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La cavale, di Albertine Sarrazin

Andrea Brattelli parla del secondo romanzo di Albertine Sarrazin , scrittrice morta nel 1967 a soli 29 anni dei quali ben 8 trascorsi in car...

08/04/2022

Umberto Eco, il pendolo di Foucault

Che cos'è il pendolo di Foucault? Un enorme pendolo sferico (un cavo di oltre 60 metri con attaccata una sfera di 28 kg) che fu appeso nel 1851 alla cupola del Panthéon di Parigi da Léon Foucault (1819-68), per dimostrare la rotazione terrestre. Ma è anche (e soprattutto) un libro di Umberto Eco, del quale ci parla Andrea Brattelli. Confesso di non essere mai riuscita a terminare la lettura di questo malloppo da 800 pagine edito nel 1988 e recentemente ristampato da La nave di Teseo, ma dopo aver letto le sue riflessioni magari potrei ritentare. Tre redattori editoriali, dopo avere frequentato autori fissati con le scienze occulte, le società segrete e complotti di vario tipo, decidono di inventare un "Piano"... 


Se posso permettermi di riassumere il significato di questo libro, penso che quest’opera si possa definire un viaggio dell’uomo trascinato nell’abisso dalle teorie del complotto.

Ogni tanto rileggo sempre qualche pagina di un romanzo che ho già letto; se qualcosa mi colpisce in maniera inusitata rispetto alla prima lettura, ne scrivo una recensione.

Quando mi sono soffermato nuovamente su qualche passo di questo scritto era il periodo in cui su vari gruppi, di vari social, degli scalmanati gridavano al nuovo ordine mondiale.

Ho trovato quindi delle analogie tra i complotti orditi secondo queste persone da famigerate società segrete e “Il Piano” di cui si scrive in questo libro, ovvero una battaglia contro le forze del male condotta da paladini del mondo. Una curiosità: “Il Piano” è anche il nome della guerra segreta che secondo alcuni Trump stia combattendo contro la società occulta dei Qanon.

Intricato, ricco di speculazioni filosofiche e con molte digressioni storiche tali da renderlo sfarzosamente barocco in tal senso, con Il pendolo di Foucault Umberto Eco intende dimostrare che anche l’escatologia medievale può essere fonte di intrighi come quelli presenti nei film di Indiana Jones.

I tre protagonisti della storia lavorano nel campo dell’editoria. Iniziano a indagare sui Templari e tutto inizia quando uno di loro scompare e gli altri due entrano nel suo computer dove il ricercato ha annotato tutte le sue idee e ricerche, per capire dove si possa trovare.

Inizia un gioco in cui si associano documenti trovati nei meandri dell’hardware per capire cosa, tra gli scritti di Belbo, possa essere vero oppure inventato.

Il pendolo fu inventato da Jean Bernard Leon Foucault (1819-68) per dimostrare la rotazione della terra. L’opera stessa oscilla tra l’erudizione dell’autore che si riscontra anche ne Il nome della rosa e scene pruriginose, metafora dei racconti spazzatura che trattano i tre editori per tirare a campare.

Il triumvirato di editori - Diotallevi, Belbo e Casaubon - decide, come in un gioco, di alimentare tutte le trame ermetiche che troveranno celate nel computer.

Camminano al buio, attraverso un museo di invenzioni meccaniche, alla ricerca di un nascondiglio. Nel mentre inciampano tra il ciarpame costituito dai rifiuti che la civiltà abbandona dopo essersi cibata per secoli senza ritegno, non vanno da nessuna parte perché sono cocchieri di carrozze senza cavalli e attraversano un mondo fatto di specchi deformanti. Temono il loro stesso respiro pesante e tellurico, il loro ansimare, le ossa che scricchiolano.

