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La cavale, di Albertine Sarrazin

Andrea Brattelli parla del secondo romanzo di Albertine Sarrazin , scrittrice morta nel 1967 a soli 29 anni dei quali ben 8 trascorsi in car...

24/06/2022

L’infanzia di Ivan di Vladimir Bogomolov

Andrea Brattelli ci parla di un libro autobiografico di Vladimir Bogomolov, L'infanzia di Ivan, che nel 1962 è diventato il primo omonimo lungometraggio di Andrej Tarkovskij; un film che ha a sua volta ispirato Jean-Paul Sartre: “Per questo bambino, non c'è differenza tra giorno e notte. In ogni caso, non vive con noi."



La narrazione della guerra vista con gli occhi di un giovane ragazzo dal viso sfregiato rende questo romanzo uno degli scritti più audaci e singolari nel panorama della letteratura di questo genere, ad opera dello scrittore russo Vladimir Bogomolov.

Durante la lettura ci si sente elettrizzati mentre, in un’atmosfera onirica, le scene si susseguono trapelando dalle pagine del libro. La fredda lucidità con cui vengono descritti i fatti convive con la compassione.

Ci troviamo sul fronte orientale sovietico, la Seconda Guerra Mondiale volge al termine, ed Ivan è un ragazzino che ha perso madre e sorella, uccise dai tedeschi, che assurge al ruolo di esploratore dietro le linee nemiche; il desiderio di vendetta lo consuma come anche i tragitti intrapresi per svolgere i suoi compiti di spionaggio che porta avanti con coraggio e caparbietà.

Le sequenze oniriche e i flashback ci riportano alla sua infanzia straziante prima della guerra, durata molto poco ma abbastanza a lungo per comprendere la differenza tra la pace e un conflitto di enorme proporzione. In realtà benché così giovane, conosce molto bene le atrocità del secondo piuttosto che la tranquillità della prima.

La sua anima è sfregiata come il suo volto.

Comandato da due ufficiali, gli viene indorata la pillola riguardo la sua mansione: viene attribuita al suo lavoro di spionaggio una vena romantica, sottolineando l’importanza dei suoi occhi che sono quelli dell’intera brigata che non riuscirebbe a vedere così lontano senza il loro aiuto.

In un mondo che sembra appartenere ad un altro pianeta, veniamo ridestati dallo stupore nel contemplare i desolati campi di battaglia scolpiti nel tempo dai particolari che lo scrittore ci propone, come se riuscisse a fotografarli, riguardanti i corpi di due soldati russi uccisi dai tedeschi, e riportati con i dovuti onori nel loro paese.

In quest’atmosfera in cui la tensione si taglia con il coltello e le immagini sembrano asportate dalla realtà e fatte a brandelli con colpi d’accetta gli uomini hanno ancora tempo per ascoltare musica e leggere libri.

L’amore suscitato dai ricordi di tutti coloro che hanno perso qualcosa e qualcuno per fortuna sembra duro da sradicare, così come il bene che la madre di Ivan provava per il suo piccolo quando vi era ancora pace in questo mondo e il sole baciava i loro volti e i verdi prati di paesaggi bucolici.

La realtà ora è ben diversa e, se si vuole ritrovare la felicità di un tempo, bisogna attraversare le paludi disseminate di filo spinato, strisciando come la paura, che attanaglia le viscere e da queste scorre via fino in gola, trasformando la fame in rigurgiti acidi.

Che si tratti però di raccontare scene cruente, piuttosto che scene di corteggiamento all’ombra del bosco, Bogomolov non perde mai il senso della poesia e ci sorprende la sua inventiva nel farci apparire quasi plausibile che un’attività in genere considerata solo per uomini adulti (la guerra) ora è possibile farla praticare anche ad un bambino i cui occhi non sono solo appartenenti al plotone ma sono anche i nostri.

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