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La cavale, di Albertine Sarrazin

Andrea Brattelli parla del secondo romanzo di Albertine Sarrazin , scrittrice morta nel 1967 a soli 29 anni dei quali ben 8 trascorsi in car...

13/01/2023

Herzog di Saul Bellow

Andrea Brattelli ci parla di un capolavoro del Novecento. Vincitore del National Book Award 1965, Herzog (alter ego dello scrittore) non è solo un romanzo ma anche un saggio di filosofia e una critica alla società e al mondo ebraico. Attraverso la forma del romanzo epistolare, il futuro Premio Nobel per la Letteratura Saul Bellow racconta anche se stesso e il suo disordine esistenziale, che assume una valenza universale.
"Se sono matto, per me va benissimo, pensò Moses Herzog."



Dopo aver letto Herzog di Saul Bellow mi sono reso conto realmente del significato del concetto estetico giapponese che va sotto il nome di wabi-sabi, spiegatomi da un mio Maestro anni fa. Infatti, se un oggetto o un'espressione può provocare dentro noi stessi una sensazione di serena malinconia e un ardore spirituale, allora si può dire che quell'oggetto è wabi-sabi.

Ho avuto le suddette sensazioni leggendo questo libro in cui si mescolano in una sorta di “meta-trama” le relazioni umane elementari, sessuali, familiari, sociali, che rappresentano le fondamenta su cui basare in seguito dibattiti filosofici, riflessioni sulla civiltà americana e sul significato della morte. Il protagonista stesso è il personaggio meglio delineato di tutta la vicenda ma è impossibile comprenderlo appieno e cercare di capire il perché ci spinge ad analizzare meglio le situazioni narrando i fatti in terza persona per poi, in conclusione, spiazzarci con dei risvolti di trama che deridono le nostre considerazioni.

Forse la coscienza fratturata del nostro eroe impone a quest’uomo una sorta di timido e, al contempo, ironico distanziamento dal suo pubblico. La sua psiche risente del suo dolore per essere stato tradito dalla moglie ed egli stesso se ne vergogna; vorrebbe che i suoi monologhi fossero intesi a guisa di lezioni sulla società statunitense come quelle tratte dal The Education di Henry Adams ma, in realtà, sono solo elucubrazioni di un marito cornuto e sofferente. Risulta essere quindi un padre troppo severo ma senza polso per i suoi figli, un figlio immaturo per i suoi genitori, assente per i suoi fratelli, egoista con gli amici. Un agglomerato di contraddizioni vivente insomma, che con le sue due gambe si muove in un racconto che egli stesso compone passivamente mosso da uno spirito inquieto.

Quest’opera è una lunga lettera in cui il protagonista/autore cerca di comunicare con il mondo esterno dalla sua gabbia di gomma nella quale è prigioniero. Come la sua psiche che gli impone di scrivere lettere noiose e tronche ai suoi amici e che alla fine non spedisce; questo sistema lo disconnette dal resto del mondo. Herzog aspettando tempi migliori fa lunghe peregrinazioni in bagno e in questo assomiglia molto a Leopold Bloom dell’Ulisse di Joyce.

La struttura del romanzo che si articola su tre strati rende talvolta la lettura poco gratificante se non, addirittura, frustrante. Bisogna cogliere il cambio di registro; il momento in cui una narrazione si assottiglia per lasciare poi espandere l’altra in un altro contesto di solito coincide o con la crisi di mezz’età del protagonista oppure con il suo momentaneo e parziale ravvedimento. Il wabi-sabi descritto all’inizio di questa recensione è dato, in definitiva, dalla lettura delle missive incompiute, dai solecismi di un uomo che ci parla in una forma linguistica scorretta perché il significato di tutto ciò che leggiamo sui giornali e riviste impolverate sugli scaffali di casa nostra o delle monumentali biblioteche dobbiamo interpretarlo come fanno gli archeologi quando studiano una lingua sconosciuta sui frammenti di antiche vestigia; i frammenti vengono definiti tali perché le forme armoniose dissiperebbero l’energia dell’immaginazione che è l’unica arma contro le brutture della quotidianità. Assuefarsi alla mediocrità per cercare in essa la nostra zona di comfort è solo una cura omeopatica.

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