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La cavale, di Albertine Sarrazin

Andrea Brattelli parla del secondo romanzo di Albertine Sarrazin , scrittrice morta nel 1967 a soli 29 anni dei quali ben 8 trascorsi in car...

17/06/2022

La fonte meravigliosa di Ayn Rand

Nel 1943, la scrittrice e filosofa americana di origine russa Ayn Rand pubblica un romanzo che illustra la sua teoria filosofica oggettivista, che esalta l'individualismo e l'egoismo razionale mentre combatte tanto l'idea dello statalismo quanto quella del collettivismo; non a caso, La fonte meravigliosa diventerà il testo sacro del capitalismo libertario e Rand una convinta collaboratrice del senatore McCarthy. Ce ne parla Andrea Brattelli.



Inizio questa recensione sbilanciandomi un po’: oso scrivere che tutti quanti dovrebbero leggere La fonte meravigliosa della filosofa, ancor prima che grande scrittrice, Ayn Rand; è un libro che andrebbe fatto leggere alle scuole superiori, quando i ragazzi iniziano ad avere una certa maturità. Non so bene se andrebbe fatto studiare nelle ore di disegno, oppure durante storia dell’arte, durante le lezioni di filosofia o di inglese perché è un romanzo “totale”.

È un testo straordinario, una difesa dello spirito creativo individuale. Sono contento di averlo letto e mi rammarico di essere stato così ignorante, in qualità di ingegnere, per non averlo letto prima. È un buon promemoria che ci ricorda che tutti dovremmo cercare di comprendere quasi tutte le idee altrui che provengono da prospettive diverse rispetto ai nostri pregiudizi e preconcetti.

Il protagonista di questa storia è Howard Roark, un architetto così convinto della sua bravura e correttezza che metterà a repentaglio gli affetti e la sua carriera per contrastare il sistema senza ascoltare i consigli di nessuno. Leggendo il libro talvolta ci sembrerà un tipo ascetico per come, miracolosamente, riuscirà a cavarsela in situazioni davvero intricate e ne uscirà indenne, anzi, come se invece di aver lottato strenuamente fino ad un attimo prima abbia invece dormito saporitamente e si sia fatto la doccia dopo una lauta colazione e sigaretta; siamo compartecipi delle sue gesta, gli siamo accanto, così vicino che ci sembra quasi di sentire i suoi vestiti ancora profumati di bucato appena lavato.

Uomo dai mille volti, il nostro architetto è anche egoista e, al contempo, un grande ammiratore dell’eccellenza e della correttezza, con un profondo senso della giustizia. La sua integrità gli permette di sostenere le sue idee a qualsiasi condizione.

È disposto a sacrificare il bene comune e la sua carriera, (anche quella altrui) per il suo ego, noncurante del pensiero degli altri; i suoi principi riguardano la progettazione di edifici superiori intesi come modelli per migliorare la vita dell’individuo e quindi la società.

Per certi aspetti mi sembra che il protagonista abbia l’Asperger.

Howard Roark è un oggettivista. L'oggettivismo è un ideale filosofico creato dalla stessa Rand.

Un oggettivista è una persona che ottiene la vera felicità dalle sue opere, dai suoi modi di fare e tramite i suoi comportamenti. La narratrice si opponeva alla teoria della religione e credeva che le sue linee guida morali fossero basate sulla ragione e sull'umanità anziché sulla fede e sulle emozioni.

Se dovessimo riassumere con una frase l’approccio del protagonista nei confronti dei suoi clienti sarebbe questa: “la cosa più difficile da spiegare è l’evidenza che tutti hanno deciso di non vedere”.

Roark non lavora con nessuna persona a meno che questa non accetti di costruire alle sue condizioni: quali sono? L’edificio deve essere progettato senza alcuna ingerenza da parte del cliente; le sue costruzioni non devono necessariamente rispecchiare una estetica, moderna o classica che sia, ma devono potersi esprimere come esseri la cui essenza di vita è fornita proprio dalle persone che vi abitano, felici di stare in ambienti pensati, in maniera lungimirante, per le esigenze di tutti che porteranno benessere, in seguito, ai singoli individui proprietari degli appartamenti.

Il fulcro della storia quindi ruota intorno alla vita professionale di Howard che cerca di lavorare secondo i suoi standard mentre la sua carriera è “minacciata” da una bellissima donna con cui ha una travagliata storia d’amore che mette a repentaglio la sua carriera, perché sembra che lei, con la forza dell’amore, voglia frantumare quello specchio in cui il protagonista vede solo se stesso, come un moderno Dorian Gray, e mai gli altri e le loro esigenze e prospettive.

Tra i personaggi principali vi sono inoltre Peter Keating, ignavo professionista che disegna in maniera convenzionale (quindi, secondo la Rand, da sbattere subito nel girone dell’inferno riservato a tali individui).

Vi è poi Ellsworth Toohey, il malvagio della storia, solo assetato di potere.

Tutti questi personaggi sono descritti con una meticolosità e profondità inaudita.

Le altre persone del racconto rappresentano invece, metaforicamente, i paradigmi che ci insegnano a scuola e su cui dobbiamo basare le nostre future conoscenze e innovazioni che, volendo, possiamo apportare in qualsiasi disciplina. Sono vincoli, archetipi, che ci servono letteralmente per esprimere filosoficamente un’opinione sull’uomo ideale e il suo pensiero per adattargli una vita migliore.

Chiudo questa recensione scrivendo che la narratrice, con questa sua opera, ci insegna a distinguere, nella vita di tutti i giorni, i vari Howard Roark presenti nei vari settori lavorativi. Sono, alla fine, degli antieroi, che ci fanno comprendere quando sia invece anche più importante la cooperazione tra esseri umani piuttosto che l’autogratificazione raggiunta tramite l’egocentrismo che limita le possibilità di successo.

Le debolezze di ciascuno vengono attenuate dall’aiuto reciproco che gli esseri umani si forniscono a vicenda all’interno della collettività ansiosa di cooperare in maniera organizzata. Questo è un pensiero che secondo me doveva essere espresso in maniera più incisiva dalla Rand all’interno del suo romanzo.

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