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La cavale, di Albertine Sarrazin

Andrea Brattelli parla del secondo romanzo di Albertine Sarrazin , scrittrice morta nel 1967 a soli 29 anni dei quali ben 8 trascorsi in car...

29/09/2023

Taverna alla Giamaica, di Daphne Du Maurier

Andrea Brattelli ci parla di un giallo di Daphne Du Maurier del 1936, ambientato nella Cornovaglia dell'Ottocento. La romanziera scrisse numerose opere che furono poi trasposte sul grande schermo, in particolare da Alfred Hitchcock: è anche il caso, appunto, di La taverna della Giamaica.


Vi ricordate del vecchio ristorante abbandonato situato sulla scogliera di Astoria nel film I Goonies?

Bene, difficile che vi dimenticherete anche della taverna dimenticata da Dio, del tutto simile nell’aspetto al locale del suddetto film, nascosta tra le brughiere frequentata da altrettanti loschi individui, ovvero contrabbandieri della Cornovaglia.

Un vento ansimante come Chunk mentre ripete il nome di Chester Copperpot dopo aver rovistato tra pezzi da museo in soffitta fa oscillare un’insegna malconcia. Più che un punto di approdo, il casolare a causa del suo aspetto sinistro sembra una creatura del diavolo partorita per distrarre i capitani delle navi e per farle schiantare quindi contro le coste rocciose che puniscono più violentemente del destino.

Il fato c’è chi pensa che ci guidi per l’intera esistenza. Il sudore freddo ci accompagnerà per tutta la lettura di questa storia fino alla svolta nauseante, quando ci accorgeremo che abbiamo passato il tempo a combattere i cattivi visibili ma non la vera origine del Male, che è rimasta nascosta tutto il tempo.

Mary Yellan è una ventenne che ha perso padre e madre; decide quindi di andare a vivere dai suoi zii in Cornovaglia lasciandosi un triste passato alle spalle. Non è quello un posto per una ragazza, gli suggerisce l’autista del pullman a cui lei sta chiedendo indicazioni mentre la porta a destinazione inerpicandosi tra stradine strette e scoscese.

Arrivata nella landa desolata, la nostra protagonista dovrà fare i conti con uno zio più simile ad un lupo mannaro che a un essere umano, dedito al vizio dell’alcool pagato con i suoi loschi traffici, e una zia malata da accudire, afflitta da morbi quasi peggiori di quelli che portarono alla tomba sua madre.

Tutti questi problemi vengono annegati letteralmente in fiumi di superalcolici. Quest’opera è una storica evocazione di mali senza tempo che avvelenano la vita delle famiglie: abusi domestici, binge-drinking, uccisioni indiscriminate di uomini, donne e bambini. L’autrice sostanzialmente si propone di esplorare il male nella sua forma più pura e agghiacciante.

La fonte di tutti i problemi sono sempre gli uomini, dipinti come individui stupidi e nerboruti, ribollenti di rabbia come il mare in tempesta, altro protagonista del romanzo, che si può guardare con occhi atterriti mentre inghiotte, di tanto in tanto, sopravvissuti a naufragi o i testimoni scomodi di qualche crimine.

Contrapposte a queste figure dannate troviamo le donne, angelicate come nel “Dolce Stil Novo”, vittime di continue soprusi, affaticate da individui a cui sono costrette ad accompagnarsi e da una vita di stenti. Il pallore stesso di zia Patience è dovuto alle percosse che subisce dal marito, che risuonano anche nella sua mente e nella sua anima come scosse di assestamento di un forte terremoto, che continuano a far danni, creare macerie e stressano il sistema nervoso degli scampati al disastro.

Poco credibile è invece proprio la figura dell’eroina principale, Mary Yellan. Sin da subito stringe patti con lo zio in modo che egli lasci in pace sua zia ma, durante la narrazione, ci accorgiamo che non c’è stato il tempo necessario affinché la fanciulla, seppur intelligente, abbia avuto il tempo di capire tutte le dinamiche famigliari e l’insana economia domestica dominante nello spettrale maniero.
 
A difesa della scrittrice, per aver partorito una simile figura dalla sua fantasia, possiamo lasciar intendere forse che la narratrice desse per scontato sin dall’inizio che una giovane vessata dalle fatiche per aver accudito senza successo i genitori malati abbia maturato una forza d’animo forgiata dalla frustrazione che le ha poi permesso di occuparsi e difendere i più deboli. Ed ecco allora che la vediamo spiare pirati e briganti di mare, arrancando sotto vento, facendosi forza e spingendo sui gomiti mentre tenta, strisciando in cunicoli dove i ladri nascondono la refurtiva, di non far cadere la torcia di fuoco che altrimenti, inevitabilmente, si spegnerebbe nelle pozze fangose. 

L’indignazione morale supera qualsiasi sua paura. Mary è una giovane donna non autocommiserante, possiede una naturale e impavida propensione a ottenere giustizia per i derelitti; ha un solo difetto, quasi fatale: non sa giudicare bene chi le sta intorno e di conseguenza, si circonda di persone sbagliate. L’amore non fa per lei, così ha deciso, dopo aver contemplato la triste vita delle altre donne del luogo. La loro felicità inizia a deteriorarsi già all’uscita dalla chiesa, dopo il sacramento nuziale, come se la salsedine onnipresente riuscisse a entrare anche nei luoghi sacri, a differenza dei demoni, per corrodere tutto ciò che c’è di materiale e non.

Non scriverò altro per non rovinarvi il finale (spoilerare si suol dire, giusto?), fatto sta che vedremo la protagonista girare lo sguardo da un’altra parte durante lo svolgimento dell’intera vicenda; lei girerà il volto per non incrociare gli occhi suoi con quelli del maligno (resto vago appositamente) ma una forza primordiale si insinuerà in lei affondando le radici su un suolo in cui, nella profondità del terreno, era già stata coltivato in precedenza un sussurro di inquietudine nutrito con la vera sporcizia che prescinde dalla violenza e gli omicidi di cui è stata testimone.

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