Tutti gli avvenimenti convoglieranno, come in un disegno prospettico, verso un punto focale impersonato dal colonnello Ardenti artefice di una folle cospirazione che prevede l’uso di correnti telluriche create con l’elettricità convogliata attraverso le pietre di Stonehenge, i menhir, addirittura la torre Eiffel.

I druidi erano stati i primi osservatori a mappare e trovare analogie tra la forma delle costellazioni e le tracce per far passare i cavi elettrici in antiche costruzioni, ma presto altre popolazioni combatterono per averne il controllo.

Eco riconosce una distinzione tra arte "alta" e "bassa", e insiste sulla superiorità formale del basso: "Forse solo la finzione a buon mercato ci dà la vera misura della realtà” asserisce. La “Grande Arte” ci prende in giro tanto quanto ci conforta, perché mostra il mondo come gli artisti vorrebbero che fosse. Il romanzo è, tuttavia, una dima in cui il narratore finge di scherzare, ma poi ci mostra il mondo come è in realtà - o almeno il mondo come diventerà ...

La moderna tecnologia informatica fornisce la chiave con cui i cabalisti (tra cui uno dei protagonisti dell’opera in questione, il filosofo Abulafia) hanno cercato di far prendere vita alla loro metafisica.

È questa la chiave di lettura di tutto, perché come vi è distinzione tra arte “alta” e “bassa” vi è anche differenza tra linguaggi di programmazione di alto livello e basso livello con cui descriviamo il reale e cerchiamo di farlo rispondere alle nostre esigenze comandandolo dall’alto e dal basso.

Analisi fattoriale, calcolatrici binarie, cabala applicata alla tecnologia moderna, tutti strumenti che gli esseri umani utilizzano per realizzare quanto scritto poc’anzi.

Strano, o non così strano, che le abbreviazioni gesuite prefigurino così bene il computer, o che i computer debbano avere una riverenza spuria incorporata nel loro hardware. ''IBM: Iesus Babbage Mundi, Iesum Binarium Magnificamur. AMDG: Ad Maiorem Dei Gloriam?”

Troppi romanzi "letterari" usano la loro letterarietà come scusa per costruire narrazioni non curate, e questa stessa noncuranza determina che le loro fondamenta rimarranno instabili, la trama sottosviluppata e irrisolta. Lo scrittore qui invece inverte il processo, attenendosi strettamente alle convenzioni della narrativa di genere e poi (ancora più efficacemente che ne Il nome della rosa) trovando analogie tra diversi tipi di mistero, costruendo ponti tra forme fisiche e psicologiche e, di conseguenza, negandosi il lusso di lasciare fini slegati o enigmi irrisolti. Rispetta le restrizioni formali della narrativa popolare e innesta su di esse la serietà di intenti che associamo alla "Grande Arte": possiamo dire che per Eco, come per Belbo, deve essere arrivato un momento in cui si è reso conto che "non aveva senso scrivere senza una seria motivazione".

Definire Umberto Eco come un "post-modernista", quindi (come molti critici sono felici di fare), risulta impreciso. Anthony Burgess sottolinea che egli, ai tempi, stava ancora imparando a descrivere e discernere durante la scrittura di un libro il reale e fasullo ; la sua preoccupazione è sempre stata discutere di libri che parlano di libri, di farlo con autoironia, mise in evidenza la sua ossessione semiologica; ma tutto ciò graffia solo la superficie del pensiero di questo autore. È vero, egli non solo condivide la dottrina secondo cui la semiotica del linguaggio determini la realtà, ma la porta anche alla luce creando opportunamente la meccanica su larga scala della trama, con cui si percorre il post modernismo per uscire da un nucleo di umanesimo profondamente antiquato.

Un’ultima curiosità: Umberto Eco a causa di quanto è riportato in alcuni passi di questo romanzo è stato definito antisemita perché fa riferimento al fatto che Hitler non ha rispettato degli algoritmi matematici e ha reso la sofferenza degli ebrei all’interno dei campi di concentramento inutilmente troppo lunga.

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