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La cavale, di Albertine Sarrazin

Andrea Brattelli parla del secondo romanzo di Albertine Sarrazin , scrittrice morta nel 1967 a soli 29 anni dei quali ben 8 trascorsi in car...

27/05/2022

Giungla d’asfalto di W.R.Burnett

Oggi Andrea Brattelli ci parla di Giungla d’asfalto, un romanzo pubblicato nel 1949 da W. R. Burnett, che fu portato sullo schermo da John Huston l'anno successivo raccogliendo l'approvazione dello scrittore. L'espressione "giungla d'asfalto" definisce in modo eloquente il senso di ansia legato alla vita nelle metropoli spietate, che non lasciano scampo a chi soccombe: un punto di vista evidentemente critico verso il capitalismo. Burnett, che lavorò molto a Hollywood come sceneggiatore, nel suo libro che ben si presta a una trasposizione cinematografica, caratterizza in modo efficace i "suoi" criminali decisamente umani.



Per fare una rapina c’è bisogno di un pilota di auto esperto, di uomini capaci di maneggiare “ferri” e quindi di sparare e resistere negli scontri a fuoco; ma, in modo particolare, ci vogliono dei delinquenti…

Molti registi, sceneggiatori, scrittori, negli anni si sono cimentati nel raccontare storie di furti e colpi messi a segno dai cattivi di turno ai danni di proprietari di gioiellerie e banche.

Quando e perché accade che alcune storie ci attraggono più di altre? Quante tipologie di polizieschi esistono? Alcuni preferiscono quando la narrazione è in prima persona, altri quando la narrazione è veloce e piena di colpi di scena che ti sembra di vivere i fatti come se stessi sulle montagne russe, mentre ti scorrono rapidi dinanzi agli occhi. Talune persone prediligono un racconto noir piuttosto che un poliziesco vero e proprio.

Nel caso di Giungla d’asfalto la differenza è insita nel titolo: la peculiarità in questo romanzo d’azione è che il protagonista della vicenda è proprio l’asfalto.

Illuminato dai neon di insegne luccicanti, abbagliato dalla luce fioca di lampioni sudici e dal rosso dei semafori, svolge meccanicamente, in maniera efficace, la sua funzione, che ci sia passaggio di auto o no.

Vista per lo più di notte, infatti, la città è un'entità vivente, spietata e indifferente alle lotte dei piccoli umani che pensano di poter controllare il proprio destino. Una volta inghiottiti dalla giungla d'asfalto diventano prede, spesso schiacciate dagli ingranaggi senz'anima della sua amministrazione o dalla ferocia dei suoi teppisti. Teppisti che spesso possono essere travestiti da poliziotti di alto rango, avvocati o politici.

L'autore ha una notevole capacità di evocare la cupezza della città in cui è ambientata la storia. Non viene mai nominata, a parte essere indicata come una "Midwestern City", ma questo anonimato aumenta una voluta alienazione anche nei lettori che si sentono di sperimentarla insieme ai protagonisti e comparse del romanzo: si diventa rispettosi della legge e criminali allo stesso tempo.

Le fondamenta della storia sono queste: un insignificante piccolo medico tedesco, appena uscito di prigione, entra in contatto con un amico di un socio della galera che spera possa aiutarlo a eseguire un'audace rapina di gioielli. Il piccolo tedesco ha bisogno di soci che lo aiutino a compiere il furto, quindi di un autista, un fabbro, un delinquente comune, un finanziatore.

Burnett è nella profondità delle sue caratterizzazioni che eccelle; nessuno dei personaggi è unidimensionale. Con Dix ed Emmerich l'esplorazione dell’animo umano è estremamente probante a livelli filosofici. All'inizio entrambi gli uomini sono mostrati sotto una luce pura, senza compromessi di sorta; i loro notevoli difetti incombono attimo dopo attimo che la trama si dipana. Nel corso dell’opera assumono strati di complessità fino a quando, alla fine, diventano persone che possiamo capire e compatire. C'è poi Doll Pelky, un personaggio apparentemente minore. Si aggrappa a Dix: "Era pazza per questo grande vagabondo." Il perché non importa, lo era e basta.

E così la trama scorre, senza colpi di scena o grandi sorprese e ciò che mi incuriosisce è il modo in cui l'autore sia riuscito a creare le relazioni tra i vari personaggi, con i loro fallimenti, le loro illusioni e, in fondo, la loro solitudine. Sono perdenti e faticano a vivere, non solo a rimanere a galla: ognuno di loro ha ancora un piccolo sogno, qualcuno una donna, qualcuno una fattoria, qualcuno una famiglia. Insieme lavorano bene, ma ognuno di loro da questa esperienza ne uscirà male.

La polizia, come nella vita reale nei giorni in cui è stato ucciso Floyd, oppure Cucchi ecc. ne viene fuori come un rullo compressore formato da uomini che vogliono solo esprimersi tramite la pura violenza, poco intelligenti. La City, la giungla d'asfalto, diventa la metafora di una gabbia che uccide l'umanità e l'immaginazione, con la durezza del mondo criminale, la brutale violenza della polizia e l'indifferenza del resto del mondo. I protagonisti si muovono in questo contesto, ognuno alla ricerca di un riscatto personale; ognuno mette la sua parte nel gioco di squadra e il problema è che anche il Destino lo fa: svelerà situazioni sempre più intricate e inevitabili, compromettendo la redenzione dei protagonisti e il lieto fine del libro.

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