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18/08/2023

Isole nella corrente, di Ernest Hemingway

Isole nella corrente è l'intensa opera postuma di Ernest Hemingway, raccontata - anzi: vissuta - da Andrea Brattelli che ne coglie tutta la densità e i numerosi riferimenti. Aveva già parlato qui di Il vecchio e il mare.


Isole nella corrente è un libro pubblicato postumo, scoperto dalla quarta moglie di Hemingway, Mary, poco dopo il suicidio dello scrittore Premio Nobel.

L’opera al momento del suo ritrovamento si poteva già definire praticamente conclusa. Io che l’ho letta posso affermare che non è da considerarsi minore rispetto alle altre che riflettono la vita di questo scrittore che ha tribolato per aver avuto l’esperienza diretta di due guerre mondiali e della guerra civile spagnola, ha vissuto esperienze esotiche nei Caraibi ed è riuscito ad adattare quello stile di vita anche quando ha soggiornato in Europa. Ha frequentato molti altri grandi narratori del suo tempo e, in questo modo, è riuscito sempre ad avere il polso della situazione concernente la situazione delle generazioni di vari periodi storici. 

Redatto poco prima del suo suicidio, questo scritto è pervaso da un tumulto emotivo, dalla depressione che stava attraversando e che si è infiltrata nella sua scrittura. Isole nella corrente nasce da un senso di tristezza scaturito dal fatto che Hemingway si era accorto che non era più capace di scrivere come prima e stava quindi cercando di riaffermare il suo valore mentre in maniera scoordinata e disarticolata ruzzolava giù dall’apice del suo successo.

L'archetipo del narratore è chiaramente definito in questo romanzo attraverso il nostro protagonista, Thomas Hudson. È un uomo. Un vero uomo, come solo gli eroi di Hemingway sanno essere. Sa pescare e navigare in mare aperto; è un gran lavoratore ma quando è a riposo frequenta bische clandestine dove beve e si batte a mani nude con pendagli da forca. Stoico, sicuro di sé, tiene sepolta nel suo cuore, silenziosamente, una tragedia. Fondamentalmente si rende conto che la vita è anche intrisa di dolore e, attraverso le sue parole, tutto ciò lo si evince meglio di quanto lo si capisca ammirando i quadri dei suoi amici artisti: non basta vivere alle Bahamas per essere felici.

Thomas Hudson ha amato e perso due mogli e i suoi tre figli verranno a trovarlo per le vacanze. Con loro pescherà e si divertirà nell’isola dove vive, a Bimini. A tener loro compagnia ci sarà un amico di vecchia data, Roger, fortemente dedito al bere.

Le minuzie della pesca a me non interessano ma Hemingway con il suo stile piatto e scarno crea una sorta di tensione perpetua che ti lacera e strappa via la noia. Le dinamiche familiari sono commoventi: i figli cercano di essere d’aiuto per sgravarlo dalle fatiche quotidiane e per attuare ciò collaborano molto tra di loro e seguono diligentemente i dettami del padre che non si dimostra comunque pedante e fa di tutto per trovare del tempo per stare con loro e farli divertire rinunciando alle sue risse nelle osterie.

Solo in un secondo momento però mi sono accorto che questo romanzo è in realtà diviso in tre parti (prima di leggere qualsiasi cosa non leggo mai né trama né recensioni, mi lascio trasportare dall’istinto) e quella in cui il protagonista è depresso e alcolizzato racchiude scene che si verificano solo dopo l’arrivo dei figli sull’isola e in seguito a diverse tragedie.

La terza parte del romanzo è dedicata a descrivere la vita di Hudson che insegue l’equipaggio di U-Boot tedesco intorno a Cuba. Il dolore lo ha quasi divorato e rimane ben poco dell'uomo che era mentre caccia altri uomini e cerca di raggiungere la sua inevitabile morte.
Il ricordo de Il vecchio e il mare tormentò la genesi di questo romanzo sin dall'inizio, ed è difficile non pensarci durante la lettura della prima parte perché entrambi sono estremamente simili e accurati nella loro descrizione della cattura di un grande pesce. Il vecchio e il mare fu l'ultima opera di Hemingway prima di morire. Isole nel torrente è stato il suo primo lavoro ritrovato dopo che è morto (e l’ultimo in tal senso). Il primo inizialmente era la terza parte originale del secondo, ma, all'ultimo momento, è stato rielaborato per essere pubblicato singolarmente. La nuova terza parte di Island in the streams nasce da un racconto inedito (intitolato Inseguimento in mare) rielaborato dalla moglie e dall'editore per completare il romanzo al posto della sua conclusione originale. 

Entrambe le versioni glorificano la lotta che si deve intraprendere per la vittoria stessa ma, alla fine, quando avrete concluso la lettura di tutta l’opera e avrete relazionato le varie parti, vi accorgerete che, come nella storia de Il Colombre di Buzzati, tutta la narrazione non è che una allegoria del fallimento esistenziale. Inseguendo illusioni e vane oppure fuggendo dai pericoli reali o immaginari che siano, l’uomo si priva con le proprie mani della possibilità di assaporare la vita per quello che è e per quello che sa offrire. Evidente, in questo caso, la metafora del pescatore che con le mani deve comunque districare le reti per prendere il pesce catturato, poco o tanto che sia, altrimenti la prossima volta non avrà forze per navigare e non avrà mezzi per pescare.

In questo senso, Isole nella corrente può essere inteso come uno studio sul dolore preternaturale* e sulla pervasività di un tipo di depressione che non ha una vera spiegazione e nessuna vera cura. Funziona come un lavoro psicologico sulle sfumature di ansia sociale a cui sono soggetti gli esseri umani durante una crisi di mezza età. Penso che ci siano anche molte altre implicazioni metaforiche e interpretazioni in generale. Ho vissuto pienamente quest’opera e, nonostante queste descrizioni cupe, ho scoperto che mi è davvero piaciuto leggerla. Un monumento edificante, un funerale di stampo letterario dedicato ad un grande scrittore che non c’è più.

* Di fenomeno che non è conforme all'andamento naturale delle cose.

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