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28/04/2023

Chernobyl history of tragedy, di Serhii Plokhy

In occasione dell'anniversario del disastro nucleare più noto e più importante della storia (era il 26 aprile 1986), Andrea Brattelli ci parla di un testo di Serhii Plokhy vincitore di numerosi premi di saggistica: Chernobyl history of a tragedy. Andrea lamenta inoltra come l'energia nucleare sia stata demonizzata agli occhi dell'opinione pubblica anche a causa dell'incidente.


In Svezia, il 28 aprile 1986, un chimico responsabile della misurazione dei livelli di radiazione si accorse di un presunto malfunzionamento al sistema di allarme contaminazione della centrale nucleare in cui lavorava: questi continuava a suonare incessantemente. Il tecnico quindi andò ad esaminare la scarpa di un collega che risultò radioattiva a causa di elementi normalmente non rilevati nell'impianto. Gli svedesi sospettarono immediatamente un incidente sovietico. Ci vollero molti giorni prima che qualcuno venisse a scoprire che qualcosa di molto brutto era accaduto a 1.500 km di distanza, a Chernobyl, Ucraina.

In qualità di autore, Serhii è un brillante interprete non solo degli eventi stessi, ma anche del loro significato storico nel lungo periodo essendo vittima egli stesso, a distanza di anni, di danni alla tiroide provocati dall’incidente. Vi sono dei paragrafi appositi in cui si spiega cosa sono il röntgen, il midollo osseo e i raggi gamma ed è quindi molto probabile che egli, in questo caso, abbia riportato ciò che ha imparato durante le visite mediche dai dottori che monitorano il suo stato di salute: lo scrittore taglia, con una prosa incisiva, la carne malata dal suo corpo, si denuda della sua pelle per sbatterci sulle pagine di questo scritto, come su di un tavolo da cucina professionale in acciaio austenitico*, tutte le sue fragilità e i ricordi tristi dei suoi amici morti di leucemia.

A Pryp"jat si seminarono i chicchi della disillusione dell’atomica sovietica da cui fiorì anche il movimento indipendentista ucraino. Gorbaciov da questo disastro ne uscì malconcio e dalle pagine di questo racconto di cronaca si evince come egli fosse totalmente impreparato ai cambiamenti... Preferì quindi continuare sulla stessa china invece di cercare di scardinare un sistema rigido e corrotto promuovendo la formazione di una nuova classe dirigente competente in vari settori dell’economia energetica. 

Mi è rimasta impressa, ad esempio, leggendo questo libro, la figura di Valentina Briukhanova, la moglie del direttore dell’impianto che continuò il suo lavoro di dirigente nonostante, insieme al marito, fosse stata condannata dopo l’incidente (lavoravano entrambi alla dirigenza di impianti nonostante per quella figura professionale fosse previsto un solo posto percependo, entrambi, un lauto stipendio ciascuno). Un’altra figura orribilmente affascinate è quella di Efim Slavsky, che all’epoca dei fatti aveva già 88 anni. Campò fino a cento anni e, sino alla sua morte, continuò, nonostante tutto, a difendere il suo progetto di reattori RBMK modificati, nonostante la sua incompetenza, dato che era diventato ingegnere minerario per meriti militari; si era distinto per la sua osservanza alle leggi dittatoriali del regime. 

Non mi sembra che da allora molto sia cambiato. Qui in Italia, per esempio, politici che durante la prima ondata di epidemia di Covid con la loro pessima gestione della pandemia hanno causato più morti di Erich Priebke siedono ancora sulle loro poltrone; tornando in Russia, invece, si evince come Putin non abbia mai fatto tesoro degli errori commessi dai suoi predecessori. Non mi soffermerò sulla dinamica e sull’analisi tecnica dell’incidente che è comunque ben descritta nell’opera, non servono particolari conoscenze scientifiche per capirla: ne troverete tante, di trattazioni simili, su internet, compresa quella redatta da me.

Scriverò invece del coraggio dei vigili del fuoco e delle forze dell’ordine che cercarono di combattere l’incendio che si abbatté sulla città creando un olocausto nucleare, dello strazio dei profughi che andarono a vivere in luoghi vicino presso appartamenti incastonati in casermoni di cemento armato approntati alla meno peggio dal governo e arredati con mobili il cui legno di pino che è tuttora contaminato da isotopi radioattivi. La popolazione, composta da 50.000 persone, fu comunque costretta, nel Maggio dello stesso anno, a partecipare a manifestazioni popolari in piazza, nonostante le radiazioni. Quando sì capì che il terreno lì intorno sarebbe rimasto contaminato per i successivi 20.000 anni non solo le strade e le piazze ma tutta quella zona di Kiev diventò una località fantasma.

Serhii Plokhy ha la capacità, sia entrando nelle spiegazioni tecniche, sia nel guidarci nei meandri del pensiero politico corrotto di allora, di rendere semplici le cose difficili ma, come tutti coloro che scrivono sul tema nucleare, non consulta un ingegnere esperto del campo. Insinua nel lettore paure legate alla proliferazione nucleare in paesi in cui è instaurato un regime dittatoriale e paventa il pericolo di infiltrazioni di stampo mafioso nello stoccaggio e gestione dei rifiuti e scorie nucleari: fandonie raccontate anche da molti politici italiani. In realtà proprio dopo incidenti come quello di Chernobyl è stata istituita una organizzazione che controlla l’intera filiera nucleare nel mondo e questi pericoli non possono più esistere. 

Il sapere scientifico richiede tempo per essere appreso, applicazione, ma, in particolar modo, contestualizzazione e onestà intellettuale. Non si può rinunciare, oggettivamente, dati alla mano, alla luce dei cambiamenti climatici che stanno sconvolgendo il nostro pianeta, ad una forma di energia che potrebbe risanare, insieme alle altre, le sorti climatiche della Terra. Inoltre, impianti di potenza del genere non vengono più costruiti; la loro fragilità consisteva anche nell’usare Uranio naturale, molto instabile, per la produzione di Plutonio per armi nucleari, incamiciato in alluminio anodizzato e grafene e usando acqua leggera: il tutto solo per economizzare il più possibile sui costi di gestione. Non si può strumentalizzare ideologicamente un esempio unico di totale mala gestione di una fonte di energia per privarci di qualcosa, senza aver tuttora altre soluzioni valide, che ci potrebbe migliorare la vita. Soprassediamo, infine, su quanto accaduto poi in quegli anni in Italia, con la chiusura dei migliori impianti nucleari al mondo e la demonizzazione di progetti e persone tra cui i professori Felice Ippolito e Mario Silvestri orchestrata magistralmente dai vertici della Edison.

*Le leghe inox austenitiche, sono leghe prodotte con alte percentuali di leganti: in pratica un ampliamento degli acciai inox austenitici tradizionali. Sono nate per coprire le debolezze di questi ultimi in fatto di resistenza alla corrosione, sia alveolare sia tensocorrosione. (Fonte: Wikipedia.)

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