Uno dei passatempi preferiti per gli amanti della musica quando si ritrovano nella loro cerchia di amici al bar o tra altri appassionati è discutere (anche animatamente) su quale sia stata l’epoca d’oro per la musica.
Se noi potessimo tornare indietro nel tempo in quale periodo vorremmo essere catapultati? E in quale città?
Gli esperti del jazz vorrebbero vivere nella New Orleans degli anni '20, i seguaci del rock a San Francisco o Londra durante gli anni '60, ecc.
Un luogo però è menzionato sempre e comunque da tutti i fan: New York nel 1970.
In quell’anno si rivoluzionarono il Jazz e il Rock & Roll, nacquero altri stili musicali come la musica Punk, la Disco Music, la musica elettronica.
Will Hermes, critico senior della rivista Rolling Stone, attraverso il suo libro Love goes to building on fire: five years that changed music forever e grazie al suo background giornalistico, ci guida in un viaggio negli anni che vanno dal 1972 al 1977, ovvero il periodo d’oro della musica.
Questo libro/documentario è scritto davvero bene. L’autore porta in scena la quotidianità newyorkese mettendo in risalto alcuni avvenimenti storici del periodo e, nel mentre, inizia a entrare nel cuore dell’argomento principale.
A noi lettori sembra a questo punto di essere scagliati in trincea insieme a quegli artisti che fecero sì la storia della musica ma che si sobbarcarono anche numerosi sacrifici perché per terminare nella magnificenza si inizia nella minutaglia.
Faccio riferimento ad esempio a Hector Lavoe per quanto concerne la musica latina; il Loft Jazz nasce proprio dal canto di vita vissuta di giganti come Anthony Braxton, Don Cherry e Sam Rivers che vissero però prima in appartamenti sporchi e angusti pensati da architetti famelici di profitto più che propensi a costruire decenti unità abitative.
Il giornalista poi esplora la musica sperimentale dei musicisti Philip Glass, Rhys Chatham e Laurie Anderson. Qui si evince come la musica e la matematica vadano a braccetto, questo è il mio pensiero: la creatività non si alimenta marciando su una strada sgomberata, ma addentrandosi nella natura selvaggia. Il rigore matematico serve per disegnare mappe ma solo i veri esploratori si spingono al di fuori dei loro confini affinché ne siano prodotte altre.
In questo arco di anni '70 inizia a fiorire anche l’Hip Hop e, nell’opera, se ne descrive lo stato ancora embrionale. Per ulteriori approfondimenti in merito mi permetto di suggerire il libro Can't stop won't stop. L'incredibile storia sociale dell'hip-hop di Jeff Chang; posso comunque aggiungere un fatto eclatante, ovvero che la musica Rap per un periodo si unì alla Disco che era ballata sia nei quartieri del Bronx, sia in quelli alti di Manhattan: un altro modo di intendere il superamento dei confini quindi, abbattendo le classi sociali, e considerando metaforicamente la musica alla stregua dei treni della metropolitana che viaggiavano veloci tra i vari quartieri americani, tutti colorati dai disegni dei writers che si stavano imponendo sulla scena cittadina in quel momento.
Questo scritto è per tutti. Artisti, musicisti, appassionati in genere.
Parla, letteralmente, al cuore delle persone perché ci induce una voglia di osare, come facevano i musicisti dell’epoca, dapprima senza una soldo, che rischiavano di perdere davvero tutto perché non sapevano se il loro lavoro sarebbe stato apprezzato dai media e dal pubblico.
Ai tempi sono stati accettati da tutti e ora sono osannati. Vengono descritti innumerevoli artisti e le loro vite in questo libro di 350 pagine in maniera tale da farli essere tutti protagonisti; davvero un lavoro encomiabile.
Il contesto storico è analizzato alla perfezione come anche si percepisce in maniera distinta l’energia creativa che trasmetteva la brulicante New York negli anni '70.
Il giornalista poi esplora la musica sperimentale dei musicisti Philip Glass, Rhys Chatham e Laurie Anderson. Qui si evince come la musica e la matematica vadano a braccetto, questo è il mio pensiero: la creatività non si alimenta marciando su una strada sgomberata, ma addentrandosi nella natura selvaggia. Il rigore matematico serve per disegnare mappe ma solo i veri esploratori si spingono al di fuori dei loro confini affinché ne siano prodotte altre.
In questo arco di anni '70 inizia a fiorire anche l’Hip Hop e, nell’opera, se ne descrive lo stato ancora embrionale. Per ulteriori approfondimenti in merito mi permetto di suggerire il libro Can't stop won't stop. L'incredibile storia sociale dell'hip-hop di Jeff Chang; posso comunque aggiungere un fatto eclatante, ovvero che la musica Rap per un periodo si unì alla Disco che era ballata sia nei quartieri del Bronx, sia in quelli alti di Manhattan: un altro modo di intendere il superamento dei confini quindi, abbattendo le classi sociali, e considerando metaforicamente la musica alla stregua dei treni della metropolitana che viaggiavano veloci tra i vari quartieri americani, tutti colorati dai disegni dei writers che si stavano imponendo sulla scena cittadina in quel momento.
Questo scritto è per tutti. Artisti, musicisti, appassionati in genere.
Parla, letteralmente, al cuore delle persone perché ci induce una voglia di osare, come facevano i musicisti dell’epoca, dapprima senza una soldo, che rischiavano di perdere davvero tutto perché non sapevano se il loro lavoro sarebbe stato apprezzato dai media e dal pubblico.
Ai tempi sono stati accettati da tutti e ora sono osannati. Vengono descritti innumerevoli artisti e le loro vite in questo libro di 350 pagine in maniera tale da farli essere tutti protagonisti; davvero un lavoro encomiabile.
Il contesto storico è analizzato alla perfezione come anche si percepisce in maniera distinta l’energia creativa che trasmetteva la brulicante New York negli anni '70.
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