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La cavale, di Albertine Sarrazin

Andrea Brattelli parla del secondo romanzo di Albertine Sarrazin , scrittrice morta nel 1967 a soli 29 anni dei quali ben 8 trascorsi in car...

11/02/2022

Picnic ad Hanging Rock di Joan Lindsay

Stavolta, per San Valentino, Andrea Brattelli ci parla di un libro che qualche anno dopo diventerà un famoso e inquietante film di Peter Weir: Picnic ad Hanging Rock di Joan Lindsay, pubblicato nel 1967. Ad accrescere il mistero attorno alla storia ambientata nel 1900, il trucco di dare l'impressione che fosse tratta da fatti realmente accaduti. La spiegazione di quanto accaduto nel romanzo avverrà solamente alla morte della scrittrice, per un accordo con l'editore.

«Sebbene il giorno di San Valentino sia in genere dedicato allo scambio di regali e ad affari di cuore, sono trascorsi esattamente tredici anni da quel fatale sabato in cui un gruppo di circa venti allieve e due insegnanti partì dall'Appleyard College sulla strada di Bendigo per un picnic a Hanging Rock. Una delle insegnanti e tre ragazze scomparvero nel pomeriggio. Solo una venne poi ritrovata.»


Siamo nel giorno di San Valentino del 1900. Con una veduta a volo d’uccello la scrittrice ci propone la seguente ambientazione per il suo racconto: cicale che friniscono, dalie cadenti, prati baciati dal sole, fanciulle che sgambettano tra i fiori; fotografa, fondamentalmente, una calda mattina d’estate fuori stagione. Devo ammettere che, nel Pantheon delle mie scrittrici preferite, la Lindsay è sempre stata tra le migliori “pittrici” di costruzioni sceniche mai conosciute. Il tutto si percepisce come un fermo immagine nel quale delle ragazze si preparano per una gita al monolitico Hanging Rock... Ma qualcosa di tremendo sta per accadere.

Un mistero che si apprezza con una inquietudine che sembra di origine onirica, che scaturisce da quei sogni che si fanno dopo aver fatto l’amore su un prato, quando ci si ritrova con la schiena umida di petali di fiori schiacciati dai corpi nudi.

La narratrice prova a suggerire, prima di iniziare, che la storia sia vera. Molto probabilmente non lo è ma sembrano reali, grazie alla sapiente descrizione, i corpi delle ragazze sui quali vestiti serpeggiano lucertole e ronzano coleotteri, le vesti strappate, le gonne lacerate che suggeriscono un nauseante erotismo dall’odore acre.

Le persone in città, non vedendole tornare, le immagineranno morte, i loro corpi fracassati al suolo in balia degli animali selvatici, in un misto di santità, data la loro illibata giovinezza sprofondata nel degrado.

Il soprannaturale ci terrà incollati al romanzo insieme alla domanda che ci porremmo su un biglietto dal significato arcano di cui si fa riferimento durante il racconto.

Le domande che ci poniamo durante la lettura sono: in che modo le nostre azioni influiscono sulla vita altrui? Che fine hanno fatto le ragazze? Come cambia lo spirito di una comunità dinanzi alle tragedie?

Quesiti che si dipaneranno come un fronte d’onda, insieme all’inquietudine e ad arcani risvolti.

I personaggi che incontriamo sono caratterizzati semplicemente, ma, al contempo, in maniera efficace. Saltano fuori come da uno scrigno e, in poche pagine, si descrivono le vite di sei persone.

A volte, devo ammetterlo, mi sembra ci sia troppa carne al fuoco. Molte descrizioni, tanti personaggi fin troppo riflessivi ma dai pensieri inconcludenti dato che non avranno una vita spensierata in futuro ma più dedita all’autolesionismo, troppe situazioni ambigue che si intrecciano con articoli di giornale e testimonianze.

Questo è ciò che rallenta un po’ la narrazione rispetto al film tratto da questo scritto.

Joan Lindsay a volte ci lesina le informazioni, altre volte dichiara tutto apertamente, e, alla fine, ci si sente come se ci si alzasse da tavola con lo stomaco ancora un po’ vuoto, e invece di porci la domanda su cosa volere ancora dovremmo pensare a chiederci se al di fuori della stanza in cui siamo c’è qualcosa di diverso per noi che ci può rendere appagati perché i mezzi di cui disponiamo per rapportarci nel mondo che ci circonda non sono sufficienti.

Riporto, a tal proposito, una frase di Marion, personaggio presente nel libro: "Un numero sorprendente di esseri umani è senza scopo. Anche se è probabile, ovviamente, che stiano svolgendo qualche funzione necessaria sconosciuta a se stessi."

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