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04/02/2022

Into the Wild (Nelle terre selvagge) di Jon Krakauer

Oggi Andrea Brattelli ci parla di una storia tragica realmente accaduta, quella raccontata da Jon Krakauer in Into the Wild  (Nelle terre selvagge). Dal momento dell'uscita del libro, nel 1996, e del meraviglioso film che ne è stato tratto da Sean Penn nel 2007, interpretato da un eccezionale Emile Hirsch, l'opinione pubblica si è divisa: da una parte chi come me ha sempre trovato comprensibile la scelta rivoluzionaria di Christopher McCandless, novello San Francesco che se ne fregava della sua posizione privilegiata, a costo di mettere a rischio la propria vita; dall'altra chi, nel migliore dei casi, lo vede come un povero minorato o come un fallito senza midollo. A voi, che leggete, l'ardua sentenza.



Into the Wild (Nelle terre selvagge) di Jon Krakauer è il resoconto della vita di Christopher McCandless il quale, dopo essersi laureato nel 1990, si disfò di tutti i suoi averi (era di famiglia benestante) e vagò senza meta per l’America fino ad arrivare in Alaska lasciando dietro di sé parenti in preda alla disperazione, in un’ottica totalmente egoistica di raggiungimento della pace dei sensi, ispirandosi e fondendosi con la Natura tanto decantata da Jack London, senza aver capito che senza cognizione di causa i boschi, con il sopraggiungere della notte e del clima freddo, possono diventare una trappola mortale.

L’autore si è preso la briga di cercare e parlare con tutte le persone che conobbero questo ragazzo; le interviste che si susseguono nel testo si alternano a frasi trovate nei suoi diari rinvenuti: periodi tratti da scritti di Thoreau, Tolstoj ecc.

Da questa frase in particolare: “Quando perdoni, ami. E quando ami, la luce di Dio risplende su di te", si evince che alcune persone seguono le percussioni di un loro “tamburo” interiore, bramano viaggiare ascoltando e assorbendo il ritmo dell’ambiente che li circonda, facendosi accarezzare dal vento, dal sole, dalle intemperie, rifiutando ogni convenzione sociale. Vivono in simbiosi e a volte, purtroppo, diventano vittime di esperienze crude e non filtrate.

Potrebbe sembrare questo un racconto in prima e terza persona di un uomo coraggioso e forse si è spronati a comprare il libro proprio perché si pensa che si leggerà un romanzo di avventura: nulla di più sbagliato.

Si narra la vita di un giovane che rifiuta il materialismo, gli sprechi, la vita frenetica e dettata da ritmi prestabiliti. Lo fa fuggendo. Mi chiedo se sia fuggito innanzitutto dai suoi problemi e dalle sue responsabilità. Si può cambiare il mondo anche ritagliandosi degli spazi nella propria vita dedicando del tempo ad altri, costruendo qualcosa di nuovo e un mondo migliore con l’aiuto di altri esseri umani.

Christopher era un ragazzo molto intelligente e prestante fisicamente, ma poco saggio: non aveva l’abilità nel vivere.

Alcune persone che lo conobbero, appresa la notizia della sua tragica fine, se la presero con Dio per non averlo salvato. Secondo me se esistesse un’entità superiore, direbbe loro che il nostro avventuriero aveva una famiglia amorevole con cui confrontarsi e che non lo avrebbe mai lasciato solo nelle difficoltà, che gli era stata donata alla nascita per preservarlo dalle asperità. Ha giocato male le sue carte.

Penso che Jon Krakauer abbia voluto puntare i riflettori sul fatto che per la ricerca dell’autostima una persona debba distanziarsi dai cliché che i media ci portano a sorbirci non facendoci accettare la diversità: tutto oggettivamente giusto, ma, in questo caso, mi sembra un pensiero fuori luogo.

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