Seguici su https://quarantasettelibrocheparla.com/

La cavale, di Albertine Sarrazin

Andrea Brattelli parla del secondo romanzo di Albertine Sarrazin , scrittrice morta nel 1967 a soli 29 anni dei quali ben 8 trascorsi in car...

12/08/2022

La figlia del silenzio di Morris West (Daughter of Silence)

Andrea Brattelli ha rispolverato un libro apparso nel 1961 ma tradotto in italiano solo 30 anni dopo: La figlia del silenzio (Daughter of Silence) dello scrittore australiano Morris West, all'epoca di questo romanzo corrispondente del Vaticano. West è stato uno scrittore di bestseller spesso trasformati in opere teatrali e cinematografiche.


Una giovane contadina, Anna, uccide il sindaco di un piccolo borgo toscano. La calma di quel luogo viene quindi turbata da questo omicidio e dal processo che seguirà nei confronti della protagonista dall’animo almeno inizialmente imperscrutabile.

Il dolore provato sovente, infatti, è tanto grande che non lo si riesce ad esprimere e a parlarne con nessuno e non perché non ne si voglia discutere ma perché rigettarlo attraverso le labbra è come sputare acido muriatico che brucia tutto l'esofago ed è quindi è meglio, dopo averlo ingoiato, tenerlo giù, dentro lo stomaco.

Un avvocato sull’orlo di una crisi di nervi per problemi personali cercherà di fare di tutto per farle ridurre la pena.

Nessuno dei personaggi della storia sfugge alla drammaticità degli eventi che vengono narrati nell’aula del tribunale, molti dei quali intrisi di una violenza che viene dal passato e che assume un sapore nostalgico durante lo svolgimento della storia.

Tante sono le comparse (non le definisco così a caso), umanizzate fino all’inverosimile, forse in maniera troppo esagerata, in tutta la loro pienezza sia nella psiche che nella forma fisica perché è questo l’unico modo, secondo Morris West, di indagare la natura umana e mostrare cosa è capace di partorire nelle occasioni più difficili.

I veri protagonisti della storia sono l’amore, i suoi intrighi appassionati e la giustizia, inficiata non poco dalla corruzione. A tal proposito infatti l’opera in questione fa riflettere sull'inadeguatezza e l'ingiustizia dello stato di diritto quando si deve tener conto necessariamente di circostanze attenuanti o instabilità mentale.

Attorno a questi due elementi si alimenta la tensione, in un paesino dove anche il vino si addolcisce con il sangue di antichi sacrifici. Servirà il suo nettare, come una sorta di cura omeopatica, anche a lavare via l’onta di un crimine eseguito a sangue freddo e mondare le coscienze?

Per rendere un po’ movimentata la storia quando si giunge ai capitoli riguardanti la materia legale con i suoi tecnicismi (esposti in maniera prolissa) il narratore fa assumere in questi punti al romanzo una sembianza cospirazionista. Tanti sono i dettagli sciorinati nel romanzo riguardanti qualsiasi argomento trattato passando dall’uno all’altro, talvolta un po’ troppo repentinamente, quindi tutto ciò decisamente non può essere catalogato come climax. Non ci sono colpi di scena e tutto sembra un po’ troppo prevedibile ma lo sviluppo della trama non ne risentirà più di tanto.

In conclusione, Morris West mi fa pensare a Sciascia ma il secondo nei suoi libri su temi analoghi esplica meglio le questioni filosofiche legate al libero arbitrio e al determinismo.

Nessun commento:

Posta un commento