria, pur ritenendo, sentenzia Malaparte, che forse è più immorale vincere una guerra che perderla.

Il Sole, inteso in questo romanzo come una divinità degli antichi, ad esempio Apollo, illumina gli uomini e le vicende accadute su quei monti. Senza alcuna retorica possiamo stabilire che le battaglie sembrano condotte dal Fato, che tramite dei delle religioni politeiste e anche di quelle monoteiste come Caino, in maniera crudele, semina strage.

Non si può chiedere a queste entità sovrannaturali di soffrire con noi uomini, di provare compassione per le nostre sofferenze, come accade nei racconti liturgici di una certa rozza teologia medievale autosacramentale dove o è tutto bianco o è tutto nero.

Il sole è cieco e si muove come un bambino bendato che cerca di acciuffare i compagni di giochi…Avulso da quella stella che un tempo illuminò anche Ettore perito per mano di Achille. Sembra aumentare la sua forza gravitazionale facendo cambiare i percorsi di rotazione e rivoluzione terrestri e, metaforicamente, anche l’esito della storia degli uomini.

Il Destino lo creiamo noi esseri umani, l’occhio senza palpebre dentro di noi ci fissa senza vederci; splende impassibile fuori e dentro di noi e a picco sulla nostra coscienza.

In questo scritto è posto un dramma insolito per il popolo italiano: quel sentirsi, per la prima volta, in tutto il corso della sua antichissima storia, fuori dalla coscienza civile del mondo, quel doversi far giudice di se stesso espiando colpe come un povero cristiano.

Dalla baracchetta di pietra sul Monte Bianco, rifugio Geédoz, Curzio Malaparte ha iniziato nel luglio del 1940 a scrivere questo libricino, domandandosi inizialmente (e cercando risposte) sul fatto che gli italiani in campo abbiano provato rimorsi di coscienza scagliandosi in attacco proditorio contro una Francia già vinta ed umiliata.

L’opera fu terminata nell’agosto dello stesso anno in Val d’Aosta e rappresenta una cronaca autentica e veritiera del dramma di coscienza del popolo italiano, libro di cui se ne può constatare facilmente anche il valore artistico.

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